Corriere della Sera 21 gen. ’08
MA NESSUNO STUDIA CURE DEDICATE SOLO AI PICCOLI
E l' Oms lancia l' allarme
«Medicine appropriate per i bambini». Uno slogan, ma anche un allarme. Scelto
dall' Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) per lanciare una campagna di
sensibilizzazione affinché i medicinali per i bambini siano verificati sui
bambini. Siamo nel dicembre 2007. Poco più di un mese fa. Tardi rispetto al
mercato e ai rischi. Tardi rispetto al 1968, quando per la prima volta una
rivista pediatrica definì i bambini «terapeuticamente orfani». Tradotto: privi
di cure studiate per loro. I farmaci si sperimentano sugli adulti e si approvano
anche per i piccoli consumatori, adeguando semplicemente i dosaggi. Troppo
costoso e troppo rischioso testarli sui piccoli. Tanto tempo in più per l'
approvazione. Ci sono voluti quasi 40 anni per muovere le acque. E ancora oggi,
non solo in Italia, un baby paziente su tre, a casa o in ospedale, prende
farmaci non sperimentati per lui. Funzionano lo stesso. Non senza rischi. Ogni
giorno, a Milano, almeno otto ricoveri di bambini al Pronto Soccorso riguardano
effetti avversi ai farmaci: per sovradosaggio o per inefficacia da
sottodosaggio. Alcuni medicinali per malattie gravi non prevedono addirittura l'
indicazione pediatrica e sono difficili da reperire anche in ospedale. Accade
per diversi tumori o per l' Aids (l' 80-90 per cento dei farmaci per l' Hiv sono
solo per adulti). E allora? Che cosa si fa? «Si fa come sempre: si adegua un
farmaco per adulti al peso del bambino», risponde Ercole Concia, clinico
infettivologo dell' università di Verona. E' l' Oms a dare le indicazioni.
«Esatto - continua Concia -. Prendiamo per esempio la profilassi della malaria.
Tanti italiani vanno per turismo nei Paesi dove è endemica e spesso portano con
loro i figli piccoli. Ebbene i farmaci esistenti sono per adulti e noi ci
adeguiamo. L' Oms dice: dividere in 8 parti le compresse e poi somministrarle in
base al peso. Difficile poi sapere quanto sia preciso il dosaggio». Se basso la
malaria incombe, se alto il fegato ne può soffrire. Tutto sbagliato, avverte
Maurizio Bonati del «Mario Negri» di Milano: «Il bambino non è un adulto in
formato ridotto. Il bambino ha organi in crescita, ha un metabolismo dei farmaci
particolare». Rischi: effetti collaterali indesiderati (per esempio a livello di
fegato e reni), inefficacia se il dosaggio non è giusto, aumento di virus e
batteri resistenti. «Non solo in ospedale - dice Roberto Burgio, «padre» della
Pediatria italiana e professore emerito a Pavia -. Da anni predico a genitori e
medici di non prescrivere antibiotici quando la malattia è virale. Eppure si
continua per il timore delle complicanze. Ma se si pensa ai dosaggi sbagliati,
ancora di più si creano super resistenze tra virus e batteri». E poi negli
ospedali si muore per infezioni non più controllabili. «Verissimo. Più vittime
di quelle degli incidenti stradali», è duro Concia. «Sono per lo più adulti, ma
il problema parte da lontano. E anche la qualità e la preparazione dei
medicinali è fondamentale. Un dosaggio sbagliato crea danni, soprattutto in
ospedale quando le malattie sono di una certa gravità. Sicurezza, efficacia,
qualità vanno controllate sia a livello centrale per quanto riguarda la fase
produttiva (il ministero con l' Agenzia del farmaco, l' Aifa) sia a livello
periferico (le farmacie ospedaliere). Ed è giusta una particolare attenzione per
quanto riguarda i bambini». Dal 29 al 30 gennaio, a Catania, un convegno sarà
dedicato proprio alla «Qualità, sicurezza ed efficacia dei farmaci». Concia
parteciperà con dati che riguardano le malattie infettive. «Oggi più di ieri la
dose deve essere precisa, né maggiorata né diminuita. Stiamo entrando nell'
epoca post-antibiotica con errori alle spalle che pesano, perché nuovi
antibiotici non ci sono. E di fronte a batteri o virus resistenti a volte
facciamo fatica. A volte siamo impotenti. In questi giorni abbiamo tolto un
polmone a una giovane africana, 18 anni, per fermare una tubercolosi multi
resistente. Un tentativo per salvarle la vita, ricorrendo a una tecnica che si
usava quando le cure non esistevano. Perché la giovane è arrivata a questo?
Perché da bambina la sua tubercolosi, per due anni, è stata curata con dosaggi
non corretti. Ed ecco la super resistenza dei micobatteri. Un altro esempio: un
ragazzo dell' Est con il morbo di Pott (la vecchia tubercolosi ossea). In Italia
nessun medico la ricorda. Oggi dobbiamo fare i conti con il villaggio globale
della malattia. E per virus e batteri super resistenti, ricchi e poveri contano
poco». A cominciare dai bambini. «Terapeuticamente orfani». Così accade per
malattie rare, o che colpiscono Stati molto poveri, e che non rappresentano un
mercato allettante per chi investe in ricerca. Si parla di «farmaci orfani» o di
«malattie orfane». Solo negli ultimi anni sono state date garanzie alle aziende
impegnate nella ricerca di cure per malattie rare (10-20 bambini al massimo per
Paese), come l' americana Genzyme, nate all' inizio quasi per scommessa. Oggi
hanno esclusive di mercato più lunghe nel tempo rispetto a chi brevetta molecole
per morbi più diffusi. Per il resto, cioè le sperimentazioni sui bambini per i
bambini, le vere novità sono recenti. Slogan dell' Oms e direttive delle agenzie
per l' approvazione dei farmaci (Fda negli Stati Uniti, Emea per l' Europa) sono
ora al via. Un anno fa circa, un decreto europeo per i farmaci ad uso pediatrico
ha imposto alle aziende farmaceutiche di fornire specifiche informazioni
riguardanti l' uso dei loro prodotti sui bambini. Cosa analoga negli Stati
Uniti. Una candelina dopo l' allarme di 40 anni. Perché tanta attesa? Perché
sperimentare sui bambini, oltre a problemi etici e legali (ad esempio i vaccini:
negli Stati Uniti non è facile sperimentarli sui bambini e spesso i test di
massa avvengono altrove), costa di più. Così come costa di più sperimentare
farmaci su giovani donne: test più lunghi a causa dell' interferenza dei cicli
mestruali. Non parliamo poi delle donne in gravidanza (costa meno l' avvertenza:
non utilizzare). Il caso talidomide insegna: un sonnifero che riempì il mondo di
bimbi focomelici. Meglio non dimenticare.
Pappagallo Mario
MA NESSUNO STUDIA CURE DEDICATE SOLO AI PICCOLI
E l' Oms lancia l' allarme
«Medicine appropriate per i bambini». Uno slogan, ma anche un allarme. Scelto
dall' Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) per lanciare una campagna di
sensibilizzazione affinché i medicinali per i bambini siano verificati sui
bambini. Siamo nel dicembre 2007. Poco più di un mese fa. Tardi rispetto al
mercato e ai rischi. Tardi rispetto al 1968, quando per la prima volta una
rivista pediatrica definì i bambini «terapeuticamente orfani». Tradotto: privi
di cure studiate per loro. I farmaci si sperimentano sugli adulti e si approvano
anche per i piccoli consumatori, adeguando semplicemente i dosaggi. Troppo
costoso e troppo rischioso testarli sui piccoli. Tanto tempo in più per l'
approvazione. Ci sono voluti quasi 40 anni per muovere le acque. E ancora oggi,
non solo in Italia, un baby paziente su tre, a casa o in ospedale, prende
farmaci non sperimentati per lui. Funzionano lo stesso. Non senza rischi. Ogni
giorno, a Milano, almeno otto ricoveri di bambini al Pronto Soccorso riguardano
effetti avversi ai farmaci: per sovradosaggio o per inefficacia da
sottodosaggio. Alcuni medicinali per malattie gravi non prevedono addirittura l'
indicazione pediatrica e sono difficili da reperire anche in ospedale. Accade
per diversi tumori o per l' Aids (l' 80-90 per cento dei farmaci per l' Hiv sono
solo per adulti). E allora? Che cosa si fa? «Si fa come sempre: si adegua un
farmaco per adulti al peso del bambino», risponde Ercole Concia, clinico
infettivologo dell' università di Verona. E' l' Oms a dare le indicazioni.
«Esatto - continua Concia -. Prendiamo per esempio la profilassi della malaria.
Tanti italiani vanno per turismo nei Paesi dove è endemica e spesso portano con
loro i figli piccoli. Ebbene i farmaci esistenti sono per adulti e noi ci
adeguiamo. L' Oms dice: dividere in 8 parti le compresse e poi somministrarle in
base al peso. Difficile poi sapere quanto sia preciso il dosaggio». Se basso la
malaria incombe, se alto il fegato ne può soffrire. Tutto sbagliato, avverte
Maurizio Bonati del «Mario Negri» di Milano: «Il bambino non è un adulto in
formato ridotto. Il bambino ha organi in crescita, ha un metabolismo dei farmaci
particolare». Rischi: effetti collaterali indesiderati (per esempio a livello di
fegato e reni), inefficacia se il dosaggio non è giusto, aumento di virus e
batteri resistenti. «Non solo in ospedale - dice Roberto Burgio, «padre» della
Pediatria italiana e professore emerito a Pavia -. Da anni predico a genitori e
medici di non prescrivere antibiotici quando la malattia è virale. Eppure si
continua per il timore delle complicanze. Ma se si pensa ai dosaggi sbagliati,
ancora di più si creano super resistenze tra virus e batteri». E poi negli
ospedali si muore per infezioni non più controllabili. «Verissimo. Più vittime
di quelle degli incidenti stradali», è duro Concia. «Sono per lo più adulti, ma
il problema parte da lontano. E anche la qualità e la preparazione dei
medicinali è fondamentale. Un dosaggio sbagliato crea danni, soprattutto in
ospedale quando le malattie sono di una certa gravità. Sicurezza, efficacia,
qualità vanno controllate sia a livello centrale per quanto riguarda la fase
produttiva (il ministero con l' Agenzia del farmaco, l' Aifa) sia a livello
periferico (le farmacie ospedaliere). Ed è giusta una particolare attenzione per
quanto riguarda i bambini». Dal 29 al 30 gennaio, a Catania, un convegno sarà
dedicato proprio alla «Qualità, sicurezza ed efficacia dei farmaci». Concia
parteciperà con dati che riguardano le malattie infettive. «Oggi più di ieri la
dose deve essere precisa, né maggiorata né diminuita. Stiamo entrando nell'
epoca post-antibiotica con errori alle spalle che pesano, perché nuovi
antibiotici non ci sono. E di fronte a batteri o virus resistenti a volte
facciamo fatica. A volte siamo impotenti. In questi giorni abbiamo tolto un
polmone a una giovane africana, 18 anni, per fermare una tubercolosi multi
resistente. Un tentativo per salvarle la vita, ricorrendo a una tecnica che si
usava quando le cure non esistevano. Perché la giovane è arrivata a questo?
Perché da bambina la sua tubercolosi, per due anni, è stata curata con dosaggi
non corretti. Ed ecco la super resistenza dei micobatteri. Un altro esempio: un
ragazzo dell' Est con il morbo di Pott (la vecchia tubercolosi ossea). In Italia
nessun medico la ricorda. Oggi dobbiamo fare i conti con il villaggio globale
della malattia. E per virus e batteri super resistenti, ricchi e poveri contano
poco». A cominciare dai bambini. «Terapeuticamente orfani». Così accade per
malattie rare, o che colpiscono Stati molto poveri, e che non rappresentano un
mercato allettante per chi investe in ricerca. Si parla di «farmaci orfani» o di
«malattie orfane». Solo negli ultimi anni sono state date garanzie alle aziende
impegnate nella ricerca di cure per malattie rare (10-20 bambini al massimo per
Paese), come l' americana Genzyme, nate all' inizio quasi per scommessa. Oggi
hanno esclusive di mercato più lunghe nel tempo rispetto a chi brevetta molecole
per morbi più diffusi. Per il resto, cioè le sperimentazioni sui bambini per i
bambini, le vere novità sono recenti. Slogan dell' Oms e direttive delle agenzie
per l' approvazione dei farmaci (Fda negli Stati Uniti, Emea per l' Europa) sono
ora al via. Un anno fa circa, un decreto europeo per i farmaci ad uso pediatrico
ha imposto alle aziende farmaceutiche di fornire specifiche informazioni
riguardanti l' uso dei loro prodotti sui bambini. Cosa analoga negli Stati
Uniti. Una candelina dopo l' allarme di 40 anni. Perché tanta attesa? Perché
sperimentare sui bambini, oltre a problemi etici e legali (ad esempio i vaccini:
negli Stati Uniti non è facile sperimentarli sui bambini e spesso i test di
massa avvengono altrove), costa di più. Così come costa di più sperimentare
farmaci su giovani donne: test più lunghi a causa dell' interferenza dei cicli
mestruali. Non parliamo poi delle donne in gravidanza (costa meno l' avvertenza:
non utilizzare). Il caso talidomide insegna: un sonnifero che riempì il mondo di
bimbi focomelici. Meglio non dimenticare.
Pappagallo Mario
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