l’Unità 22.3.08
La Mezzaluna Rossa: un milione le vittime nei cinque anni di guerra in Iraq
L’Alto commissariato Onu per i rifugiati: 3mila palestinesi allo stremo al confine con la Siria. Il figlio di Tareq Aziz: mio padre sta morendo in un carcere americano a Baghdad
Baghdad. A cinque anni dall’inizio del conflitto l’Iraq è attraversato da nuove ondate di violenza, ieri tre civili sono morti in un attentato avvenuto nella città settentrionale di Mosul, diventata una delle roccaforti di Al Qaeda, mentre nel sud almeno quattro miliziani sciiti sono stati uccisi nel corso di combattimenti con le forze di polizia governative. Da Tunisi, dove si è conclusa l’assemblea dell’organizzazione Araba di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, arriva un nuovo bilancio delle vittime di cinque anni di guerra in Iraq: sarebbero - secondo i promotori dell’incontro «un milione». La stima è stata fatta raccogliendo i dati forniti da 50mila volontari della Mezzaluna Rossa, una delle poche istituzioni rimaste che ancora operano in Mesopotamia (l’organizzazione ha perso venti operatori nel corso della guerra).
Le agenzie delle Nazioni Unite stanno intanto tentando di sensibilizzare i governi sulla grave situazione dei palestinesi cacciati dall’Iraq. L’Alto commissariato per i rifugiati fa sapere che continuano a peggiorare le condizioni di oltre 2.700 palestinesi bloccati al confine tra Iraq e Siria, «dove vivono in due campi di fortuna in condizioni disumane». L’Alto commissariato negli ultimi 2 anni ha lanciato numerosi appelli per trovare «soluzioni umanitarie urgenti» per i profughi, e garantirne il trasferimento altrove, anche se temporaneo. Alcuni paesi hanno offerto ospitalità ai palestinesi provenienti dall’Iraq, ma al momento non è stata ancora avviata alcuna procedura. Il Cile, per esempio, ha recentemente annunciato che di poter accogliere un primo gruppo di 117 palestinesi rifugiati in Iraq, mentre il Sudan ne ospiterà altri 2000. L’accoglienza in un altro Paese - sottolinea in una nota l’agenzia Onu, non aiuterà però tutti i palestinesi sistemati nei campi «dove la situazione sanitaria diventa sempre più insostenibile, in assenza di cure mediche adeguate e di alternative praticabili». Negli ultimi mesi sono morti almeno dodici rifugiati. L’ultimo, di 25 anni, è deceduto nel campo di al-Waleed per un’intossicazione alimentare; la sua famiglia era stata selezionata dall’Unhcr per il reinsediamento già nel luglio 2007, ma nessuno Stato estero li aveva accolti. Si stima che, dei 34.000 palestinesi presenti in Iraq nel 2003, non ne siano rimasti più di 10-15mila. Il campo di al-Waleed ospita al momento oltre 2000 rifugiati, mentre quello di al-Tanf, tra Iraq e Siria, ce ne sono 710.
I familiari di Tareq Aziz, già ministro degli esteri e vice-premier nell’Iraq di Saddam, tornano intanto a lanciare un allarme sulla situazione del detenuto che - affermano - è in condizioni di salute così gravi che probabilmente morirà prima di subito un qualsiasi processo. Il figlio di Aziz, Ziad, ha dichiarato al britannico The Times di non sapere esattamente la natura della malattia (sembra polmonare, spiega il quotidiano) perché gli avvocati dell’ex numero 2 di Baghdad non hanno avuto il permesso di visitarlo di recente. Gli americani, che confermano che il solo cristiano dell’ex governo iracheno è malato, lo hanno spostato per ragioni di sicurezza in una cella condivisa all’interno della base Usa presso l’aeroporto di Baghdad. Ziad sostiene che suo padre dev’essere rilasciato: «Cinque anni sono una punizione sufficiente per lui. Faceva parte del regime, ma nessuno lo ha accusato di niente. Ha 72 anni, un sacco di problemi di salute. Lasciate che passi gli ultimi anni con i figli e i nipoti». Fedelissimo di Saddam per 20 anni, Tareq Aziz non si pente della sua lealtà: «Ha lavorato con lui per 35 anni - dice il figlio - diceva: è il mio amico, il mio leader, il mio presidente. Ha pianto quando hanno ucciso Saddam». La sua famiglia si trova in Giordania. Aziz si consegnò agli americani il 24 aprile 2003 in cambio di un salvacondotto per i suoi cari.
La Mezzaluna Rossa: un milione le vittime nei cinque anni di guerra in Iraq
L’Alto commissariato Onu per i rifugiati: 3mila palestinesi allo stremo al confine con la Siria. Il figlio di Tareq Aziz: mio padre sta morendo in un carcere americano a Baghdad
Baghdad. A cinque anni dall’inizio del conflitto l’Iraq è attraversato da nuove ondate di violenza, ieri tre civili sono morti in un attentato avvenuto nella città settentrionale di Mosul, diventata una delle roccaforti di Al Qaeda, mentre nel sud almeno quattro miliziani sciiti sono stati uccisi nel corso di combattimenti con le forze di polizia governative. Da Tunisi, dove si è conclusa l’assemblea dell’organizzazione Araba di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, arriva un nuovo bilancio delle vittime di cinque anni di guerra in Iraq: sarebbero - secondo i promotori dell’incontro «un milione». La stima è stata fatta raccogliendo i dati forniti da 50mila volontari della Mezzaluna Rossa, una delle poche istituzioni rimaste che ancora operano in Mesopotamia (l’organizzazione ha perso venti operatori nel corso della guerra).
Le agenzie delle Nazioni Unite stanno intanto tentando di sensibilizzare i governi sulla grave situazione dei palestinesi cacciati dall’Iraq. L’Alto commissariato per i rifugiati fa sapere che continuano a peggiorare le condizioni di oltre 2.700 palestinesi bloccati al confine tra Iraq e Siria, «dove vivono in due campi di fortuna in condizioni disumane». L’Alto commissariato negli ultimi 2 anni ha lanciato numerosi appelli per trovare «soluzioni umanitarie urgenti» per i profughi, e garantirne il trasferimento altrove, anche se temporaneo. Alcuni paesi hanno offerto ospitalità ai palestinesi provenienti dall’Iraq, ma al momento non è stata ancora avviata alcuna procedura. Il Cile, per esempio, ha recentemente annunciato che di poter accogliere un primo gruppo di 117 palestinesi rifugiati in Iraq, mentre il Sudan ne ospiterà altri 2000. L’accoglienza in un altro Paese - sottolinea in una nota l’agenzia Onu, non aiuterà però tutti i palestinesi sistemati nei campi «dove la situazione sanitaria diventa sempre più insostenibile, in assenza di cure mediche adeguate e di alternative praticabili». Negli ultimi mesi sono morti almeno dodici rifugiati. L’ultimo, di 25 anni, è deceduto nel campo di al-Waleed per un’intossicazione alimentare; la sua famiglia era stata selezionata dall’Unhcr per il reinsediamento già nel luglio 2007, ma nessuno Stato estero li aveva accolti. Si stima che, dei 34.000 palestinesi presenti in Iraq nel 2003, non ne siano rimasti più di 10-15mila. Il campo di al-Waleed ospita al momento oltre 2000 rifugiati, mentre quello di al-Tanf, tra Iraq e Siria, ce ne sono 710.
I familiari di Tareq Aziz, già ministro degli esteri e vice-premier nell’Iraq di Saddam, tornano intanto a lanciare un allarme sulla situazione del detenuto che - affermano - è in condizioni di salute così gravi che probabilmente morirà prima di subito un qualsiasi processo. Il figlio di Aziz, Ziad, ha dichiarato al britannico The Times di non sapere esattamente la natura della malattia (sembra polmonare, spiega il quotidiano) perché gli avvocati dell’ex numero 2 di Baghdad non hanno avuto il permesso di visitarlo di recente. Gli americani, che confermano che il solo cristiano dell’ex governo iracheno è malato, lo hanno spostato per ragioni di sicurezza in una cella condivisa all’interno della base Usa presso l’aeroporto di Baghdad. Ziad sostiene che suo padre dev’essere rilasciato: «Cinque anni sono una punizione sufficiente per lui. Faceva parte del regime, ma nessuno lo ha accusato di niente. Ha 72 anni, un sacco di problemi di salute. Lasciate che passi gli ultimi anni con i figli e i nipoti». Fedelissimo di Saddam per 20 anni, Tareq Aziz non si pente della sua lealtà: «Ha lavorato con lui per 35 anni - dice il figlio - diceva: è il mio amico, il mio leader, il mio presidente. Ha pianto quando hanno ucciso Saddam». La sua famiglia si trova in Giordania. Aziz si consegnò agli americani il 24 aprile 2003 in cambio di un salvacondotto per i suoi cari.
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