mercoledì 12 marzo 2008

Documento di Bruxelles: quanto sono affidabili i dati dell'Istat?

Documento di Bruxelles: quanto sono affidabili i dati dell'Istat?

Il Riformista del 12 marzo 2008, pag. 1

di Tonia Mastrobuoni

Nel 2007 il debito pubblico italiano, ha fatto sapere la Banca d'Italia, è crollato di due punti e mezzo,in rapporto al Pii, dunque dal 106,5% dell'anno precedente al 104%. Un andamento migliore rispetto alle previsioni formulate dal governo, come ha ricordato ieri il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, il quale interpreta il consistente calo del debito come una «conferma altamente positiva della validità dell'azione di risanamento dei conti pubblici realizzata dal governo Prodi». Anche secondo Walter Veltroni è il sintomo del lavoro «eroico» svolto da Romano Prodi «in condizioni difficilissime». Opposta la reazione dell'ex viceministro all'Economia del governo Berlusconi, Giuseppe Vegas, che parla invece di «splendidi trucchi contabili».



Ma al netto delle fisiologiche schermaglie da campagna elettorale, quanto sono affidabili i nostri conti pubblici e le nostre statistiche? Al di là degli show di Tremonti per sventolare veri o presunti buchi lasciati in eredità dal precedente governo o delle drammatizzazioni di Padoa-Schioppa per giustificare finanziarie da cura Amato, esiste un "caso Italia" anche all'estero? A quanto pare sì ed emerge in particolare da un rapporto apparso nel 2007 sul sito della Commissione europea. Il titolo è eloquente «Quanto sono affidabili le statistiche per il Patto di stabilità?». E, stando al documento, redatto da Luis Gordo Mora, direttore del centro studi della Banca di Spagna, e Joao Nogueira Martins, direttore generale Affari economici della Commissione, il problema non riguarda il calcolo del debito italiano, ma quello del deficit. Troppo pesanti le revisioni del dato fornito dall'Istat, secondo il documento, rispetto agli altri paesi europei. Soprattutto, troppo frequenti, in passato, le correzioni che hanno rivisto il deficit verso l'alto, dopo il primo comunicato ufficiale. Un'evidenza, questa, politicamente esplosiva, se si considera che quello sull'indebitamento è il parametro più importante per decidere se un paese è in linea con i parametri del Patto di stabilità e per non rischiare procedure di infrazione. E fa dunque un'enorme differenza sapere se un paese ha infranto le regole europee alla prima comunicazione ufficiale o sei mesi o un anno dopo.



Già nelle premesse, gli autori osservano che «in alcuni casi, le decisioni (di politica economica, ndr) sarebbero state diverse se il dato finale fosse stato a disposizione prima. Le ampie revisioni di alcuni paesi hanno danneggiato non soltanto la loro reputazione, ma la credibilità dell'intera procedura». Certo, la rivisitazione delle statistiche è un fatto «inevitabile», ma è «auspicabile» che le «ampie revisioni che si sono verificate in alcuni paesi, nel passato, siano state delle eccezioni e non vengano ripetute». Insomma, è evidente che la qualità delle statistiche «è cruciale per comprendere adeguatamente la situazione economica e per prendere decisioni politiche». Anzi, secondo Mora e Nogueira Martins c'è una correlazione «interessante» tra la qualità delle statistiche e la qualità delle politiche di bilancio. Entrando nel merito dei vari paesi membri, il rapporto rileva che Francia, Germania e Regno Unito producono le statistiche più affidabili, sul deficit. I dati italiani, invece, «raggiungono la stessa affidabilità della prima trasmissione di dati francese» soltanto «alla quinta trasmissione». E i due paesi «con la media più alta degli aggiustamenti al rialzo dell'indebitamento sono l'Italia e il Portogallo». Più in là, i due autori aggiungono, ovvio, che le correzioni all'insù dell'indebitamento «creano molta più preoccupazione» di quelle all'ingiù. Poi, se è vero che la credibilità delle statistiche fornite dalle tre maggiori economie, cioè Germania, Francia e Regno Unito, potrebbe indurre a pensare che ci sia una proporzione diretta tra la dimensione del paese e la credibilità del deficit, l'Italia, quarta maggiore economia europea, smentisce questa tesi. «L'esempio dell'Italia - che è più in basso nelle classifiche rispetto a paesi più piccoli come l'Irlanda e la Finlandia - dimostra che la correlazione è debole».



In conclusione, anche se le revisioni dei dati sono «inevitabili e, in un certo senso, desiderabili», i due autori raccomandano ai paesi che hanno registrato le revisioni più pesanti «di considerare l'eventualità che siano necessari cambiamenti nei procedimenti statistici in modo da migliorare la qualità della prima comunicazione dei dati».

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