venerdì 29 febbraio 2008

Un «posto in prima fila» per dire no alla Tav

Il Manifesto 23.02.08
Un «posto in prima fila» per dire no alla Tav

Compra un posto in prima fila. Ovvero la nuova resistenza della val Susa. Il coordinamento dei comitati No Tav riunito a Bussoleno il 5 febbraio scorso ha infatti varato un’iniziativa inedita: il processo di acquisto in proprietà indivisa (un metro quadro a testa, al costo di 15 euro, da parte di migliaia di persone no Tav) dei terreni della zona Colombera di Chiomonte. Cioè quei terreni che dovrebbero essere espropriati per realizzare la nuova uscita del tunnel, secondo il «progetto governativo» contenuto nel dossier presentato dal ministro di Pietro all’Ue. In altre parole, i cittadini no Tav acquisteranno una quota dei terreni dove dovrebbero essere aperti i nuovi cantieri. Mille, 5 mila, 10 mila proprietari di terreni scelti a macchia di leopardo che avranno il diritto di trovarsi su quei terreni «in qualunque momento e nonostante qualunque forza di polizia o esercito».
Sono passati oltre due anni ormai da quando il governo Prodi ha presentato alla Ue un progetto di tracciato per ottenere i finanziamenti necessari alla realizzazione internazionale della Torino-Lyon. La Ue ha stanziato 671 milioni di euro spalmati su cinque anni per gli studi di questa tratta che il governo Prodi ha deciso di far passare in destra Dora con uscita del tunnel di base a Chiomonte anziché a Venaus. Perché a Venaus la resistenza della popolazione ha avuto successo e alla fine i cantieri non sono mai stati aperti. Ma anche la nuova proposta non incontra molti favori.
Il popolo no Tav ha raccolto oltre 32mila firme in due mesi per dire no a qualunque ipotesi di nuovo tunnel, a qualunque ipotesi di nuova linea Torino-Lyon. Per sottolineare la sua contrarietà a ogni nuovo progetto la valle ha scelto la strategia del posto in prima fila. La settimana scorsa si è riunito ancora una volta il tavolo istituzionale di Palazzo Chigi che nei fatti ripropone la fattibilità del progetto di alta velocità. Unica voce dissonante quella della sindaca di San Didero, Loredana Bellone, che al tavolo ha rappresentato gli 87 amministratori valsusini contrari a proseguire l’esperienza di un coinvolgimento a livello governativo.
Tra l’altro dal dossier di candidatura è possibile identificare la potenziale illegittimità del finanziamento europeo visto che nel dossier si ripete che l’attivazione dell’osservatorio ha permesso di avviare una fase di confronto con gli oppositori al progetto e una «concertazione» in realtà non c’è mai stata.
C’è poi il problema della ripartizione dei costi sulla tratta internazionale, prevista nel 63% per l’Italia e 37% per la Francia (su un percorso che insiste per il 60% sul territorio francese). Infine rimangono molto dubbi sul fatto che a gestire l’operazione sia una Sas (società per azioni semplificata) soggetta alla giurisdizione francese e che venga dichiarato nello stesso dossier che il finanziamento sarà assicurato quasi totalmente da fondi pubblici «reperiti nell’ambito delle prossime leggi finanziarie».

Orsola Casagrande

giovedì 28 febbraio 2008

Buone Notizie con Emanuela!


Annunciamo l'esordio di Emanuela da Vicenza, aspirante speaker di Gamma 5 che si presenta al pubblico venerdì 29 febbraio nella trasmissione Note Dementi in onda dalle 20 alle 22.
Porterà una ventata di positività con la sua selezione di "buone notizie", in controtendenza con le cronache odierne e a favore del sorriso che tutti noi vorremmo indossare più spesso.
Un benvenuto a Emanuela e buon ascolto a tutti!

martedì 26 febbraio 2008

Se il Prozac non serve a nulla

La Repubblica 27.2.08
Se il Prozac non serve a nulla
di Enrico Franceschini

Addio Prozac & C. Gli scienziati: "Farmaci inutili"
La ricerca di una università inglese: "Per guarire dalla depressione non c´è bisogno di ricorrere a trattamenti chimici"

Londra. Il prozac non servirebbe a niente, avendo lo stesso effetto di un placebo, ossia di una pillolina che contiene soltanto zucchero: questo afferma un ampio studio condotto in Gran Bretagna da ricercatori dell´università di Hull. Nel Regno Unito la notizia ha avuto l´effetto di una bomba, finendo in prima pagina su tre dei più importanti quotidiani, il Guardian, il Times e l´Independent. "Il Prozac", titola uno prendendo ad esempio uno dei più noti farmaci antidepressivi, "usato da 40 milioni di persone, non funziona".

Sono soprannominate "le pillole della felicità", o perlomeno un antidoto contro l´infelicità: i medicinali prescritti da medici di tutto il mondo a decine di milioni di pazienti che soffrono di depressione. Eppure non servono a niente, avendo lo stesso effetto di un placebo, ossia di una pillolina che contiene soltanto zucchero: questo afferma un ampio studio condotto in Gran Bretagna da ricercatori dell´università di Hull. Nel Regno Unito la notizia ha avuto l´effetto di una bomba, finendo in prima pagina su tre dei più importanti quotidiani, il Guardian, il Times e l´Independent. "Il Prozac", titola uno prendendo ad esempio uno dei più noti farmaci antidepressivi, "usato da 40 milioni di persone, non funziona". Ma le aziende farmaceutiche che dalla vendita di questi prodotti hanno guadagnato miliardi di euro (l´introduzione del Prozac negli Usa risale al 1988), contestano i risultati del rapporto, difendendo il valore curativo dei loro medicinali.
«La differenza tra il miglioramento dei pazienti che prendono un placebo e quelli che assumono antidepressivi non è significativa», afferma nel rapporto il professor Irving Kirsch, direttore del dipartimento di psicologia della Hull University. «Ciò significa che le persone che soffrono di depressione possono migliorare senza bisogno di ricorrere a trattamenti chimici». Kirsch appartiene a un gruppo di specialisti che hanno osservato i risultati di 47 studi in materia, sia noti che inediti, compiuti da studiosi americani e britannici sugli effetti degli inibitori selettivi del riassorbimento della serotonina (Isrs), ovvero sugli effetti dei farmaci più diffusi contro la depressione: la fluoxetina (Prozac), la venlafaxina (Efexor) e la paroxetina (Seroxat). I risultati dell´indagine, pubblicati dalla rivista PloS Medicine, parlano chiaro: tali farmaci non sono più efficaci dei placebo in tutti i casi leggeri di depressione e nella maggior parte dei casi gravi. Nella ristretta categoria dei casi più gravi, sembra che i pazienti sottoposti agli antidepressivi abbiano tratto benefici rispetto a chi prende il placebo, ma non tanto perché gli antidepressivi funzionano, quanto perché probabilmente l´effetto psicologico del placebo ha smesso di agire.
«Pare perciò che non vi siano forti giustificazioni a prescrivere trattamenti antidepressivi, a meno che i trattamenti alternativi non abbiano portato alcun risultato», è la conclusione del professor Kirsch. Ribatte la Eli Lilly, casa produttrice del Prozac: «Estensivi test medici e scientifici hanno dimostrato l´efficacia della fluoxetina come antidepressivo». Le fa eco un portavoce della GlaxoSmithKline, che produce lo Seroxat: «Questa analisi ha studiato solo una parte dei dati disponibili e le sue conclusioni sono in contrasto con l´esperienza clinica». Il Guardian predice tuttavia che il rapporto avrà un impatto sulla prescrizione degli antidepressivi.

Zugliano (vicenza) 29 Febbraio la notte dei fuochi “Ciamar marso”

Zugliano 29 Febbraio la notte dei fuochi "Ciamar
marso"

Zugliano (vicenza)
Venerdì 29 Febbraio 2008 ore 20.30
ore 20.30 Fiaccolata
Partenza dal piazzale della chiesa di Zugliano alle
per raggiungere
le colline delle Bregonze ove alle ore 21.30 verrano
accesi i fuochi.

Una spiegazione della festa dal sito "chiamata di
marzo"
Le probabili origini della festa sono assai remote.
Fin dagli antichi Greci sappiamo che si celebrava con
feste e con canti la nascita di Venere, che cadeva
appunto nel mese di marzo: come dire il sorgere
dell'amore, il risveglio dell'uomo e della natura
dalle cupe ombre in cui li aveva avvolti l'inverno.
Per i Romani le Calendie Marzie segnavano addirittura
l'inizio dell'anno e appunto in marzo erano tenute le
grandi assemblee generali.

Dalla rete civica del Comune di Zugliano:
Ciamar Marzo: I riti del capodanno veneto

In tutta la Venetia i riti ed i festeggiamenti del
capodanno veneto assumono molti nomi diversi e sono
celebrati in modi differenti.
"Bati marso", "El batare marso" o "Ciamar marso" sono
i termini più diffusi ed indicano il rito compiuto dai
ragazzini, per sei sere attorno al capodanno, di
correre per il paese battendo violentemente
"bussolotti", lamiere, pentole e coperchi.
"El bruxamarso", "Piroea" o "El vivò marso" è un rito
diffuso un po' dappertutto ma trova la sua apoteosi
nella Pedemontana dove dopo il tramonto i fuochi
ornano i crinali delle montagne creando uno scenario
spettacolare.
"El cantar marso" invece indicava le canzoni o i
motivetti che si cantavano attorno al fuoco oppure
andando a "battere marso".
(…)
La tradizione del "ciamar marso" o "brusar marso" è
legata all'antico rito delle feste arcaiche di inizio
stagione, che avevano lo scopo di evocare e celebrare
il risveglio della natura, di propiziare la fertilità
e l'abbondanza.

Con le calende di marzo iniziava l'anno civile romano,
collegato a feste di tipo propiziatorio e
purificatorio, e più tardi anche l'anno civile della
Repubblica di Venezia iniziava il primo di marzo.
L'organizzazione dei falò e della serata di festa sono
affidati ai Comuni…
(…)
Saranno spente le luci pubbliche e in ogni paese sarà
acceso un enorme falò, uno dopo l'altro, e intorno al
fuoco si celebrerà, come un tempo, una festa
conviviale.

COSÌ BUSH CENSURAVA LA MEDICINA

La Repubblica 12 lug. ’07

COSÌ BUSH CENSURAVA LA MEDICINA

Allo scadere del suo mandato Richard Carmona accusa la Casa Bianca: i miei
discorsi controllati e corretti per allinearli alle tesi presidenziali
Il capo del servizio sanitario: su staminali, sesso e pillola solo tesi
politiche
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MARIO CALABRESI
NEW YORK -«Ogni rapporto sulla medicina che non rientra nell'agenda ideologica,
teologica e politica dell'Amministrazione Bush viene ignorato, marginalizzato 0
semplicemente seppellito».
L'accusa, durissima e inaspettata, viene dal «medico della nazione», l’uomo che
per quattro anni dal 2002 al 2006 - ha guidato su mandata della Casa Bianca il
servizio sanitario americano. Richard Carmona ha fatto la sua denuncia alla
Commissione di controllo sulle agenzie governative del Congresso americano,
enfatizzando la sensazione che i repubblicani negli ultimi sette anni abbiano
politicizzato settori del governo fino ad oggi rigorosamente imparziali ed
indipendenti, dalla giustizia alla medicina.
Carmona, che occupava il posto di «Surgeon general» dopo essere stato professore
di chirurgia all'Università dell'Arizona e un soldato delle forze speciali
decorato due volte in Vietnam, ha detto che durante il suo mandato
l'Amministrazione Bush gli ha messo «la museruola» e gli ha vietato regolarmente
di parlare su temi controversi come la ricerca sulle cellule staminali, la
contraccezione, la pillola del giorno dopo e l'astinenza sessuale: «Venivo
bloccato ogni volta. Mi dicevano che la decisione era già stata presa e che
dovevo lasciar stare». Quando è esploso il dibattito sulle staminali, Carmona
offrì di diffondere una serie di studi per mettere gli americani nella
condizione di potersi fare un'idea corretta sul problema: «Mi hanno detto di non
parlarne e qualunque accenno alle staminali venne regolarmente tolto dai miei
discorsi».
In un'altra occasione si discusse come affrontare l'educazione sessuale e
Carmona spiegò che gli studi scientifici sostengono che il modo più efficace è
di parlare anche dei contraccettivi:
«Questo ha spiegato – mi venne impedito perché la politica della Casa Bianca
prevedeva che si potesse parlare solo di astinenza».
I suoi discorsi, ha sottolineato, venivano controllati per assicurarsi che non
ci fosse nulla di controverso «e venivano aggiunti riferimenti al presidente
Bush, almeno tre per pagina». Carmona però, nonostante l'insistenza dei parla
mentari, non ha voluta fare i nomi degli uomini dell'Amministrazione che lo
controllavano e che intervenivano per allineare il suo lavoro alle politiche
della Casa Bianca.
«Il problema di questo approccio – ha detto – è che nella sanità pubblica come
in democrazia non c'è niente di peggio che ignorare la scienza o marginalizzare
la voce degli scienziati per ragioni politiche». Un'accusa che risuonava già
nelle pagine dell'ultimo libro di Al Gore, «Assalto alla Ragione», secondo cui
Bush e Cheney sono riusciti a ideologizzare anche i rapporti degli scienziati su
temi che vanno dall'ambiente alla medicina.
Carmona ha denunciato perfino che gli venne impedito di andare aile Olimpiadi
per i disabili che sono organizzate dalla «Eunice Kennedy Shriver»,
l'associazione fondata dalla sorella di lohn e Boli Kermedy: «Con la tua
presenza, mi venne spiegata, aiuteresti una famiglia politica molto importante.
Perché lo vuoi fare?».
Ad un certo punto aveva pronta una relazione sull'inadeguatezza della sanità
all'interno delle prigioni, ma non venne mai approvata perché «avrebbe obbligato
il governo ad intervenire per migliorarla e il governo non vuole spendere soldi
per la salute dei carcerati».
«Il lavoro del "Surgeon general" -ha concluso Carmona - è di essere il dottore
della nazione e non il dottore di un partita politico». Una portavoce della Casa
Bianca ieri ha replicato alle accuse sostenendo che «il Surgeon general è il
difensore della salute di tutti i cittadini e ci dispiace che lui non abbia
usato la sua posizione per presentare quelle politiche che considerava
nell'interesse del Paese».
I suoi predecessori, ascoltati insieme alui dai parlamentari, hanno spiegato che
i conflitti con l'Amministrazione ci sono sempre stati ma che mai si erano
registrate pressioni politiche di questo tipo e di questa natura. Il posto di
Carmona, a cui non è stato rinnovato il mandato, è attualmente vacante e proprio
oggi il Senato dovrebbe votare il gradimento al nuovo Surgeon General proposto
da Bush, quel James Holsinger noto per aver pubblicato nel 1991 un rapporto in
cui sosteneva che «il sesso omosessuale è innaturale e fa male alla salute».
Facile prevedere che sarà un'altra giornata di scontro tra i democratici e la
Casa Bianca.
IL DOTTOR CARMONA

UNO STILE DI VITA CHE PORTA AL DISASTRO

La Repubblica 13 lug. ’07

UNO STILE DI VITA CHE PORTA AL DISASTRO

GUIDO VIALE
Siamo in larghissima parte fatti, oltre che di acqua, di carbonio: lo stesso
elemento che sta alla base del carbone, del petrolio e del metano, cioè degli
idrocarburi che da duecento, cento e cinquant'anni, rispettivamente, forniscono
l'energia alle società in cui viviamo. Questo forse dovrebbe farci sentire in
sintonia non solo con il mondo dei viventi, fatti anch'essi, come noi, di acqua
e carbonio, ma anche con la civiltà industriale, che ha fatto degli idrocarburi
il sangue che scorre lungo tutti i circuiti della produzione e del consumo. Ma
non è così.
I processi di ossidazione del carbonio che mantengono la nostra temperatura
corporea e ci forniscono l'energia per muoverci e pensare sono gli stessi che
forniscono calore ed energia alla macchina produttiva e alla vita civile del
pianeta; ma stanno tra loro come la fiamma di un fornello sta a un' esplosione
di tritolo. I primi sono controllati ed efficienti: il nostro corpo non
metabolizza più carbonio e non produce più calore ed energia di quanto gliene
serve; i secondi sono rapidi, altamente dissipatori e consumano una risorsa che
non si rinnova. Entrambi producono – ma i primi in misura infinitamente minore
dei secondi - anidride carbonica: un gas che, riassorbito ogni giorno dalla
vegetazione, mantiene la temperatura dell'ecosistema Terra in equilibrio; mentre
diffuso in quantità eccessive nell'atmosfera, rende progressivamente invivibile
il nostro pianeta: prima per gli stili di vita a cui siamo abituati; po'x per la
mera sopravvivenza degli organismi complessi. Se la vita, compresa la nostra, si
è sviluppata sul nostro pianeta, è perché per alcuni miliardi di anni miriadi di
organismi, come tanti spazzini, hanno "ripulito" l'atmosfera dall'anidride
carbonica che la soffocava, liberando l'ossigeno dalla stretta del carbonio e
poi inabissandosi con questo sotto i sedimenti e le colate di lava che hanno
plasmato nel tempo la crosta terrestre. L'ossigeno liberato lo assorbiamo con
l'aria che respiriamo e il respiro è vita, psiche, spirito.
Ora il sistema produttivo e gli stili di vita che si sono insediati nel mondo a
partire dalla rivoluzione industriale sono stati costruiti dissotterrando e
restituendo progressivamente all'atmosfera il bottino di quel lavoro di pulizia.
E' come se rendessimo la nostra casa inabitabile rovesciando per le stanze il
contenuto della pattumiera; o il nostro territorio invivibile, come tante città
della Campania, dissotterrando i rifiuti sepolti nelle discariche per spargerli
in strada. Con una differenza: mentre gli altri inquinanti emessi dalla
combustione sono da tempo fonte di allarme, perché rendono irrespirabile l'aria
delle città e delle autostrade - puzzano, annebbiano, sporcano, lasciano l'amaro
in bocca e ci rendono bronchitici, asmatici e cardiopatici fin da bambini -
l'anidride carbonica è inodore, insapore e incolore; la percezione dei suoi
danni può essere solo il risultato di calcoli e ragionamenti astratti. Le vere
conseguenze - i ghiacciai che si sciolgono, i fiumi che si prosciugano, i suoli
trasformati in croste di fango secco, le spiagge che si inabissano, le stagioni
che scompaiono e gli uragani che imperversano - sono legate agli scappamenti
delle nostre automobili, alle caldaie dei nostri riscaldamenti, alle spine dei
nostri elettrodomestici solo in modo indiretto. Tanto indiretto che si può
continuare a fare come se niente fosse.
Ora, però, dopo che anche Bush e il prof. Guido Visconti, esperto di
meteorologia del Corriere della sera, si sono finalmente convinti che l’effetto
serra esiste, sul pianeta Terra sono rimasti solo il romanziere Michael Crichton
e il consigliere economico di Berlusconi Renato Brunetta a pensare che sia
invece un complotto dell’Internazionale verde, o una favola imposta dalla
"dittatura planetaria degli ambientalisti". Tutti gli altri sono d'accordo che
bisogna correre ai ripari e mentre in Iraq come in Afghanistan gli eserciti
occupanti bruciano tutti i giorni tanto petrolio quanto forse basterebbe
risparmiarne per "rientrare" nei pur insufficienti parametri di Kyoto, la gente
si chiede "Che fare?". E i politici affamati di comparse in TV invidiano
AL Gore, che si è procurato un'audience fantastica (due miliardi di
telespettatori) cavalcando il problema; una riproposizione, anche in sedicesimo,
del suo successo, piacerebbe a tutti. Ma c'è un ma.
Da un lato correre ai ripari vuol dire consumare meno combustibili fossili: meno
petrolio, meno metano e soprattutto meno carbone; se se ne consumano meno, tutti
dovrebbero essere contenti. Dall'altro, senza petrolio, carbone e metano nessuno
ha idea di come far funzionare la macchina economica, cioè la "crescita" e lo
"sviluppo": l'aumento del Pil di qualche punto percentuale, o di qualche
frazione di punto, che per tutti i governi del mondo è ormai una questione di
vita o di morte. Le alternative ai combustibili fossili - l’eolico, il
fotovoltaico, i biocarburanti, ecc. - possono essere un business e i gruppi
industriali più accorti, con quelli italiani in coda, visi stanno gettando a
capofitto. Ma il petrolio continua e continuerà a far gola: tanto all’Eni quanto
a Bush, tanto al governo cinese quanto a quello australiano, un cui ministro
finalmente non ha avuto remore nel dire quello che tutti sanno; e cioè che in
Iraq ci si è andati a fare la guerra e ci si resta per rubare il petrolio.
L'Aie - l'Agenzia internazionale dell'energia, lobby dei paesi consumatori nata
per contrapporsi all'Opec, cartello dei paesi produttori - fino all'anno scorso
prevedeva una crescita del 50 per cento del consumo di petrolio nei prossimi 25
anni, sicura che le riserve del pianeta vi avrebbero fatto fronte. Ma ora è
costretta ad ammettere quello che gli esperti indipendenti riuniti nell'Aspo -
l'associazione di coloro che sostengono che l'estrazione di petrolio e gas è
prossima al suo picco - stanno ripetendo da tempo: cioè che di petrolio da
estrarre ce ne sarà sempre meno e che dobbiamo imparare a far senza. Dovrebbe
essere una buona notizia, invece è fonte di panico, anche se il petrolio residuo
è ancora sufficiente a trasformare il mondo in una fornace.
Un conto è infatti spiegare, durante un concerto in mondovisione o con un bel
film, che il tempo stringe e si deve cambiare. Un conto è aprire una trattativa
con la Confindustria o l'Unione petrolifera per definire un piano e degli
impegni precisi - con incentivi e penalità sostanziali – per ridurre in
trent'anni le emissioni di gas di serra di un fattore 10: cioè non del 10 per
cento, ma di dieci volte. E cominciando subito. Ve lo immaginate un governo
italiano - un governo, e non un ministro, perché i nostri ministri sono sempre
"in libera uscita" – che apre una trattativa di questo tipo? O il sindaco di una
grande città che spiega ai suoi elettori che dovranno staccare il sedere dalle
loro automobili e salire su un autobus sgangherato, già oggi affollato come una
scatola di sardine, o su un taxi collettivo, che nemmeno sa bene spiegare che
cosa sia?

URGENTE: Fermate l'Esecuzione di una Donna per "Stregoneria"

URGENTE: Fermate l'Esecuzione di una Donna per "Stregoneria"

A Chiunque Condivida la Nostra Profonda Preoccupazione

Per favore unitevi a noi per richiedere l'immediata grazia e il
rilascio di FAWZA FALIH (DEL: Falwah Faliz), una donna Saudita che e'
stata condannata a morte per decapitazione per presunto crimine di
"stregoneria".
Cosi' come l'Osservatorio per i Diritti Umani ha dichiarato, la
sentenza di Fawza Falih e' una parodia di giustizia.

Una lettera a Sua Altezza Reale RE ABDULLAH e' stata redatta e
firmata dal Clero e da membri di diverse tradizioni religiose.
La lettera puo' essere consultata online dove potete anche firmare.
Per favore fatelo al piu' presto possibile su:

http://www.petitiononline.com/AIDFAWZA/petition.html

da "La Stampa.it" - 1670272008

In Arabia Saudita una donna è stata condannata alla decapitazione con
l'accusa di stregoneria. Ad accusare Fawaza Falih è, tra gli altri, è
un uomo: si è lamentato di essere stato reso impotente.
La stregoneria è un reato medievale che non ha nulla a che vedere con l'Islam.
Ed è un reato difficile da dimostrare e la confessione è stata estorta
dalla polizia religiosa a una donna analfabeta dopo 35 giorni di
violenze.
L'Arabia saudita deve riformare il proprio ordinamento giuridico ed è
su queste riforme che occorre concentrare gli sforzi.
La grazia del sovrano, se dovesse arrivare, è una misura
straordinaria: i cittadini devono essere tutelati dal diritto.
Questo ancora non succede in Arabia Saudita ma, visto che Ryiadh è un
alleato dell'Occidente, forse è il caso che le diplomazie europea ed
americana esercitino una qualche forma di pressione.

Rito del Giorno Pagano Europeo della Memoria 2008

lunedì 25 febbraio 2008

Passata la grande festa di compleanno, ora tocca alle spose


Con piacere ieri al rist.Bianchi abbiamo festaggiato il compleanno di Gamma 5 con tanto di dolce realizzato "dal vivo" da Bepi 300 dove campeggiava "32 anni con Franco".
Tantissime foto scattate da Damiano le troviamo sul sito rinnovato e sempre più ricco di Salute e Ambiente. Ci sono tutti: Occhio di Lince, Lilli, Paolo Girotto, Luca, Cheope, Cina, Freccia, Claudio, Tamorti, speaker, ascoltatori e simpatizzanti. Eravamo tantissimi e abbiamo trascorso una lieta giornata. Per questo ringraziamo tutti i convenuti.
Salutiamo anche Gigi che solo per motivi di salute stavolta non era in mezzo a noi.

Prossimo appuntamento: il 9 marzo per la festa delle spose in sede nuova a Campodarsego. Non mancate!

domenica 24 febbraio 2008

Northern Rock, salvataggio col trucco

Corriere della Sera - NAZIONALE -
sezione: Economia - data: 2008-02-22 num: - pag: 31
Guido Santevecchi
Il caso Le accuse dopo l'intervento del governo: «Avete nazionalizzato la spazzatura»
Northern Rock, salvataggio col trucco
I prestiti migliori trasferiti in un paradiso fiscale della Manica
Il fondo offshore di nome Granite detiene 45 miliardi di sterline, circa metà del portafoglio della banca
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
LONDRA — La nazionalizzazione «temporanea» di Northern Rock si sta trasformando per il governo britannico in una fonte
di imbarazzo permanente. Ieri dal paradiso fiscale di Jersey, isola nella Manica che è una Dipendenza della Corona Britannica
ma non fa formalmente parte del Regno Unito, è saltato fuori un fondo offshore di nome Granite che detiene 45
miliardi di sterline di mutui accesi presso Northern Rock e in passato trasferiti dalla banca inglese in cambio di liquido. Si
tratta della metà circa del portafoglio di mutui della Rock e «casualmente » anche di quelli migliori. Si è saputo però che
dalla nazionalizzazione il Tesoro di Sua Maestà ha deciso di tenere fuori quei 45 miliardi. Così ora lo Stato controlla la
parte meno sicura degli asset della banca in difficoltà (come i prestiti che valgono il 125% della casa per la quale si è acceso
il mutuo), mentre i contribuenti hanno il piacere di farsi carico dei 55 miliardi di sterline prestati da Banca d'Inghilterra
e Tesoro per puntellare i conti.
«Avete nazionalizzato la spazzatura», ha detto l'ex cancelliere conservatore Ken Clarke. «Un'operazione nella quale
Brown ha mostrato meno apertura di Fidel Castro», ha urlato in Parlamento David Cameron, aggiungendo un altro marchio
a sangue alla figura del primo ministro, già definito in questi mesi Stalin e Mr Bean.
In più, il fondo privato Granite è registrato come ente benefico perché nel 1999 era stato creato per raccogliere fondi a
favore dei bambini affetti dalla sindrome di Down. Organizzazione caritatevole che però ha trovato casa offshore ed era
specializzata in prestiti e mutui. Il governo si difende sostenendo che Northern Rock mantiene un libro di mutui solido e
che non c'era alcuna necessità di intervenire per nazionalizzare i 45 miliardi di Granite. Se però la «turbolenza dei mercati
» non si calmerà e i mutui «solidi» entrati nel pacchetto della nazionalizzazione andranno in sofferenza, dietro il pignoramento
delle case dei cittadini che non hanno potuto pagare ci sarà il governo. Un governo laburista. E se, come sembra
inevitabile, per poter rimettere sul mercato la banca saranno necessari tagli (si parla di 6.500 dipendenti), dietro gli esuberi
ci sarà sempre il governo.
Gordon Brown ha cercato di ripararsi dietro l'assicurazione che la gestione
di Northern Rock spetterà rigorosamente ai tecnici della banca, che si
muoveranno secondo la logica del libero mercato. Ma anche qui c'è un
aspetto curioso. L'uomo scelto come nuovo presidente è Ron Sandler,
ottimo amministratore che in passato ha tirato fuori dai guai i Lloyds. Mr
Sandler è stato ingaggiato per un milione di sterline l'anno e spedito a
Newcastle, sede di Northern Rock. Subito è stato definito «il secondo
cittadino meglio pagato», dopo la stella della squadra di calcio locale, il
quasi sempre infortunato attaccante Michael Owen. E non c'è voluto
molto a sapere che il presidente Sandler (e anche la sua numero due Ann
Godbehere) ha lo status di «non domiciliato»: vale a dire che fiscalmente
risiede all'estero.
Strana nazionalizzazione.

giovedì 21 febbraio 2008

Compleanno di Gamma 5 con i Tamorti


Il 32° compleanno di Radio Gamma 5 si festeggia domenica 24 febbraio 2008 al Ristorante Da Bianchi di S.Giustina in Colle (PD). Pienone ancora una volta: 260 partecipanti per festeggiare il compleanno anche nel ricordo di Franco e poi per godersi un sano momento di ilarità in musica con i Tamorti, i vincitori del Festival di Sanscemo 2004 che tornano in scena solo per le occasioni più speciali.
Lo show dei fantastici tre inizia dopo il pranzo - quindi sulle 16,30 - consentendo a chiunque di assistervi anche senza prenotazione.
Intermezzo blues-demenziale con Stefano di Gamma 5.
Buon divertimento!

mercoledì 20 febbraio 2008

Jesolo 23 Febbraio 2008 Giorno Pagano Europeo della Memoria

Jesolo 23 Febbraio 2008
Giorno Pagano Europeo della Memoria
Il rito si svolge presso il Bosco Sacro,
L'appuntamento è per le ore 17,00.
via Ca' Gamba settima traversa 3
Il rituale è aperto a tutti.
Il Bosco Sacro ha avuto il riconoscimento ufficiale
delle autorità come luogo di culto.
su Youtube sono presenti diversi video relativi a
questo rito.

il Giorno pagano della memoria. Cos'è?

Giorno dedicato al ricordo delle radici antiche di
tutti i gruppi che si professano pagani, con
particolare attenzione al momento in cui è avvenuta
l'interruzione, o il tentativo di interruzione, del
collegamento tra queste e il mondo moderno. In questa
giornata ricordiamo per non dimenticare le avversità
che i "pagani" cui noi ci richiamiamo hanno dovuto
affrontare per mantenere vivo il proprio sentimento
religioso (il loro "fuoco"), ne celebriamo gli sforzi
e rendiamo loro omaggio. Non ci limitiamo però al
rimpianto: questa giornata deve essere un punto di
partenza per una ricostruzione del paganesimo,
ricostruzione che non dev'essere semplice ripresa
acritica, ma deve partire dalla comprensione
dell'essenza del paganesimo antico, dall'analisi dei
valori propugnati da esso e dalla scelta di quanto
riteniamo applicabile nel mondo moderno.

Ci vediamo a Jesolo.
Francesco Scanagatta
cell. 349 7554994

martedì 19 febbraio 2008

FREEMAN DYSON; I MIEI PENSIERI ERETICI SUL CLIMA

Tst 16 Gen ‘08

FREEMAN DYSON; I MIEI PENSIERI ERETICI SUL CLIMA

I dogmi del riscaldamento globale devono essere sfidati: perché non contemplare
l’ipotesi che l’anidride carbonica ci sia utile?
Per prima cosa devo ammettere che, come scienziato, non ho fiducia nelle
previsioni. La scienza è l'imprevedibilità organizzata: nei loro esperimenti,
gli scienziati non fanno altro che mettere le cose insieme in modo che siano il
più prevedibili possibile, e procedono per vedere cosa succede veramente. Si
potrebbe arrivare a dire che, se qualcosa è prevedibile, allora non è scienza.
Dunque, nel fare le mie previsioni, non parlerò come scienziato ma come
narratore: le mie previsioni saranno fantascienza. Più che scienza.
È noto che i racconti fantascientifici non sono accurati: il loro - scopo. non è
descrivere ciò che accadrà, ma immaginare cosa potrebbe accadere. Il mio scopo è
raccontare storie che possano sfidare i dogmi che oggi sono dominanti: domi che
potrebbero risultare corretti, ma che hanno bisogno di essere sfidati. Sono
orgoglioso di essere un eretico.
Il trambusto che circonda il riscaldamento globale, è esagerato. Mi oppongo alla
fratellanza degli esperti dei modelli climatici e alle folle che hanno illuso
con i loro numeri. Certo, come fanno notare, non ho una laurea in meteorologi e
a quindi non avrei le qualifiche per parlare. Ma ho studiato i modelli
climcatici e so cosa possono fare.
I modelli risolvono le equazioni della fluidodinamica e descrivono bene i moti
fluidi dell'atmosfera e degli oceani. Descrivono piuttosto male le nuvole, la
chimica e la biologia dei campi, delle fattorie e delle foreste. Non riescono a
descrivere il mondo reale in cui viviamo, che è fatto di fango e disordine,
pieno di cose che non comprendiamo ancora. È molto più semplice, per un
ricercatore, restare in ufficio a far girare i modelli sul computer che non
indossare indumenti pesanti per misurare cosa sta davvero succedendo nelle
paludi e tra le nuvole. Non c'è dubbio che alcune parti del mondo si stiano
scaldando e non sto assolutamente dicendo che il riscaldamento non causi
problemi: è ovvio che lo fa. Ma è altrettanto ovvio che dovremmo cercare di
capirne di più. Quel che sto dicendo è che questi problemi sono grossolanamente
esagerati: privano di attenzioni e di denaro altri problemi più urgenti, come la
povertà e le malattie, l'istruzione e la sanità pubbliche e la conservazione
delle creature viventi, per non dire del problema più grave di tutti: quello
della guerra.
Il riscaldamento globale è un problema interessante, sebbene la sua importanza
sia eccessivamente amplificata. Per capire come si muove il carbonio attraverso
l'atmosfera e la biosfera occorre misurare una gran quantità di variabili. Non
voglio confondervi e vi chiederò di ricordare un solo numero: un terzo di
millimetro all'anno.
Metà della terraferma sostiene una vegetazione di qualche tipo. Ogni anno
assorbe e converte in biomassa una certa frazione dell'anidride carbonica che
emettiamo nell'atmosfera. Non sappiamo quanto sia grande la frazione che
assorbe, perché non abbiamo misurato l'incremento o il decremento di biomassa.
Il numero che vi ho chiesto di ricordare è l'aumento di spessore della biomassa
che si avrebbe mediamente, su oltre metà della terra ferma presente sul pianeta,
se venisse assorbito tutto il carbonio che stiamo emettendo bruciando carburanti
fossili: solo un terzo di millimetro all' anno. II punto cruciale è il tasso di
scambio molto favorevole che sussiste tra carbonio nell'atmosfera e carbonio nel
terreno. Per bloccare l'aumento di carbonio nell'atmosfera, è sufficiente che
facciamo crescere la biomassa nel terreno di un terzo di millimetro l'anno.
Deduco che il problema dell'anidride carbonica nell' atmosfera va visto in
termini di gestione del terreno, non di meteorologia. Nessun modello
computerizzato dell'atmosfera o dell'oceano può sperare di predire come dovremmo
gestire la Terra.
Ecco un altro pensiero eretico. Invece di calcolare una media mondiale di
crescita della biomassa, sarebbe meglio mantenerci su scala locale. Considerate
uno dei possibili scenari futuri: la Cina continua a sviluppare la propria
economia, basandola sul carbone, e gli Usa decidono di assorbire l'anidride
carbonica che ne risulta aumentando la biomassa dei loro suoli. A differenza
delle piante e degli alberi, non c'è limite alla quantità di biomassa che si può
immagazzinare.
Circa un decimo di tutta l'anidride carbonica viene convertita in biomassa ogni
estate e restituita all'atmosfera ogni autunno: è per questo che gli effetti dei
combustibili fossili non si possono separare dagli effetti della crescita e
della decomposizione delle piante. Ci sono, in particolare, cinque serbatoi di
carbone che sono accessibili biologicamente nel breve periodo, senza contare le
rocce ricche di carbonati e le profondità degli oceani. Sono l'atmosfera, le
piante sulla terraferma, il suolo su cui crescono le piante, lo strato
superficiale dell' oceano dove crescono le piante marine e le riserve di
combustibili fossili.
L'atmosfera è il serbatoio più piccolo, mentre i combustibili fossili sono il
maggiore, ma tutti e cinque sono abbastanza simili. Tra loro c'è una fitta
interazione e per capirne uno è necessario capirli tutti.
Non sappiamo se una gestione intelligente del terreno potrebbe far aumentare il
serbatoio del suolo di quattro miliardi di tonnellate di carbonio l'anno - la
quantità necessaria a fermare l'aumento di anidride carbonica nell'atmosfera.
L'unica cosa che possiamo affermare con certezza è che si tratta di un'ipotesi
teorica possibile, che dovrebbe essere considerata seriamente.
La mia terza eresia riguarda un mistero che mi ha sempre affascinato. In molti
punti del deserto del Sahara si trovano graffiti rupestri che rappresentano
persone e branchi di animali: si tratta di tracce numerose e di qualità
artistica sorprendente e furono probabilmente dipinte nell'arco di qualche
migliaio di anni. Le ultime tradiscono l'influenza degli Egizi e sembrano essere
contemporanee delle prime forme di arte tombale di questo popolo. I migliori
graffiti dei branchi risalgono a circa 6 mila anni fa e ci sono prove
schiaccianti che a quell'epoca il Sahara fosse umido: c'era abbastanza pioggia
da consentire a vacche e giraffe di pascolare tra erba e alberi e c'erano
ippopotami ed elefanti. Il Sahara di ieri dev'essere stato simile al Serengeti
di oggi.
Sempre 6 mila anni fa c'erano foreste decidue nel Nord Europa dove oggi si
trovano solo conifere, a dimostrazione del fatto che il clima di queste zone
settentrionali era più mite. C'erano alberi anche nelle valli svizzere che oggi
ospitano famosi ghiacciai e i ghiacciai che adesso si stanno ritirando erano
molto più piccoli. Seimila anni fa sembra essersi verificato il periodo più
caldo e umido dell'era interglaciale, iniziata 12 mila anni fa con la fine
dell'ultima era glaciale. Ora avrei due domande da porvi.
Primo: se permettessimo all'anidride carbonica nell'atmosfera di aumentare
ancora, arriveremmo ad avere un clima simile a quello di 6 mila anni fa, quando
il Sahara era umido? Secondo: se potessimo scegliere tra il clima di oggi con il
Sahara arido o quello di 6 mila anni fa con il Sahara umido, preferiremmo la
situazione odierna?
La mia terza eresia risponde «si» alla prima domanda e «no» alla seconda. Il
clima caldo di 6 mila anni fa sarebbe preferibile e l'aumento dell'anidride
carbonica potrebbe aiutarci a ricrearlo. Non dico che questa eresia sia vera, ma
so lo che non ci farebbe male pensarci. La biosfera è la cosa più complicata con
cui l'uomo abbia a che fare. L'ecologia planetaria è ancora una scienza giovane
e poco sviluppata: non mi stupisce che esperti onesti e bene informati non si
trovino d'accordo sui fatti.
Ma al di là del disaccordo sui fatti c'è un disaccordo più profondo ed è sui
valori. Si può descrivere in modo iper semplificato come disaccordo tra
naturalisti e umanisti. I primi credono che la natura abbia sempre ragione: per
loro il valore più alto è il rispetto dell' ordine delle cose e qualsiasi goffa
interferenza degli uomini nell'ambiente naturale è un male. È un male bruciare i
combustibili fossili e sarebbe un male anche trasformare il deserto - che sia il
Sahara o un oceano - in un ecosistema dove le giraffe o i tonni prosperano. La
natura ha sempre ragione e qualsiasi cosa facciamo per migliorarla non porterà
che guai: questa etica naturalista è la forza propulsiva del Protocollo di
Kyoto.
L'etica umanista parte invece dall'idea che gli uomini sono una parte essenziale
della natura. È grazie alle nostre menti che la biosfera ha acquisito la
capacità di guidare la propria evoluzione e ora comandiamo noi. Noi umani
abbiamo il diritto e il dovere di ricostruire la natura in modo che la nostra
specie e la biosfera possano sopravvivere e prosperare. Secondo gli umanisti, il
valore più alto è la coesistenza armoniosa tra esseri umani e natura, mentre i
mali più grandi sono la povertà, la disoccupazione, la malattia e la fame,
perché sono condizioni che limitano le opportunità e la libertà delle persone.
L'etica umanista accetta l'aumento di anidride carbonica come un piccolo prezzo
da pagare per lo sviluppo e l'industrializzazione globale, se questi possono
alleviare le miserie di cui soffre metà dell'umanità. L'etica umanista accetta
la responsabilità di guidare l'evoluzione del pianeta. E' per questo che sono un
umanista.

lunedì 18 febbraio 2008

SE IL TUMORE SI DIFENDE DALLA CHEMIOTERAPIA

Le Scienze 20 Sett. ‘07

SE IL TUMORE SI DIFENDE DALLA CHEMIOTERAPIA

I risultati possono aiutare a spiegare per quale motivo l’espressione dei marker
Nanog e BMI1 sono stati associati alla resistenza alla chemioterapia e alla
radioterapia, nonché gli scarsi risultati del trattamento dei tumori della
prostata, del seno e dei polmoni
PAROLE CHIAVE
Tumori chemioterapia metastasi

I trattamenti anti-tumorali spesso sono in grado di ridurre le dimensioni della
neoplasia, ma alcuni di essi possono avere un effetto opposto, aumentando la
crescita della piccola popolazione di cellule staminali tumorali.
Di recente alcuni ricercatori hanno avanzato l’ipotesi che alcune terapie non
siano in grado di eradicare i tumori perché non riescono a colpire le cellule
staminali tumorali responsabili dello sviluppo della neoplasia.
Per verificarla, Vasyl Vasko, patologo della Uniformed Services University of
the Health Sciences di Bethesda, nel Maryland, insieme con i colleghi
del Institute for Drug Development del CRTRC di San Antonio e quelli della
Johns Hopkins University, ha misurato sia i marcatori di cellule staminali sia
il volume tumorale prima e dopo un trattamento chemioterapico in topi di
laboratorio affetti da una rara forma neoplastica, il condrosarcoma
mesenchimale.

In prima battuta si è potuto constatare come l’espressione di marker di cellule
staminali denominati Nanog e BMI1 fosse notevolmente aumentata nei tumori
metastatici rispetto a quelli primari, il che suggerirebbe “che l’espressione
dei marker svolge un ruolo nello sviluppo di metastasi”, come ha spiegato Vasko.

In seguito, agli animali sono state somministrate diverse terapie, dagli
inibitori della VEGF agli inibitori dei proteasomi, verificando come alcuni
trattamenti funzionassero, portando a una drastica riduzione delle dimensioni
dei tumori. Ma, secondo la relazione presentata ad Atlanta nel corso della
Seconda conferenza internazionale sulla diagnosi molecolare nello sviluppo delle
terapie oncologiche dell’American Association for Cancer Research, le analisi
dell’espressione delle cellule staminali ha rivelato un aumento dell’espressione
dei marker Nanog e BMI1.
Tale circostanza è stata interpretata ipotizzando che i trattamenti non possano
inibire del tutto la crescita tumorale e, anzi, che il tumore si difenda dalla
chemioterapia aumentando l’espressione dei marcatori di cellule staminali. I
marker, infatti, contribuiscono a definire la capacità delle cellule staminali
di rinnovarsi e di differenziarsi in differenti linee cellulari.

“Il piccolo numero di cellule che sopravvive al trattamento può generare un
altro tumore e dare il via alla metastasi”, ha concluso Vasko. “I nostri
esperimenti possono aiutare a spiegare per quale motivo l’espressione dei marker
in questione sono stati associati alla resistenza alla chemioterapia e alla
radioterapia, nonché gli scarsi risultati del trattamento dei tumori della
prostata, del seno e dei polmoni.” (fc)

ANOMALIE AI GENITALI IN AUMENTO TROPPI ESTROGENI NELL'AMBIENTE

La Repubblica 20 Sett. ‘07

ANOMALIE AI GENITALI IN AUMENTO TROPPI ESTROGENI NELL'AMBIENTE

L'allarme dal Congresso nazionale "Progressi in andrologia"
Un bambino su tre nasce con problemi, disfuzioni nello sviluppo
"Si controllano latte e carne ma non gli altri alimenti,
i cosmetici, i prodotti per l'igiene e soprattutto l'acqua"
di ANTONIO CAPERNA


UN ALLARME ambientale da estrogeni che provocano anomalie dell'apparato genitale
in un bambino su tre, ritardi nello sviluppo dei maschietti e precocità nelle
femmine. A sollevare il problema sono gli specialisti riuniti nel IV Congresso
nazionale "Progressi in andrologia" in corso a Villa San Giovanni.

"Il maschio è meno maschio", affermano gli esperti, "gli estrogeni sono ovunque:
aria, acqua, cibo, fiumi, perfino nelle plastiche, nei nastri adesivi da
imballaggio, nei pavimenti di vinile, negli inchiostri. Arrivano nel corpo anche
attraverso la pelle quando usiamo shampoo, saponi e cosmetici. Non c'è scampo".

Gli estrogeni infatti hanno la capacità di mimare gli ormoni naturali, inviano
falsi messaggi al corpo, bloccano i ricettori ormonali. "Gli stessi ormoni usati
per accelerare lo sviluppo e l'accrescimento di peso negli animali d'allevamento
- spiega Nicola Ilacqua, Presidente del Congresso - si trasferiscono nell'uomo
accelerando e sviluppando anomalie nell'apparato genitale maschile, molto
frequenti nei giovani che tendono all'obesità, in coloro che fanno una vita
sedentaria (solo computer, videogiochi) e che hanno un'alimentazione priva di
frutta e di verdura. Gli Enti preposti ricercano e controllano per lo più la
presenza di estrogeni a livello della filiera delle carni o del latte,
trascurando totalmente gli alimenti non animali, i prodotti cosmetici e quelli
per l'igiene personale, l'ambiente e soprattutto le acque".

Da qui l'aumento dei casi di impotenza, disfunzione erettile e patologie
vascolari, che generano problemi legati all'attività sessuale e provocano
infertilità. "Negli ultimi venti anni la percentuale di bambini che nascono con
i testicoli retratti, criptorchidismo, è aumentata di quattro volte - fa
presente Andrea Ledda, direttore scientifico del Congresso - La colpa è degli
estrogeni: sono distruttori endocrini che bloccano la produzione del 'ricettore
L3', che si trova nelle cellule fetali-neonatali, il quale condiziona la
differenziazione sessuale del feto. Ecco allora le anomalie nell'apparato
genitale maschile". "Inoltre - prosegue - gli estrogeni interferiscono nella
produzione del testosterone, fondamentale per la maturazione degli spermatozoi e
per il mantenimento delle ghiandole che li producono. E così si spiega il
problema dell'infertilità maschile, che diventa sempre più importante. Gli
spermatozoi che produce l'uomo moderno sono diversi da quelli che produceva
trenta anni fa: oggi sono pochi e di scarsa qualità".

La presenza di estrogeni nell'ambiente e negli alimenti sarebbe inoltre
associata a un incremento di alcuni tumori ormonedipendenti

il petrolio? non è «bio»

Il Sole24Ore 27 Sett. ‘07

il petrolio? non è «bio»

DI ROBERTO VACCA
L’origine del petrolio e del gas naturale non è biologica: risale alla
formazione del mantello e della crosta terrestre. I giacimenti a profondità di
alcuni chilometri, si formarono da petrolio e da gas che da masse profonde
filtrarono in alto. Ora le riforniscono dopo l'esaurimento. Le prospettive per
l'avvenire sono epocali. Dovremo effettuare ricerche e indagini raggiungendo
livelli profondi in molte aree per ottenere dati sicuri. Il processo per cui
giacimenti esauriti sono riforniti da fonti profonde avviene a ,velocità
diverse. Variano la pressione nei depositi profondi e l’impedenza degli strati
di roccia che li coprono. Il rapporto costi/benefici si minimizzerà perforando a
profondità minori per ridurre quell'impedenza, senza accedere ai profondi filoni
principali.
Da 5o anni si dice che petrolio e gas naturale stanno per finire. Si crede di
conoscere le riserve con precisione e di poter calcolare il tasso di svuotamento
concludendo che fra pochi
decenni il petrolio finirà: però la teoria ha basi incerte. Il primo a sostenere
(senza prove) che petrolio e metano sono prodotti della trasformazione di
materiale biologìco in decomposizione in molecole di idrocarburi fu Lomonosov
nel XVI II secolo, ma l'ipotesi fu già confutata ne) 1877 da Mendeleev, lo
scopritore della tavola periodica degli elementi.
Nel x992 il professor Thomas Gold pubblicò la teoria della profonda biosfera
calda, spiegando il meccanismo dell'accumulo di idrocarburi nei giacimenti
profondi. La fusione della Terra è stata sempre parziale e gli idrocarburi erano
presenti nella materia originaria che costituì il pianeta. Gli idrocarburi
fornisco
no sostanze nutrienti a forme di vita esistenti a grandi profondità nel mare. Ci
sono batteri ipertermofili che vivono a mo° C negli sfiati caldi sul fondo
marino. Estraggono ossigeno (con cui bruciano idrocarburi e ottengono energia)
riducendo ossido ferrico a formare ossido ferroso. È probabile che la vita abbia
avuto origine dalla biosfera profonda, senza sfruttare la fotosintesi.
Gli argomenti di Gold a favore dell'origine non biogenica di petrolio e gas sono
i seguenti: x. I giacimenti si estendono per chilometri senza relazione con
depositi sedimentari minori. a. I giacimenti sono presenti a livelli differenti
corrispondenti a epoche diverse e non sono correlati a sedimenti biologici- 3. I
depositi biologici non giustificano le enormi quantità di metano esistenti. q .
I depositi d'idrocarUuri in vaste aree contengono le stesse firme chimiche,
mentre le formazioni circostanti hanno età geologiche differenti. 5. Gli
idrocarburi contengono elio: gas chimicamente inerte, non associato con alcuna
forma biologica.
Nel 2002 J. Kenney dimostrò che le leggi della termodinamica proibiscono la
trasformazione a basse pressioni di carboidrati o altro materiale biologico in
catene di idrocarburi. Infatti il potenziale chimico dei carboidrati varia da
meno 38o a meno 20o kcal/mole: quello degli idrocarburi è positivo. Dunque la
trasformazione citata non può avvenire. Il metano non si polimerizza a pressione
bassa ad alcuna temperatura.
Accade, poi, che giacimenti di gas e petrolio esauriti si riempiano di nuovo.
Questo processo può essere alimentato solo da depositi profondi ripetendo la
sequenza di fenomeni che portò alla loro formazione iniziale.
Queste situazioni spiegano l'incremento delle riserve mondiali di petrolio del
72% tra il 1976 e il 1996. Invece non possiamo dedurre conclusioni generali
dalle statistiche della produzione globale, che dipendono da considerazioni
finanziarie e politiche, non da valutazioni di situazioni fisiche. La produzione
mondiale di petrolio crebbe del 19% dal 1995 al 2oo5, e la produzione Usa nello
stesso periodo calò del 18% (cioè dal 12.2 all' 8,q % della produzione
mondiale).
Negli anni 80 Gold convinse il Governo Svedese a fare una trivellazione profonda
nella Svezia centrale in un'area granitica di lava cristallizzata. Era priva di
sedimenti e non plausibile come fonte di idrocarburi. Presentava, però,
infiltrazioni di metano, catrame e petrolio attribuite a sedimenti organici
sovrapposti al granito e poi spariti. Si usò per le trivelle un fluido a base di
acqua onde evitare di contaminare il pozzo con oli esterni. A profondità di S km
si trovarono idrogeno, elio, metano e altri idrocarburi.
A G kxn si trovò una pasta nera maleodorante (segno di forte presenza batterica)
contenente molte molecole oleose. A 6,7 km si ottennero 12 tonnellate di
petrolio grezzo. Le teorie di Gold erano confermate. La Svezia interruppe
l'impresa, ma i vantaggi conseguibili sono enormi e giustificheranno gli
investimenti necessari: nuovi tentativi sono imminenti. Gli equilibri
internazionali cambieranno profondamente. I timori dell'esaurimento futuro
saranno fugati. Certo saranno sollevati tragici allarmi ecologici: (aumento
della CO, riscaldamento globale). Però, se la naturale evoluzione ciclica della
temperatura dovesse annunciare l'inizio della prossima era glaciale, si spera
che l'aumento della CO nell'aria renda più mite il raffreddamento globale.

MANDELBROT: NUVOLE E FOGLIE, COSÌ IL «CAOS» PUÒ AIUTARE LA MEDICINA

la gazzetta del mezzogiorno 13 nov. ’07

MANDELBROT: NUVOLE E FOGLIE, COSÌ IL «CAOS» PUÒ AIUTARE LA MEDICINA

A Bari lo scienziato Benoit B. Mandelbrot
L’inventore della rivoluzionaria «geometria dei frattali»
L'Universttà di Bari assegna Oggi alle 17 nell'Aula Magna dell'Ateneo la laurea «honoris causa» In Medicina e Chirurgia a Benott B. Mandelbrot, professore emerito dl Scienze Matematiche nell’Università di Yale. Il programma prevede Il saluto del rettore Corrado Petrocelli, la laudatio del preside Antonio Quaranta, la lettura del dispositivo del conferimento di Rosalia Ricco, direttore dei dipartimento di Anatomia Patologica, e la «lectio magistralts» di Mandelbrot sulle applicazioni dei frattali In anatomia e fisiologia
di DOMENICO RIBATTI
Benoit B. Mandelbrot, noto a livello internazionale per avere fondato la «geometria dei frattali», è nato a Varsavia nel 1924 da una famiglia di ebrei lituani. Si trasferì in Francia nel 1936, dove consegui all'b:cole Polytechnique di Parigi il diploma di ingegnere nel 1947 e la laurea in matematica nel 1952. Nel 1958 si trasferì definitivamente negli Stati Uniti, iniziando la sua lunga e fruttuosa collaborazione con l’113M, che lo portò alla elaborazione della sua teoria. Attualmente è professore emerito dell'università di Yale. Molti dei suoi saggi sono stati tradotti in lingua italiana.
La definizione più semplice descrive il frattale come una figura geometrica in cui un motivo identico si ripete su scala continuamente ridotta. Ingrandendo la figura si otterranno forme ricorrenti e ad ogni ingrandimento essa rivelerà nuovi dettagli. La parola «frattale» definisce una rappresentazione grafica composta di linee spezzate (dal latino fractus), dall'andamento apparentemente irregolare, che sono in sostanza delle strutture matematiche, capaci di esprimere comportamenti variabili in spazi anche molto piccoli.
Mandelbrot ha descritto in termini grafici forme e processi naturali, quantificando il loro grado di «erraticità» attraverso rigorosi metodi matematici. È nata cosi quella branca della matematica che Mandelbrot ha chiamato «geometria dei frattali» o «geometria frazionaria». A differenza della geometria euclidea, cosi rigida nel rappresentare il mondo visibile, e cosi lontana dal poter raffigurare le forme reali, la geometria dei frattali è capace di rappresentare fenomeni naturali complessi, non riducibili alle entità geometriche classiche come il punto, la linea, il quadrato, il cubo e la sfera. Nell'ambito dei fenomeni naturali complessi rientrano, ad esempio, i profili di una montagna o di una costa, le nuvole, la struttura ramificata degli alberi, le strutture cristalline e molecolari, le galassie.
Le foglie possono descriversi mediante costruzioni frattali in quanto i contorni frastagliati tendono a riprodurre in ogni parte la complessità del tutto: la felce è un esempio tipico in quanto ogni suo particolare è una replica in scala ridotta della struttura completa. La figura che viene ad essere generata è ottenuta fissando (lei numeri in una legge di trasformazione affine iterata migliaia di volte. Anche esaminanda i profili delle montagne o delle nuvole l'ingrandimento di una parte é indistinguibile dal profilo di una montagna intera perché si presenta frastagliato allo stesso modo e la scelta dei coefficienti numerici determina profili più aguzzi o più arrotondati.
Una caratteristica comune a tutti gli oggetti frattali è la autosimiglianza o invarianza di scala, che sta a significare che ad ogni scala di misura adottata la struttura appare simile a quella della scala precedente. Ogni tentativo di ridurre un frattale in parti più piccole produce come risultato l’emergere di altre strutture simili che a loro volta ne contengono altre e cosi via.
I frattali, data la loro irregolarità, hanno dimensione frazionaria. Per generare un frattale è necessaria una procedura che deve essere iterata all'infinito, cioè in sostanza è il risultato dell'evoluzione di un sistema dinamico. La complessità dei calcoli ha rappresentato un ostacolo a prog-ressi significativi in questo tipo di geometria fino all'avvento dei calcolatori negli anni Sessanta. La geometria frattale è alla base delle cosiddette teorie del caos che hanno applicazioni in chimica, biologia, meccanica dei fluidi, dove l'evoluzione dinamica di certi fenomeni può essere caratterizzata da una figura frattale.
Numerose sono le strutture che presentano una dimensione frattale osservabili nel nostro organismo durante lo sviluppo embrionale e nella vita postnatale, come ad esempio i vasi sanguiferi che si ramificano progressivamente in rami di ordine di grandezza inferiore, i neuroni che presentano ramificazioni di tipo asimmetrico, corrispondenti ai dendriti, che veicolano gli impulsi nervosi dalla periferia verso i centri nervosi, ed ancora la modalità di ramificazione dell'albero bronchiale a livello dell'apparato respiratorio. La teoria dei frattali ha trovato una sua applicazione anche in ambito patologico, come nello studio radiografico delle lesioni benigne e maligne della marmmella.

CHI ALTERA LA CONSUETA GRAFIA DELLE VOCALI A, E, O PUO NASCONDERE PREOCCUPANTI

Libero 20 nov. ’07

CHI ALTERA LA CONSUETA GRAFIA DELLE VOCALI A, E, O PUO NASCONDERE PREOCCUPANTI
DISTURBI CARDIACI

i risultati di ricerche inglesi
MARIO GALVANI
Ricerca inglese dimostra che un’analisi attenta della scrittura è in grado di
predire lo sviluppo di malattie cardiovascolari è stata condotta presso il Poole
Hospital, in Inghilterra, ed è stata presentata nel corso del recente congresso
dell'International Graplionomics Society tenutosi a Melbourne.
Un'esperta del problema, Christina Strang, ha coinvolto 100 persone, 61 delle
quali ricoverate nel nosocomio, e 41 sane dal punto di vista cardio-vascolare.
Non è E prima volta che la, scienziata si occupa di questi, temi. Recentemente
ha rivelato delle analogie tra tipologie grafologiche e malattie
neurodegenerative come il morbo di Alzaimer e il morbo di Parkinson. Dei
partecipanti al test ha considerato molti aspetti grafologici ha cui le
interruzioni di scrittura, il disegno anomalo di certe lettere e i cosiddetti
«resting dots", puntini marcati che, talvolta, vengono elaborati alla. fine
delle lettere.
La studiosa ha così rilevato che nelle persone malate di cuore c'è quasi sempre
una percentuale decisamente più alta di "resting dots" rispetto a quanto accade
nella donna. Ciò è vero in particolar modo per quanto riguarda le vocali a, e, o
questo punto lo scopo della scienziata è diventato quello di divulgare al più
presto i suoi studi su una rivista scientifica, cosa che secondo molti
ricercatori è alquanto improbabile.
«Sono fortemente dubbioso in tal senso» commenta il neuropsichiatra Penninder
Saclidey della New Souni Wales University, dopo aver letto il lavoro di Strang.
Sachdey sostiene che i cosiddetti "resting dots" possono essere semplicemente la
conseguenza di stanchezza, nulla a che vedere con il buon funzionamento delle
coronarie.
A fargli eco c'è Karen Stollinow dell'Australian Skepticst il quale afferma che
Strang non fa altro che proporre l'arcinota pseudoscienza grafologica.
«Non siamo tanto distanti dalla chiromanzia -- ha detto lo studiamo , Ritengo
che non ci siano evidenze scientifiche tali da correlare le malattie cardiache
allo stile della scrittura».
In Italia è invece Maurizio Carucci, dell'ospedale Fate bene fratelli e
Oftalmologico di Milano, a prendere le distanze dallo studio condotto in
Inghilterra: «,Sono molto scettico - dice -. Per malattie come il Parkison
probabilmente la grafologia può avere un significato (tutti sanno riconoscere
una scrittura tremolante), ma per le malattie del cuore penso sia azzardato
avallare una simile ipotesi».
In ogni caso la Strang ha fatto sapere che andrà avanti per la sua strada,
spalleggiata dal dottor Andreiv McLeod del Poole Hospital, il quale, all'inizio
dei test, si era detto scettico, ma ora sembra anche lui convinto delle teorie
della ricercatrice.
Dunque, in questi giorni partirà un nuovo test su larga scala per approfondire
l'argomento.
Strang è del parere che da questi studi si potrà giungere a una nuova tecnica
diagnostica, sicuramente meno invasiva delle tecniche attuali in dote alla
medicina ufficiale. Infine vale la pena citare una ricerca australiana che in
qualche modo dà adito alle conclusioni della Strang.
Esperti della Monash University hanno infatti studiato l'impatto dell'alcol
sulla scrittura, verificando che, chi beve oltremisura, ha uno stile di
scrittura pecullare, decisamente "più ampio" rispetto alla normalità.
I risultati della ricerca della Strang presentano dunque aspetti che possono
trovare verifiche anche oltre le specifiche caratteristiche della tematica
originaria.

SE IL MALATO È UN ROBOT

La Repubblica 7 dic. ’07

SE IL MALATO È UN ROBOT

Manifesta settanta patologie, si fa operare senza protestare, segue le terapie e
se muore torna subito in vita. Il paziente perfetto è un androide americano che
serve da cavia. In Italiane esiste un solo esemplare: a Padova
FRANCESCO JORI
PADOVA L'ESATTO contrario di Argante, l'ipocondriaco malato immaginario di
Molière. Non solo è un paziente a tutti gli effetti, malo è pure a tempo pieno,
visto che arriva a manifestare fino a una settantina di patologie diverse. Segue
le terapie nel più ortodosso dei modi, si uniforma senza protestare alle
decisioni dei medici, ed è talmente affezionato alla parte che se muore torna
subito in attività. Gli manca (per ora) solo il nome: perché si tratta di un
androide provvisoriamente battezzato con la sigla HPS (Human Patient Simulator),
prodotto negli Stati Uniti dalla Meta, e oggi come oggi unico nel suo genere in
Italia. Presta servizio alla Clinica di Anestesia e Medicina intensiva
dell'università di Padova, dove è diventato uno strumento prezioso per la
formazione e l'aggiornamento dei medici non solo locali: l'agenda dei corsi è
piena fino a tutto il2008, arrivano prenotazioni anche dall'estero, nei giorni
scorsi è stato il turno di un gruppo di camici bianchi cinesi e giapponesi.
«Un'opportunità unica per andare oltre le frontiere della formazione
tradizionale, attraverso una simulazione avanzata che permette di riprodurre
ambienti e situazioni reali, e di lavorare sui più diversi scenari clinici»,
commenta il professor Carlo Ori, docente di anestesiologia e rianimazione
all'università di Padova, di fatto il medico di fiducia del malato a tempo
pieno.
Tutto comincia a fine anni Novanta, quando il professor Giampiero Giron, nome
storico dell'anestesia e rianimazione della scuoia clinica padovana, partecipa a
un congresso medico negli Stati Uniti; in uno stand vede un manichino
supertecnologico, e cogliendone le potenzialità ai fini didattici riesce a
ottenere un finanziamento per l'acquisto. Naturalmente, il robot da solo non
basta: occorre costruirgli attorno un ambiente dedicato (macchinari, materiali,
software, eccetera). Alla fine, la realizzazione del progetto comporta un
investimento attorno ai 750mila euro, ma 1i vale tutti: «Questa è la didattica
del futuro, basata su una realtà virtuale cosi realistica da confondersi con
quella reale», osserva Giron. Dal canto suo Ori, per rendere l'idea delle
potenzialità dell'iniziativa, ricorre a una frase di Benjamin Franklin: «Dimmelo
e me lo dimenticherò, insegnamelo e posso ricordarmelo, coinvolgimi e lo
imparerò. Ecco, qui il medico è davvero coinvolto anche emotivamente». E
racconta l'episodio che ha avuto come protagonista una sua specializzanda:
«Stavamo sperimentando il soccorso ad un traumatizzato con forte perdita di
sangue. Lei somministrò un eccesso di liquidi, il manichino subì un edema
polmonare, e nella simulazione morì. IL giorno dopo la specializzando mi
confessò di avere avuto incubi per tutta la notte, e aggiunse: non sbaglierò
più».
II malato-robot è in grado di resistere a questo ed altro: da un infarto del
miocardio a uno sfondamento de1 torace, da un grave trauma cranico a una
setticemia da perforazione del colon, da un'insufficienza respiratoria aggravata
da broncopolmonite a un'emorragia da rottura di un aneurisma dell'aorta. Muove
gli occhi, piange, gonfiala lingua, fa scattare la mano, reagisce ad ogni
stimolo; ha una sua fisiologia, un suo sangue, una sua orina, respirando emette
anidride carbonica esattamente come noi; è programmabile con una serie di
varianti che consentono di modificare il sesso, l'età, perfino la razza. Spiega
Ori: «Grazie a questi programmi impostiamo il tipo di paziente che vogliamo, per
esempio maschio caucasico di40 anni, e gli applichiamo gli scenari clinici che
ci interessa riprodurre. Gli somministriamo anche dei farmaci: è in grado di
riconoscerne un centinaio, e di reagire a ciascuno di essi. Se gli si dà un
medicinale per la pressione alta, questa diminuisce».
IL manichino vive in pianta stabile in una sala operatoria riprodotta con tutti
i dettagli possibili, incluso un monitor che misura il segnale elettrico da lui
prodotto durante le simulazioni e che registra in tempo reale le conseguenze di
eventuali errori umani; a fianco c'è una vera e propria sala-regia che controlla
ogni fase degli interventi, e li registra. Il tutto grazie a un'équipe che al
professor Ori affianca i medici Fabio Baratto e Massimo Micaglio, e per la parte
tecnico-logistica Daniele Zotti, Nicoletta Mansueto ed Elsa Scagnoli: tutte
persone che considerano e trattano l'androide come uno di famiglia, tanto si
sono abituate a conviverci. Dell'esperienza fin qui maturata, Ori è più che
soddisfatto: «Si dice che sbagliando s'impara, ma in medicina non celo si può
permettere. Ecco, adesso possiamo dire che simulando si può anche sbagliare».
Originale è pure il metodo impiegato nelle esercitazioni: «Non c'è uno che
insegna e gli altri che seguono. Lavoriamo con piccoli gruppi, in cui ognuno
svolge liberamente il proprio compito, e all'interno dei quali ci sono dei
"complici" che preparano i vari scenari possibili. Il tutto è ripreso da quattro
telecamere; alla fine c'è una riunione in cui si rivede quanto fatto, e si
discutono insieme interventi ed errori». Il quadro è completato da un sito
internet (www.istar.unipd.it) che spiega i dettagli del progetto e ne registra
gli aggiornamenti.
Il fatto che si tratti di una realtà operativa inserita all'interno di un
contesto ospedaliero (il centro ha 32 letti in 4 unità di terapia intensiva, e
tra le varie anestesie del complesso padovano segue in un anno circa 30mila
pazienti) consente di associare alla simulazione la parte clinica. Il progetto
che ruota attorno al manichino è destinato infine a diventare anche fonte di
ricerca; e intanto, i soldi raccolti con l'organizzazione dei corsi vengono
destinati a finanziare borse di studio e periodi di formazione di giovani
ricercatori all'estero. Sarà anche un malato professionista, ma così docile e
produttivo chi non lo vorrebbe avere tra i propri pazienti?
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LE CARATTERISTICHE DEL ROBOT
Gli occhi si muovono,si chiudono praticando l'anestesia e si riaprono al
risveglio.
Le pupille si dilatano e si restringono sotto l'effetto della luce.
Gli organi genitali possono essere sia maschi che femminili.
Si può inserire un catetere nel tratto urinario per facilitare il flusso
dell'urina.
La cassa toracica si alza e si abbassa a ogni respiro.
Si possono diagnosticare eventuali emorragie interne inserendo un ago nel torace
ed estraendo il liquido.
II battito cardiaco si può modificare per simulare un'aritmia.
In caso di arresto cardiaco, si può tentare la rianimazione con un massaggio
con il defibrillatore.
Le pulsazioni arteriose si possono avvertire sia sui polsi che sui piedi.
Le vene contengono un liquido simile al sangue e si possono incannulare;
si può misurare la pressione.

CELIACHIA, RECORD ITALIANO

Corriere della Sera 9 gen. ’08

CELIACHIA, RECORD ITALIANO

Più malati, ora sono mezzo milione Allo studio vaccino e pillola-tampone
Chi non ha presente l' immagine di un bambino malnutrito, la pancia globosa, le
costole sporgenti, gambe e braccia sottilissime. Stessa immagine di chi convive
con l' anoressia. E pensare che c' è una patologia in aumento in Italia e che
offre le stesse immagini, con la differenza che chi ne soffre mangia. È l'
intolleranza al glutine (complesso proteico presente nei derivati di grano,
segale e orzo), meglio nota come celiachia. La predisposizione è genetica, ma
non è una malattia genetica. Dieci, trenta per cento di possibilità di avere un
figlio celiaco quando uno dei genitori è ammalato. La cura esiste: è la dieta.
Ma soltanto un intollerante su sette sa di esserlo: anche perché l' espressione
della malattia può avere più sfumature, da totale intolleranza a parziale. «Se
oggi in Italia vivono 500 mila celiaci - spiega Maria Teresa Bardella,
gastroenterologa, responsabile del Centro per la prevenzione e la diagnosi della
malattia celiaca della Fondazione Policlinico di Milano - soltanto 70 mila sanno
di esserlo». Tra questi molti nomi noti, che vivono controllando i cibi che
comprano e frequentano ristoranti e pizzerie accessibili per loro. Qualche
esempio: l' avvocato Giulia Bongiorno, il conduttore Daniele Bossari, l' attrice
Claudia Koll, la conduttrice e attrice Gaia De Laurentis madre di un bimbo
celiaco. Importante sapere che volti noti siano intolleranti al glutine, perché
il vero risvolto negativo per un giovane celiaco è avere limitazioni che gli
altri non hanno. La merendina a scuola, la pizza con la classe, perfino il
panino con il salame (il glutine è spesso usato nei salumi come addensante)
vietato può far sentire diverso. La gioia di una mamma dopo l' aver scoperto che
Bossari è «uguale» a suo figlio: «Mentre era in onda Furore l' ho indicato a
Giovanni, che ha due anni e mezzo: "Guarda anche lui non può mangiare il pane
come te" e lui lo ha subito detto al padre qualche giorno dopo. Ho avvertito
che, così, non si sentiva più "strano"». È nel 1964 che si scopre nel glutine la
causa di tante malnutrizioni o morti nei primi anni di vita (difficile
sopravvivere senza assimilare e colpiti continuamente da gastroenteriti,
considerando poi che soprattutto per i poveri italiani pane, pasta e pizza sono
sempre stati l' unica dieta). Un paradosso nel Paese delle tre P cardine dell'
alimentazione scoprire che siamo anche i più intolleranti al mondo, e in
continua crescita, al glutine. I numeri aiutano a capire: un malato ogni 2-3
mila negli Anni 80, uno ogni mille negli Anni 90, uno ogni 150 oggi. Escalation
continua. Mentre la ricerca medico-scientifica è stata per anni asfittica fino a
quando non sono entrati in campo gli Stati Uniti. Dagli Anni 90, anche loro
hanno scoperto la celiachia e subito è partita la macchina scientifica.
Risultato: è in sperimentazione un vaccino (prevenzione) e una pillola tampone
che annulla gli effetti deleteri della reazione delle cellule intestinali al
transito del glutine. Una spiegazione è d' obbligo: quando nell' intestino di un
intollerante arrivano le molecole del glutine la reazione di difesa che ne
consegue, oltre a un' infiammazione che porta a coliti o a enteriti, è quella di
un appiattimento totale o semitotale delle cellule (villi) deputate ad assorbire
i principi nutritivi del cibo. In conclusione, il celiaco mangia e non assorbe.
Spiega Silvio Danese, ricercatore della gastroenterologia dell' Humanitas di
Rozzano: «L' ingestione di tutti gli alimenti che contengono glutine, come pane,
pasta ecc., porta alla produzione di una serie di auto-anticorpi, come gli anti-
tranglutaminasi e gli anti-endomisio, che "aggrediscono" la mucosa del piccolo
intestino (cioè il tenue), determinando una reazione infiammatoria a livello dei
villi, le strutture implicate nell' assorbimento dei cibi digeriti. L' atrofia
villare porta clinicamente a una sindrome che si chiama malassorbimento».
Predisposizione genetica come concausa, un' enterite virale nei primi mesi di
vita forse la causa (quella più accreditata) o comunque le nostre stesse
molecole che per difesa danno vita a un' infiammazione. Il Gaslini di Genova, l'
università di Verona (che peraltro sta studiando anche il ruolo protettore dei
probiotici della Yakult) lavorano sul vaccino dopo aver individuato la causa
virale (Rotavirus). Sul meccanismo di difesa dell' intestino che contrasta l'
azione infiammatoria autoimmune determinata dal glutine stanno invece lavorando
Telethon del San Raffaele di Milano, l' ospedale Moscati di Avellino e la
Pediatria del Federico II di Napoli. Ricerche che fanno capo all' Istituto di
Scienze dell' alimentazione del Cnr. L' interleuchina-10 potrebbe essere la
soluzione. Tra qualche anno si saprà. Sempre interleuchina, ma 12, protegge
dalle allergie secondo i ricercatori dell' Istituto di Norwich (Gran Bretagna),
e quindi, perché no, anche dalle intolleranze. All' università di Padova,
invece, sono in corso osservazioni sul ruolo di una chitinasi scoperta nel 2001.
Insomma, si lavora. Nel frattempo, unica cura la dieta. E la diagnosi: al
momento delle continue corse in bagno, della magrezza ingiustificata, di una
stanchezza anormale in un giovane, è il pediatra che deve dirigere verso la
giusta diagnosi. Come si fa? Una biopsia in gastroscopia. E' la vera certezza.
Insieme a un test del sangue in ospedale. C' è anche un test da fare a casa: su
una goccia di sangue, risultato in 5 minuti. Se è positivo, però, meglio
effettuare indagini più approfondite. A proposito di test: quali i sintomi?
«Diarrea, mal di pancia, stanchezza, perdita di peso, anemia, dolori alle ossa e
dermatiti», sintetizza Maria Teresa Bardella. Tutto scompare rinunciando a pane,
pasta, merendine e croissant. Anzi, oggi, senza rinunciare a nulla perché ormai
esiste una vera e propria industria alimentare che lavora senza glutine. Ma non
ci sono carenze vitaminiche? «Assolutamente no - risponde la Bardella -
praticamente le proteine del glutine non servono a nulla».
Pappagallo Mario

CASE FARMACEUTICHE: IL BUSINESS DELLA SALUT

La Repubblica 8 gen. ’08

CASE FARMACEUTICHE: IL BUSINESS DELLA SALUTE

Per promuovere i loro prodotti le case farmaceutiche Usa spendono il doppio
rispetto alla ricerca. Così il marketing persuade i medici

ELENA DUSI
associazione americana degli studenti di medicina ha proposto di integrare il
giuramento di Ippocrate: «Prenderò le mie decisioni libero dal l'influenza della
pubblicità. Non accetterò denaro, regali od ospitalità che mi mettano in
conflitto di interessi con la professione». Negli Usa, che da soli ingoiano la
metà delle pillole del mondo, le industrie farmaceutiche spendono per ogni
camice bianco l'equivalente di 40mila euro in marketing. Fra i mezzi di
pressione più usati: visite dei rappresentanti farmaceutici, campioni omaggio di
farmaci, regali, inviti ai congressi. Ma nel bouquet del dirigente di marketing
non mancano i finanziamenti alle società scientifiche (che raccolgono tutti gli
specialisti di una disciplina), l'accordo con i medici affinché conducano nuovi
esperimenti su un farmaco per allargarne il raggio di prescrizione o l'acquisto
di pubblicità sulle riviste di settore. Si arriva casi all'assurdo: per
pubblicizzare un farmaco si spende il doppio di quanta non costi produrlo e
testarlo.
Il dato arriva da una studio di due docenti dell'università del Québec di
Montreal, Marc-André Gagnon e Joel Lexchin. «Le industrie farmaceutiche
statunitensi nel 2004 hanno speso 57,5 miliardi di dollari per la promozione dei
loro medicinali, contro i 31,5 miliardi spesi per ricerca e sviluppo di nuovi
prodotti» scrivono sulla rivista Public Library of Science Medicine.
n euro la cifra si traduce in 39 miliardi contro 21,4 ed è indice di cattiva
salute per due ragioni: da un lato il piatto della bilancia della pubblicità è
sempre più pesante (la spesa secondo Gagnon e Lexchin cresce di un miliardo di
dollari all'anno); dall'altro la ricerca di nuovi medicinali gira a vuoto o
quasi. Il 90% dei profitti delle case farmaceutiche arrivano da prodotti vecchi,
in commercia da più di 5 anni. Quasi la metà delle pillole "blockbuster"
(campioni di vendite) entro il 2009 non darà più profitto perché i brevetti sana
in scadenza. E il mancato guadagno per le aziende toccherà i 106 miliardi di
euro l'anno. «In psichiatria è dai tempi del Prozac che non abbiamo novità di
rilievo. Si conducono sperimentazioni sempre più complesse e costo se per
affinare la conoscenza dei farmaci tradizionali, ma di veri progressi neanche
l'ombra» spiega Giovanni Battista Cassano dell'università di Pisa. Se una gamba
zoppica (l'innovazione), la reazione delle case farmaceutiche sembra essere
quella di rinforzare l'altra: la pubblicità.
La maggioranza dei medici nega che il marketing delle case farmaceutiche
influenzi le loro prescrizioni. Ma il procuratore capo di Verona, Guido Papalia,
la pensa diversamente. «Una nostra inchiesta nel 2003 ha coinvolto 23rnila
medici per comparaggio, ma la maggior parte dei casi è finita in prescrizione.
Per altri professionisti accusati di corruzione e associazione per delinquere il
dibattimento è ancora in corso. La casa farmaceutica Glaxo di fronte alle accuse
ha finito con il patteggiare 2milionidieuroperreatosocietario». Fra i regali
ricevuti dai medici: computer, impianti stereo,libri o nei casi di comparaggio
una percentuale sulle vendite dei farmaci. «L'inchiesta scattò a febbraio -
racconta Papalia - e il mese dopo la Guardia di Finanza ci fornì i nuovi dati di
vendita dei farmaci. In ogni regione d'Italia a eccezione del Lazio le
prescrizioni erano diminuite traf8 e il 10%».
II conflitto di interessi travalica i confini della professione medica per
toccare il giornalismo. A gennaio 2003, dopo un convegno a Santo Dorningo con
una trentina di reporter invitati a spese della Schering, uscì la notizia di una
nuova pillola anticoncezionale in grado di rendere la pelle più bella. La
Medicines Control Agency (agenzia britannica per la regolamentazione dei
farmaci) bollò quegli articoli come "pubblicità ingannevole".
«Le case farmaceutiche -concludono Gagnon e Lexchin - amano farsi raffigurare
come enti impegnati a promuovere la nostra salute. Ma i nostri dati dimo
strano che è il marketing la vera benzina che fa marciare i loro motori». Nel
numero di venerdì scorso la rivista fama Journal of the American Medical
Association) ha analizzato i rapporti finanziari fra singoli medici e industrie
negli Usa. Sfruttando una legge sulla trasparenza che è stata introdotta in sei
stati, la rivista è riuscita a documentare compensi che in alcuni casi
sfondavano il tetto dei 600mila euro per un singolo professionista. Ma se in
Europa e Stati Uniti alcuni codici etici e nuove leggi per la trasparenza
aiutano quantomeno a far uscire dal torbido i legami fra medici e case
farmaceutiche, è nei paesi emergenti che si consuma una vera guerra senza
esclusione di colpi. Secondo l'azienda americana specializzata in studi di
settore ImsHealth, il futuro del mercato è nei 7 paesi "Pharmerging": Cina,
Brasile, Messico, Corea del Sud, India, Turchia e Russia, che marciano con tassi
di sviluppo del 12-13 per cento annuo. «Da noi-ha raccontato un medico indiano
citato nell’ultimo rapporto "Farmaci, medici e cene" dell'associazione Consumers
International - chi prescrive mille confezioni di un farmaco riceve un
cellulare, 5mila danno diritto a un condizionatore, l0 mila a uno scooter».

FARMACI SBAGLIATI A UN BAMBINO SU TRE

Corriere della Sera 21 gen. ’08

FARMACI SBAGLIATI A UN BAMBINO SU TRE


Errori nei dosaggi e nelle prescrizioni
A uno su tre vengono date in modo sbagliato, spesso per disattenzione dei
genitori oppure per disinformazione dei medici. A volte perché non c' è altra
scelta. Così anche nei giorni scorsi all' Agenzia italiana del farmaco (Aifa) i
ventidue esperti delle medicine per bambini hanno dovuto impugnare carta e penna
per sconsigliare ai pediatri di prescrivere, per dire, gli spray nasali contro
il raffreddore ai minori di 12 anni. Lo hanno fatto con una dear doctor letter,
la comunicazione ufficiale con la quale l' Aifa dà indicazioni sull' uso dei
medicinali. Identico avviso arriverà a febbraio sugli antivomito: «Sul
domperidone e il metoclopramide ci sono pochi studi sugli effetti in età
pediatrica». È allarme sulle pillole e sugli sciroppi fatti prendere ai bambini
in maniera scorretta. Il più delle volte tra le mura domestiche. Le due note
informative dell' Aifa sono la punta dell' iceberg di un fenomeno che solo a
Milano fa finire al Pronto Soccorso otto bambini al giorno: «In troppi vengono
curati con medicine sbagliate per dosaggio, indicazioni terapeutiche, età cui
devono essere somministrate - denuncia Maurizio Bonati, coordinatore del Gruppo
di lavoro multidisciplinare sui farmaci pediatrici, composto da rappresentanti
dell' Aifa, clinici, specialisti e ricercatori -. Il 2% viene poi ricoverato in
ospedale proprio per reazioni negative ai farmaci». Medicine a rischio Sotto
accusa soprattutto le cure fai da te e le prescrizioni non mirate ai bambini. I
medicinali coinvolti sono quelli di uso frequente: dagli antibiotici, agli
antipiretici fino agli antivomito e agli antiallergici. «È uno sbaglio pensare
che il problema coinvolga le medicine utilizzate raramente - insiste Bonati, a
capo anche del Dipartimento materno-infantile dell' Istituto Mario Negri -. Gli
effetti collaterali colpiscono soprattutto i più piccoli». Tra gli errori più
diffusi, farmaci contro la febbre come il paracetamolo dati con dosi superiori
al dovuto, antiasmatici usati per curare la tosse, pastiglie a base di cortisone
somministrate per curare le infezioni alle vie respiratorie, antiulcera
sconsigliati sotto i 2 anni ma prescritti lo stesso. «Non bisogna provocare
allarmismi inutili, ma per limitare l' uso sbagliato dei farmaci, la cosiddetta
malpractice, vanno chiamati in causa sia i medici sia i genitori - spiega
Marcello Giovannini, docente di Pediatria all' Università Statale di Milano e
direttore del Dipartimento materno-infantile dell' ospedale San Paolo -. I primi
devono aggiornarsi continuamente per conoscere nei dettagli gli effetti negativi
segnalati per i vari medicinali. I secondi non devono fare prendere nulla ai
bambini senza prima consultare il medico di famiglia». Danni da farmaco Il
farmacologo Michele Carruba ha avvertito più volte: «I danni da farmaci non
vanno sottovalutati». In un caso su due la somministrazione errata di pillole e
sciroppi comporta sfoghi sulla pelle (eritemi, dermatiti, orticaria) oppure
problemi gastrointestinali (vomito, in primis). «Purtroppo, però, le reazioni
negative possono essere anche più gravi - sottolinea Bonati -. Gli studi
condotti dall' Aifa mostrano che i bambini possono avere effetti collaterali di
tipo neurologico, psichiatrico e respiratorio. Tutte conseguenze che spesso
comportano il ricovero in ospedale o, per lo meno, una richiesta d' aiuto al
Pronto Soccorso. Non solo: un' indagine realizzata su un campione di 1.059
bambini mostra che il 39% ha avuto problemi seri. In particolare quelli sotto i
due anni». L' Aifa adesso punta soprattutto sulla prevenzione. Il pool guidato
da Bonati è nato nel 2006 proprio con lo scopo di monitorare l' uso dei farmaci
in età pediatrica. «L' obiettivo è realizzare a breve un prontuario pediatrico
per limitare l' utilizzo indiscriminato delle medicine nei bambini - anticipa
Bonati -. Nel frattempo controlliamo i problemi legati alla loro
somministrazione e insistiamo sull' informazione costante ai medici». Allarme
internazionale Non solo a casa. I farmaci vengono utilizzati al di fuori delle
indicazioni riportate sulla scheda tecnica o sul foglietto illustrativo anche in
ospedale. Tecnicamente si parla di uso off label (fuori etichetta). «Ma qui non
c' è altra scelta - dice Giovannini -. È una questione di sperimentazione, quasi
inesistente in età pediatrica. Per le industrie farmaceutiche i bambini sono
antieconomici. Sullo sfondo, poi, c' è un problema difficile da risolvere: i
bambini non possono fare i volontari sani nelle sperimentazioni come gli
adulti». E ora gli esperti chiedono ai colleghi medici e ai cittadini di
segnalare i problemi legati all' uso di una medicina. «Per riuscire a prevenirli
in modo sempre più efficace». Del resto, il fenomeno dei danni da farmaco supera
i confini dell' Italia. Giovedì scorso, la Food and Drug Administration, l'
agenzia Usa per il controllo sul mercato dei medicinali, ha diffuso un avviso
«per il rischio di pericolosi effetti collaterali» per le pastiglie
antiraffreddore, le gocce per il naso e gli sciroppi antitosse somministrati
prima dei 12 anni. sravizza@corriere.it
Ravizza Simona

MA NESSUNO STUDIA CURE DEDICATE SOLO AI PICCOLI

Corriere della Sera 21 gen. ’08

MA NESSUNO STUDIA CURE DEDICATE SOLO AI PICCOLI

E l' Oms lancia l' allarme
«Medicine appropriate per i bambini». Uno slogan, ma anche un allarme. Scelto
dall' Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) per lanciare una campagna di
sensibilizzazione affinché i medicinali per i bambini siano verificati sui
bambini. Siamo nel dicembre 2007. Poco più di un mese fa. Tardi rispetto al
mercato e ai rischi. Tardi rispetto al 1968, quando per la prima volta una
rivista pediatrica definì i bambini «terapeuticamente orfani». Tradotto: privi
di cure studiate per loro. I farmaci si sperimentano sugli adulti e si approvano
anche per i piccoli consumatori, adeguando semplicemente i dosaggi. Troppo
costoso e troppo rischioso testarli sui piccoli. Tanto tempo in più per l'
approvazione. Ci sono voluti quasi 40 anni per muovere le acque. E ancora oggi,
non solo in Italia, un baby paziente su tre, a casa o in ospedale, prende
farmaci non sperimentati per lui. Funzionano lo stesso. Non senza rischi. Ogni
giorno, a Milano, almeno otto ricoveri di bambini al Pronto Soccorso riguardano
effetti avversi ai farmaci: per sovradosaggio o per inefficacia da
sottodosaggio. Alcuni medicinali per malattie gravi non prevedono addirittura l'
indicazione pediatrica e sono difficili da reperire anche in ospedale. Accade
per diversi tumori o per l' Aids (l' 80-90 per cento dei farmaci per l' Hiv sono
solo per adulti). E allora? Che cosa si fa? «Si fa come sempre: si adegua un
farmaco per adulti al peso del bambino», risponde Ercole Concia, clinico
infettivologo dell' università di Verona. E' l' Oms a dare le indicazioni.
«Esatto - continua Concia -. Prendiamo per esempio la profilassi della malaria.
Tanti italiani vanno per turismo nei Paesi dove è endemica e spesso portano con
loro i figli piccoli. Ebbene i farmaci esistenti sono per adulti e noi ci
adeguiamo. L' Oms dice: dividere in 8 parti le compresse e poi somministrarle in
base al peso. Difficile poi sapere quanto sia preciso il dosaggio». Se basso la
malaria incombe, se alto il fegato ne può soffrire. Tutto sbagliato, avverte
Maurizio Bonati del «Mario Negri» di Milano: «Il bambino non è un adulto in
formato ridotto. Il bambino ha organi in crescita, ha un metabolismo dei farmaci
particolare». Rischi: effetti collaterali indesiderati (per esempio a livello di
fegato e reni), inefficacia se il dosaggio non è giusto, aumento di virus e
batteri resistenti. «Non solo in ospedale - dice Roberto Burgio, «padre» della
Pediatria italiana e professore emerito a Pavia -. Da anni predico a genitori e
medici di non prescrivere antibiotici quando la malattia è virale. Eppure si
continua per il timore delle complicanze. Ma se si pensa ai dosaggi sbagliati,
ancora di più si creano super resistenze tra virus e batteri». E poi negli
ospedali si muore per infezioni non più controllabili. «Verissimo. Più vittime
di quelle degli incidenti stradali», è duro Concia. «Sono per lo più adulti, ma
il problema parte da lontano. E anche la qualità e la preparazione dei
medicinali è fondamentale. Un dosaggio sbagliato crea danni, soprattutto in
ospedale quando le malattie sono di una certa gravità. Sicurezza, efficacia,
qualità vanno controllate sia a livello centrale per quanto riguarda la fase
produttiva (il ministero con l' Agenzia del farmaco, l' Aifa) sia a livello
periferico (le farmacie ospedaliere). Ed è giusta una particolare attenzione per
quanto riguarda i bambini». Dal 29 al 30 gennaio, a Catania, un convegno sarà
dedicato proprio alla «Qualità, sicurezza ed efficacia dei farmaci». Concia
parteciperà con dati che riguardano le malattie infettive. «Oggi più di ieri la
dose deve essere precisa, né maggiorata né diminuita. Stiamo entrando nell'
epoca post-antibiotica con errori alle spalle che pesano, perché nuovi
antibiotici non ci sono. E di fronte a batteri o virus resistenti a volte
facciamo fatica. A volte siamo impotenti. In questi giorni abbiamo tolto un
polmone a una giovane africana, 18 anni, per fermare una tubercolosi multi
resistente. Un tentativo per salvarle la vita, ricorrendo a una tecnica che si
usava quando le cure non esistevano. Perché la giovane è arrivata a questo?
Perché da bambina la sua tubercolosi, per due anni, è stata curata con dosaggi
non corretti. Ed ecco la super resistenza dei micobatteri. Un altro esempio: un
ragazzo dell' Est con il morbo di Pott (la vecchia tubercolosi ossea). In Italia
nessun medico la ricorda. Oggi dobbiamo fare i conti con il villaggio globale
della malattia. E per virus e batteri super resistenti, ricchi e poveri contano
poco». A cominciare dai bambini. «Terapeuticamente orfani». Così accade per
malattie rare, o che colpiscono Stati molto poveri, e che non rappresentano un
mercato allettante per chi investe in ricerca. Si parla di «farmaci orfani» o di
«malattie orfane». Solo negli ultimi anni sono state date garanzie alle aziende
impegnate nella ricerca di cure per malattie rare (10-20 bambini al massimo per
Paese), come l' americana Genzyme, nate all' inizio quasi per scommessa. Oggi
hanno esclusive di mercato più lunghe nel tempo rispetto a chi brevetta molecole
per morbi più diffusi. Per il resto, cioè le sperimentazioni sui bambini per i
bambini, le vere novità sono recenti. Slogan dell' Oms e direttive delle agenzie
per l' approvazione dei farmaci (Fda negli Stati Uniti, Emea per l' Europa) sono
ora al via. Un anno fa circa, un decreto europeo per i farmaci ad uso pediatrico
ha imposto alle aziende farmaceutiche di fornire specifiche informazioni
riguardanti l' uso dei loro prodotti sui bambini. Cosa analoga negli Stati
Uniti. Una candelina dopo l' allarme di 40 anni. Perché tanta attesa? Perché
sperimentare sui bambini, oltre a problemi etici e legali (ad esempio i vaccini:
negli Stati Uniti non è facile sperimentarli sui bambini e spesso i test di
massa avvengono altrove), costa di più. Così come costa di più sperimentare
farmaci su giovani donne: test più lunghi a causa dell' interferenza dei cicli
mestruali. Non parliamo poi delle donne in gravidanza (costa meno l' avvertenza:
non utilizzare). Il caso talidomide insegna: un sonnifero che riempì il mondo di
bimbi focomelici. Meglio non dimenticare.
Pappagallo Mario

Come Clinton favorì la new economy

Come Clinton favorì la new economy

Il Riformista del 11 dicembre 2006, pag. 3

di Fabrizio Spagna

Gli Stati Uniti rappresentano senza dubbio il motore dell'eco­nomica mondiale. In molti casi i modelli di sviluppo nati negli Usa sono stati rapidamente esportati tanto da diventare fenomeni glo­bali. Un esempio su tutti è rap­presentato di sicuro dall'econo­mia della conoscenza meglio no­ta come «new economy». Gli Stati Uniti, proprio grazie all'e­nergia sprigionata da questo modello di sviluppo, hanno potuto godere di un decennio di forte crescita senza mai evidenziare al­cun segnale di rallentamento. Un fenomeno senza pre­cedenti che è coinciso con gli anni in cui Bill Clinton era alla Casa Bianca assieme al suo vice Al Gore.



Le domande che legittimamente si pongono sono: qual è il motore che gene­ra queste innovazioni di pensie­ro, prima ancora che tecnologi­che e di processo, e qual è il ruo­lo della politica in quest'ambi­to? Queste domande appaiono quanto mai di attualità se si con­sidera che i Democratici hanno appena vinto le elezioni di me­dio termine negli Stati Uniti e si apprestano, secondo i più auto­revoli sondaggi, a riconquistare tra due anni la Casa Bianca.



Va detto che le opinioni su questo argomento sono contra­stanti. In Silicon Valley, proprio l'epicentro da cui si è propagato in tutto il pianeta il fenomeno della new economy, si tende in generale a minimizzare. Le scelte di politica economica rappresen­tano le regole del gioco all'inter­no delle quali è l'imprenditore che con le sue quattro C (creati­vità, competenza, caparbietà e coraggio) crea il vero sviluppo economico. Un ragionamento formalmente corretto che però sottovaluta l'importanza delle regole nel definire il quadro delle conve­nienze per quell'imprenditore che, comunque, deve poter con­tare su delle qualità superiori al­la media per emergere.



Per tentare un ragionamento organico bisogna partire dai dati oggettivi. Per quanto attiene la ri­cerca e lo sviluppo, si stima che gli Stati Uniti coprano circa il 45 per cento delle spese totali nel mondo. Va considerato che il pe­so del Pil americano rispetto al Pil mondiale è di circa il 28 per­cento e, dunque, il primo elemen­to è che gli Stati Uniti spendono più degli altri Paesi in proporzio­ne al loro peso economico in R&S attribuendo al comparto un valore determinante per lo svi­luppo della loro economia. Per completare la statistica, si può notare come le spese Usa in R&S risultino superiori a quelle dei sei Paesi più industrializzati messi insieme: Giappone, Cana­da, Francia, Germania, Italia e Gran Bretagna. Queste spese in R&S ammontano a circa il 3 per­cento del Pil statunitense mentre la media Ue si assesta al circa il 2 per cento. Fin qui sono cose note. Ma c'è di più.



Gli Stati Uniti indirizzano in­genti investimenti pubblici nel campo del R&S per realizzare una vera e propria politica eco­nomica a vantaggio delle indu­strie nazionali. In questi ultimi sei anni gli investimenti pubblici in R&S si sono indirizzati quasi esclusivamente al settore milita­re. Facendo il confronto con l'Eu­ropa, ad esempio, si può notare come i Paesi dell'Ue si muovano quasi sempre autonomamente. I fondi europei in R&S rappresen­tano il 5 per cento delle spese totali dei Paesi Ue mentre il 95 per cento delle risorse in R&S è erogato dai singoli Stati e allocato in base alle politiche di ciascun Paese dell'Ue.



Un altro fattore competitivo nel campo dell'innovazione, negli Stati Uniti, è rappresentato dal sistema delle università e dalla loro apertura verso quello che viene chiamato il meticciato cul­turale. Le università rappresenta­no una parte fondamentale della forza dell'economia Usa. Secon­do il rapporto dell'Oecd sull'edu­cazione, gli Stati Uniti spendono il 2,7 per cento del loro Pii per le università, contro l'I per cento di Francia, Germania e Gran Breta­gna. Negli Usa, poi, il finanzia­mento universitario è privato al 50 per cento mentre in Europa i finanziamenti sono quasi esclusi­vamente pubblici. Grazie a que­sto sistema di incentivi e di finan­ziamenti, il 30 percento degli stu­denti delle università americane è straniero e oltre il 50 per cento dei dottorati di ricerca è dedicato a cittadini di origine non ameri­cana. Più della metà degli studen­ti iscritti alle facoltà scientifiche americane è straniera e come lo­gica conseguenza più della metà delle start-up di Silicon Valley è guidata da neo-imprenditori stra­nieri, principalmente asiatici.



Sebbene i dati riportati rap­presentino soltanto una piccola parte di quanto gli Stati Uniti hanno fatto e stanno facendo per mantenere alto il loro livello di competitività sui set­tori più strategici ad alta intensità di cono­scenza, si può già tentare di tirare alcune conclusioni. Nono­stante le regole del mercato, la disponi­bilità di capitali e un sistema più efficiente rappresentino sicuramente ele­menti chiave del successo eco­nomico Usa, il ruolo della politi­ca, inteso come capacità di pre­vedere i grandi cambiamenti a livello mondiale e predisporre un sistema Paese in grado di af­frontare le sfide della competiti­vità con gli strumenti adeguati, è altrettanto importante per il successo di un grande Paese co­me gli Stati Uniti.



Nel 1993 quando Bill Clinton arrivò per la prima volta alla Ca­sa Bianca, il presidente iniziò a sostenere un progetto, noto come National information infrastructure (Infrastruttura nazionale informativa), che si collocava al­l'interno di un più generale piano per la costruzione di una infra­struttura mondiale dell'informa­zione. I punti cardine di questo piano erano: promuovere gli in­vestimenti nel settore privato, estendere il concetto di servizio universale al fine di assicurare che le risorse informative siano disponibili a tutti a prezzi abbor­dabili, agire come catalizzatore per la promozione dell'innovazione tec­nologica e delle nuo­ve applicazioni, assi­curare la sicurezza delle informazioni e l'affidabilità della re­ti, offrire accesso al­l'informazione go­vernativa, tutelare i diritti di proprietà intellettuale. Tutti elementi che hanno contri­buito in modo determinante al successo di quella che tutti ormai chiamano economia della cono­scenza. Ora, a distanza di tredici anni, i Democratici tornano ad avere un ruolo fondamentale nelle scelte economiche degli Stati Uniti e la mente economica è ancora la stessa, Robert Rubin, colui che allora fu il ministro del­l'Economia americano. Il rilancio sembra assicurato.