31/12/2000 - LA REPUBBLICA
L'ombra delle armi chimiche
Mattarella: "Sulle morti dei reduci di Bosnia,indagini a 360 gradi"
di GIOVANNA CASADIO
ROMA - Non è solo l'uranio il killer dei militari italiani utilizzati in missione di pace nell'ex Jugoslavia. I diecimila proiettili radioattivi usati dalla Nato in Bosnia nel '95, i 31 mila sparati in Kosovo nel '99 non sono gli unici responsabili. Il ministro della Difesa italiano, Sergio Mattarella, ha ammesso ieri che "non si trascura alcuna ipotesi sulle ragioni che potrebbero aver portato la presenza di malattie tra i militari che si sono recati nell'area balcanica".
Se è la "sindrome dei Balcani" a uccidere decine di reduci in tutta Europa, evidenti sono le analogie con i "casi" verificatisi dopo la guerra del Golfo nel '91 e ugualmente non è da escludere che a determinare gli effetti devastanti possa essere stato l'uso di armi chimiche. Per i Balcani insomma la stessa ipotesi che si fa già da anni per l' Iraq?
Per il ministro della Difesa italiano è una fine d'anno senza tregua, dopo l'annuncio che un altro carabiniere - il quinto reduce italiano dalla Bosnia - è morto di cancro, e mentre la Procura militare allarga a altri dieci casi l'inchiesta sulla "sindrome dei Balcani": il dossier del pm Antonino Intelisano conterrebbe ora trenta nomi. Si limita ad affermare Mattarella che l'indagine sarà svolta a 360 gradi. E in una nota ricorda la commissione sanitaria da lui insediata due settimane fa, "guidata da uno scienziato di alto profilo come l'ematologo Franco Mandelli alla quale è stato dato mandato pieno per qualunque pista di indagine e di accertamento al fine di appurare la verità e garantire la sicurezza dei militari in Italia e all'estero". Nulla sarà tralasciato. Prima di tutto di individuare se esiste o meno un collegamento tra i vari casi e, in caso affermativo, con la presenza sul terreno di contaminazioni radioattive.
Nè esclude il ministro la possibilità di uno screening tra i militari inviati nei Balcani, una volta che la commissione Mandelli abbia espresso il proprio parere entro la metà di gennaio. Screening già avviato in Portogallo e in Germania. La "sindrome dei Balcani" è diventata infatti un caso politico europeo.
La Nato dichiara che mancano prove di un nesso tra morti e missioni nei Balcani, ma ambienti militari assicurano che in un dossier top-secret si vanno raccogliendo prove sull'uso di armi chimiche in quell'area.
Dal ministro della Difesa belga, Andrè Flahaut, in una lettera inviata al collega svedese Bjorn von Sydow, paese che da domani assume la presidenza di turno della Ue, è partita la proposta di analizzare il delicato problema a livello europeo. Finora nessuna risposta ufficiale. Un portavoce della Commissione Ue ieri non ha voluto commentare l'iniziativa, e il ministero della Difesa svedese si riserva di pronunciarsi dopo aver letto la lettera. Dall'Italia una sostanziale adesione: "Sarà certamente utile la possibilità di confrontare i risultati delle indagini svolte dagli altri paesi in cui ci sono stati casi simili", commenta Matterella.
Intanto cresce l'allarme anche in Italia per la "sindrome dei Balcani". Ieri è arrivata la precisazione del comando dei carabinieri di Varese che nega ci sia un nesso certo tra la morte del carabiniere Rinaldo Colombo e la sua missione in Bosnia. Colombo, 31 anni, due spedizioni di pace nei Balcani è morto per un melanoma, precisano i suoi superiori. "Nessun allarmismo, ma massimo allerta", è l'invito del Cocer dei carabinieri. Però "Unarma", l'associazione che ha diffuso la notizia della morte di Colombo, dichiara che altri quattro carabinieri (tra cui un ufficiale) tornati di recente dai Balcani, potrebbero essere stati contaminati dall'uranio impoverito. Sarebbero almeno venti i militari dell'Arma sottoposti a controlli, anche se la metà a puro titolo precauzionale. Il numero dei casi sospetti continua a crescere.
Alla ripresa dell'attività parlamentare, martedì 9 gennaio, è stato subito convocato l'ufficio di presidenza della commissione Difesa della Camera sulla "sindrome Balcani". Il presidente, Valdo Spini rivendica il ruolo ispetivo del Parlamento e annuncia un'indagine conoscitiva per stabilire a) cosa si sa sulle conseguenze della presenza di uranio impoverito nella guerra del Golfo del 1991; b) chi sapeva dei proiettili a uranio impoverito in Bosnia nel 1995 (i militari sapevano e i politici no?); c) quali precauzioni sono state prese per la spedizione in Kosovo del 1999; d) vanno acquisiti i risultati della commissione Mandelli. Inoltre, il sottosegratario all'Ambiente Valerio Calzolaio partecipa alla task force Unep (l'organizzazione delle Nazioni Unite per l' ambiente) sulla contaminazione radioattiva del Kosovo.
L'ombra delle armi chimiche
Mattarella: "Sulle morti dei reduci di Bosnia,indagini a 360 gradi"
di GIOVANNA CASADIO
ROMA - Non è solo l'uranio il killer dei militari italiani utilizzati in missione di pace nell'ex Jugoslavia. I diecimila proiettili radioattivi usati dalla Nato in Bosnia nel '95, i 31 mila sparati in Kosovo nel '99 non sono gli unici responsabili. Il ministro della Difesa italiano, Sergio Mattarella, ha ammesso ieri che "non si trascura alcuna ipotesi sulle ragioni che potrebbero aver portato la presenza di malattie tra i militari che si sono recati nell'area balcanica".
Se è la "sindrome dei Balcani" a uccidere decine di reduci in tutta Europa, evidenti sono le analogie con i "casi" verificatisi dopo la guerra del Golfo nel '91 e ugualmente non è da escludere che a determinare gli effetti devastanti possa essere stato l'uso di armi chimiche. Per i Balcani insomma la stessa ipotesi che si fa già da anni per l' Iraq?
Per il ministro della Difesa italiano è una fine d'anno senza tregua, dopo l'annuncio che un altro carabiniere - il quinto reduce italiano dalla Bosnia - è morto di cancro, e mentre la Procura militare allarga a altri dieci casi l'inchiesta sulla "sindrome dei Balcani": il dossier del pm Antonino Intelisano conterrebbe ora trenta nomi. Si limita ad affermare Mattarella che l'indagine sarà svolta a 360 gradi. E in una nota ricorda la commissione sanitaria da lui insediata due settimane fa, "guidata da uno scienziato di alto profilo come l'ematologo Franco Mandelli alla quale è stato dato mandato pieno per qualunque pista di indagine e di accertamento al fine di appurare la verità e garantire la sicurezza dei militari in Italia e all'estero". Nulla sarà tralasciato. Prima di tutto di individuare se esiste o meno un collegamento tra i vari casi e, in caso affermativo, con la presenza sul terreno di contaminazioni radioattive.
Nè esclude il ministro la possibilità di uno screening tra i militari inviati nei Balcani, una volta che la commissione Mandelli abbia espresso il proprio parere entro la metà di gennaio. Screening già avviato in Portogallo e in Germania. La "sindrome dei Balcani" è diventata infatti un caso politico europeo.
La Nato dichiara che mancano prove di un nesso tra morti e missioni nei Balcani, ma ambienti militari assicurano che in un dossier top-secret si vanno raccogliendo prove sull'uso di armi chimiche in quell'area.
Dal ministro della Difesa belga, Andrè Flahaut, in una lettera inviata al collega svedese Bjorn von Sydow, paese che da domani assume la presidenza di turno della Ue, è partita la proposta di analizzare il delicato problema a livello europeo. Finora nessuna risposta ufficiale. Un portavoce della Commissione Ue ieri non ha voluto commentare l'iniziativa, e il ministero della Difesa svedese si riserva di pronunciarsi dopo aver letto la lettera. Dall'Italia una sostanziale adesione: "Sarà certamente utile la possibilità di confrontare i risultati delle indagini svolte dagli altri paesi in cui ci sono stati casi simili", commenta Matterella.
Intanto cresce l'allarme anche in Italia per la "sindrome dei Balcani". Ieri è arrivata la precisazione del comando dei carabinieri di Varese che nega ci sia un nesso certo tra la morte del carabiniere Rinaldo Colombo e la sua missione in Bosnia. Colombo, 31 anni, due spedizioni di pace nei Balcani è morto per un melanoma, precisano i suoi superiori. "Nessun allarmismo, ma massimo allerta", è l'invito del Cocer dei carabinieri. Però "Unarma", l'associazione che ha diffuso la notizia della morte di Colombo, dichiara che altri quattro carabinieri (tra cui un ufficiale) tornati di recente dai Balcani, potrebbero essere stati contaminati dall'uranio impoverito. Sarebbero almeno venti i militari dell'Arma sottoposti a controlli, anche se la metà a puro titolo precauzionale. Il numero dei casi sospetti continua a crescere.
Alla ripresa dell'attività parlamentare, martedì 9 gennaio, è stato subito convocato l'ufficio di presidenza della commissione Difesa della Camera sulla "sindrome Balcani". Il presidente, Valdo Spini rivendica il ruolo ispetivo del Parlamento e annuncia un'indagine conoscitiva per stabilire a) cosa si sa sulle conseguenze della presenza di uranio impoverito nella guerra del Golfo del 1991; b) chi sapeva dei proiettili a uranio impoverito in Bosnia nel 1995 (i militari sapevano e i politici no?); c) quali precauzioni sono state prese per la spedizione in Kosovo del 1999; d) vanno acquisiti i risultati della commissione Mandelli. Inoltre, il sottosegratario all'Ambiente Valerio Calzolaio partecipa alla task force Unep (l'organizzazione delle Nazioni Unite per l' ambiente) sulla contaminazione radioattiva del Kosovo.
Nessun commento:
Posta un commento