La Repubblica 7 dic. ’07
SE IL MALATO È UN ROBOT
Manifesta settanta patologie, si fa operare senza protestare, segue le terapie e
se muore torna subito in vita. Il paziente perfetto è un androide americano che
serve da cavia. In Italiane esiste un solo esemplare: a Padova
FRANCESCO JORI
PADOVA L'ESATTO contrario di Argante, l'ipocondriaco malato immaginario di
Molière. Non solo è un paziente a tutti gli effetti, malo è pure a tempo pieno,
visto che arriva a manifestare fino a una settantina di patologie diverse. Segue
le terapie nel più ortodosso dei modi, si uniforma senza protestare alle
decisioni dei medici, ed è talmente affezionato alla parte che se muore torna
subito in attività. Gli manca (per ora) solo il nome: perché si tratta di un
androide provvisoriamente battezzato con la sigla HPS (Human Patient Simulator),
prodotto negli Stati Uniti dalla Meta, e oggi come oggi unico nel suo genere in
Italia. Presta servizio alla Clinica di Anestesia e Medicina intensiva
dell'università di Padova, dove è diventato uno strumento prezioso per la
formazione e l'aggiornamento dei medici non solo locali: l'agenda dei corsi è
piena fino a tutto il2008, arrivano prenotazioni anche dall'estero, nei giorni
scorsi è stato il turno di un gruppo di camici bianchi cinesi e giapponesi.
«Un'opportunità unica per andare oltre le frontiere della formazione
tradizionale, attraverso una simulazione avanzata che permette di riprodurre
ambienti e situazioni reali, e di lavorare sui più diversi scenari clinici»,
commenta il professor Carlo Ori, docente di anestesiologia e rianimazione
all'università di Padova, di fatto il medico di fiducia del malato a tempo
pieno.
Tutto comincia a fine anni Novanta, quando il professor Giampiero Giron, nome
storico dell'anestesia e rianimazione della scuoia clinica padovana, partecipa a
un congresso medico negli Stati Uniti; in uno stand vede un manichino
supertecnologico, e cogliendone le potenzialità ai fini didattici riesce a
ottenere un finanziamento per l'acquisto. Naturalmente, il robot da solo non
basta: occorre costruirgli attorno un ambiente dedicato (macchinari, materiali,
software, eccetera). Alla fine, la realizzazione del progetto comporta un
investimento attorno ai 750mila euro, ma 1i vale tutti: «Questa è la didattica
del futuro, basata su una realtà virtuale cosi realistica da confondersi con
quella reale», osserva Giron. Dal canto suo Ori, per rendere l'idea delle
potenzialità dell'iniziativa, ricorre a una frase di Benjamin Franklin: «Dimmelo
e me lo dimenticherò, insegnamelo e posso ricordarmelo, coinvolgimi e lo
imparerò. Ecco, qui il medico è davvero coinvolto anche emotivamente». E
racconta l'episodio che ha avuto come protagonista una sua specializzanda:
«Stavamo sperimentando il soccorso ad un traumatizzato con forte perdita di
sangue. Lei somministrò un eccesso di liquidi, il manichino subì un edema
polmonare, e nella simulazione morì. IL giorno dopo la specializzando mi
confessò di avere avuto incubi per tutta la notte, e aggiunse: non sbaglierò
più».
II malato-robot è in grado di resistere a questo ed altro: da un infarto del
miocardio a uno sfondamento de1 torace, da un grave trauma cranico a una
setticemia da perforazione del colon, da un'insufficienza respiratoria aggravata
da broncopolmonite a un'emorragia da rottura di un aneurisma dell'aorta. Muove
gli occhi, piange, gonfiala lingua, fa scattare la mano, reagisce ad ogni
stimolo; ha una sua fisiologia, un suo sangue, una sua orina, respirando emette
anidride carbonica esattamente come noi; è programmabile con una serie di
varianti che consentono di modificare il sesso, l'età, perfino la razza. Spiega
Ori: «Grazie a questi programmi impostiamo il tipo di paziente che vogliamo, per
esempio maschio caucasico di40 anni, e gli applichiamo gli scenari clinici che
ci interessa riprodurre. Gli somministriamo anche dei farmaci: è in grado di
riconoscerne un centinaio, e di reagire a ciascuno di essi. Se gli si dà un
medicinale per la pressione alta, questa diminuisce».
IL manichino vive in pianta stabile in una sala operatoria riprodotta con tutti
i dettagli possibili, incluso un monitor che misura il segnale elettrico da lui
prodotto durante le simulazioni e che registra in tempo reale le conseguenze di
eventuali errori umani; a fianco c'è una vera e propria sala-regia che controlla
ogni fase degli interventi, e li registra. Il tutto grazie a un'équipe che al
professor Ori affianca i medici Fabio Baratto e Massimo Micaglio, e per la parte
tecnico-logistica Daniele Zotti, Nicoletta Mansueto ed Elsa Scagnoli: tutte
persone che considerano e trattano l'androide come uno di famiglia, tanto si
sono abituate a conviverci. Dell'esperienza fin qui maturata, Ori è più che
soddisfatto: «Si dice che sbagliando s'impara, ma in medicina non celo si può
permettere. Ecco, adesso possiamo dire che simulando si può anche sbagliare».
Originale è pure il metodo impiegato nelle esercitazioni: «Non c'è uno che
insegna e gli altri che seguono. Lavoriamo con piccoli gruppi, in cui ognuno
svolge liberamente il proprio compito, e all'interno dei quali ci sono dei
"complici" che preparano i vari scenari possibili. Il tutto è ripreso da quattro
telecamere; alla fine c'è una riunione in cui si rivede quanto fatto, e si
discutono insieme interventi ed errori». Il quadro è completato da un sito
internet (www.istar.unipd.it) che spiega i dettagli del progetto e ne registra
gli aggiornamenti.
Il fatto che si tratti di una realtà operativa inserita all'interno di un
contesto ospedaliero (il centro ha 32 letti in 4 unità di terapia intensiva, e
tra le varie anestesie del complesso padovano segue in un anno circa 30mila
pazienti) consente di associare alla simulazione la parte clinica. Il progetto
che ruota attorno al manichino è destinato infine a diventare anche fonte di
ricerca; e intanto, i soldi raccolti con l'organizzazione dei corsi vengono
destinati a finanziare borse di studio e periodi di formazione di giovani
ricercatori all'estero. Sarà anche un malato professionista, ma così docile e
produttivo chi non lo vorrebbe avere tra i propri pazienti?
--- - -- - ---------------- - - ----------- - - -------- - -----------
LE CARATTERISTICHE DEL ROBOT
Gli occhi si muovono,si chiudono praticando l'anestesia e si riaprono al
risveglio.
Le pupille si dilatano e si restringono sotto l'effetto della luce.
Gli organi genitali possono essere sia maschi che femminili.
Si può inserire un catetere nel tratto urinario per facilitare il flusso
dell'urina.
La cassa toracica si alza e si abbassa a ogni respiro.
Si possono diagnosticare eventuali emorragie interne inserendo un ago nel torace
ed estraendo il liquido.
II battito cardiaco si può modificare per simulare un'aritmia.
In caso di arresto cardiaco, si può tentare la rianimazione con un massaggio
con il defibrillatore.
Le pulsazioni arteriose si possono avvertire sia sui polsi che sui piedi.
Le vene contengono un liquido simile al sangue e si possono incannulare;
si può misurare la pressione.
SE IL MALATO È UN ROBOT
Manifesta settanta patologie, si fa operare senza protestare, segue le terapie e
se muore torna subito in vita. Il paziente perfetto è un androide americano che
serve da cavia. In Italiane esiste un solo esemplare: a Padova
FRANCESCO JORI
PADOVA L'ESATTO contrario di Argante, l'ipocondriaco malato immaginario di
Molière. Non solo è un paziente a tutti gli effetti, malo è pure a tempo pieno,
visto che arriva a manifestare fino a una settantina di patologie diverse. Segue
le terapie nel più ortodosso dei modi, si uniforma senza protestare alle
decisioni dei medici, ed è talmente affezionato alla parte che se muore torna
subito in attività. Gli manca (per ora) solo il nome: perché si tratta di un
androide provvisoriamente battezzato con la sigla HPS (Human Patient Simulator),
prodotto negli Stati Uniti dalla Meta, e oggi come oggi unico nel suo genere in
Italia. Presta servizio alla Clinica di Anestesia e Medicina intensiva
dell'università di Padova, dove è diventato uno strumento prezioso per la
formazione e l'aggiornamento dei medici non solo locali: l'agenda dei corsi è
piena fino a tutto il2008, arrivano prenotazioni anche dall'estero, nei giorni
scorsi è stato il turno di un gruppo di camici bianchi cinesi e giapponesi.
«Un'opportunità unica per andare oltre le frontiere della formazione
tradizionale, attraverso una simulazione avanzata che permette di riprodurre
ambienti e situazioni reali, e di lavorare sui più diversi scenari clinici»,
commenta il professor Carlo Ori, docente di anestesiologia e rianimazione
all'università di Padova, di fatto il medico di fiducia del malato a tempo
pieno.
Tutto comincia a fine anni Novanta, quando il professor Giampiero Giron, nome
storico dell'anestesia e rianimazione della scuoia clinica padovana, partecipa a
un congresso medico negli Stati Uniti; in uno stand vede un manichino
supertecnologico, e cogliendone le potenzialità ai fini didattici riesce a
ottenere un finanziamento per l'acquisto. Naturalmente, il robot da solo non
basta: occorre costruirgli attorno un ambiente dedicato (macchinari, materiali,
software, eccetera). Alla fine, la realizzazione del progetto comporta un
investimento attorno ai 750mila euro, ma 1i vale tutti: «Questa è la didattica
del futuro, basata su una realtà virtuale cosi realistica da confondersi con
quella reale», osserva Giron. Dal canto suo Ori, per rendere l'idea delle
potenzialità dell'iniziativa, ricorre a una frase di Benjamin Franklin: «Dimmelo
e me lo dimenticherò, insegnamelo e posso ricordarmelo, coinvolgimi e lo
imparerò. Ecco, qui il medico è davvero coinvolto anche emotivamente». E
racconta l'episodio che ha avuto come protagonista una sua specializzanda:
«Stavamo sperimentando il soccorso ad un traumatizzato con forte perdita di
sangue. Lei somministrò un eccesso di liquidi, il manichino subì un edema
polmonare, e nella simulazione morì. IL giorno dopo la specializzando mi
confessò di avere avuto incubi per tutta la notte, e aggiunse: non sbaglierò
più».
II malato-robot è in grado di resistere a questo ed altro: da un infarto del
miocardio a uno sfondamento de1 torace, da un grave trauma cranico a una
setticemia da perforazione del colon, da un'insufficienza respiratoria aggravata
da broncopolmonite a un'emorragia da rottura di un aneurisma dell'aorta. Muove
gli occhi, piange, gonfiala lingua, fa scattare la mano, reagisce ad ogni
stimolo; ha una sua fisiologia, un suo sangue, una sua orina, respirando emette
anidride carbonica esattamente come noi; è programmabile con una serie di
varianti che consentono di modificare il sesso, l'età, perfino la razza. Spiega
Ori: «Grazie a questi programmi impostiamo il tipo di paziente che vogliamo, per
esempio maschio caucasico di40 anni, e gli applichiamo gli scenari clinici che
ci interessa riprodurre. Gli somministriamo anche dei farmaci: è in grado di
riconoscerne un centinaio, e di reagire a ciascuno di essi. Se gli si dà un
medicinale per la pressione alta, questa diminuisce».
IL manichino vive in pianta stabile in una sala operatoria riprodotta con tutti
i dettagli possibili, incluso un monitor che misura il segnale elettrico da lui
prodotto durante le simulazioni e che registra in tempo reale le conseguenze di
eventuali errori umani; a fianco c'è una vera e propria sala-regia che controlla
ogni fase degli interventi, e li registra. Il tutto grazie a un'équipe che al
professor Ori affianca i medici Fabio Baratto e Massimo Micaglio, e per la parte
tecnico-logistica Daniele Zotti, Nicoletta Mansueto ed Elsa Scagnoli: tutte
persone che considerano e trattano l'androide come uno di famiglia, tanto si
sono abituate a conviverci. Dell'esperienza fin qui maturata, Ori è più che
soddisfatto: «Si dice che sbagliando s'impara, ma in medicina non celo si può
permettere. Ecco, adesso possiamo dire che simulando si può anche sbagliare».
Originale è pure il metodo impiegato nelle esercitazioni: «Non c'è uno che
insegna e gli altri che seguono. Lavoriamo con piccoli gruppi, in cui ognuno
svolge liberamente il proprio compito, e all'interno dei quali ci sono dei
"complici" che preparano i vari scenari possibili. Il tutto è ripreso da quattro
telecamere; alla fine c'è una riunione in cui si rivede quanto fatto, e si
discutono insieme interventi ed errori». Il quadro è completato da un sito
internet (www.istar.unipd.it) che spiega i dettagli del progetto e ne registra
gli aggiornamenti.
Il fatto che si tratti di una realtà operativa inserita all'interno di un
contesto ospedaliero (il centro ha 32 letti in 4 unità di terapia intensiva, e
tra le varie anestesie del complesso padovano segue in un anno circa 30mila
pazienti) consente di associare alla simulazione la parte clinica. Il progetto
che ruota attorno al manichino è destinato infine a diventare anche fonte di
ricerca; e intanto, i soldi raccolti con l'organizzazione dei corsi vengono
destinati a finanziare borse di studio e periodi di formazione di giovani
ricercatori all'estero. Sarà anche un malato professionista, ma così docile e
produttivo chi non lo vorrebbe avere tra i propri pazienti?
--- - -- - ---------------- - - ----------- - - -------- - -----------
LE CARATTERISTICHE DEL ROBOT
Gli occhi si muovono,si chiudono praticando l'anestesia e si riaprono al
risveglio.
Le pupille si dilatano e si restringono sotto l'effetto della luce.
Gli organi genitali possono essere sia maschi che femminili.
Si può inserire un catetere nel tratto urinario per facilitare il flusso
dell'urina.
La cassa toracica si alza e si abbassa a ogni respiro.
Si possono diagnosticare eventuali emorragie interne inserendo un ago nel torace
ed estraendo il liquido.
II battito cardiaco si può modificare per simulare un'aritmia.
In caso di arresto cardiaco, si può tentare la rianimazione con un massaggio
con il defibrillatore.
Le pulsazioni arteriose si possono avvertire sia sui polsi che sui piedi.
Le vene contengono un liquido simile al sangue e si possono incannulare;
si può misurare la pressione.
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