lunedì 18 febbraio 2008

CASE FARMACEUTICHE: IL BUSINESS DELLA SALUT

La Repubblica 8 gen. ’08

CASE FARMACEUTICHE: IL BUSINESS DELLA SALUTE

Per promuovere i loro prodotti le case farmaceutiche Usa spendono il doppio
rispetto alla ricerca. Così il marketing persuade i medici

ELENA DUSI
associazione americana degli studenti di medicina ha proposto di integrare il
giuramento di Ippocrate: «Prenderò le mie decisioni libero dal l'influenza della
pubblicità. Non accetterò denaro, regali od ospitalità che mi mettano in
conflitto di interessi con la professione». Negli Usa, che da soli ingoiano la
metà delle pillole del mondo, le industrie farmaceutiche spendono per ogni
camice bianco l'equivalente di 40mila euro in marketing. Fra i mezzi di
pressione più usati: visite dei rappresentanti farmaceutici, campioni omaggio di
farmaci, regali, inviti ai congressi. Ma nel bouquet del dirigente di marketing
non mancano i finanziamenti alle società scientifiche (che raccolgono tutti gli
specialisti di una disciplina), l'accordo con i medici affinché conducano nuovi
esperimenti su un farmaco per allargarne il raggio di prescrizione o l'acquisto
di pubblicità sulle riviste di settore. Si arriva casi all'assurdo: per
pubblicizzare un farmaco si spende il doppio di quanta non costi produrlo e
testarlo.
Il dato arriva da una studio di due docenti dell'università del Québec di
Montreal, Marc-André Gagnon e Joel Lexchin. «Le industrie farmaceutiche
statunitensi nel 2004 hanno speso 57,5 miliardi di dollari per la promozione dei
loro medicinali, contro i 31,5 miliardi spesi per ricerca e sviluppo di nuovi
prodotti» scrivono sulla rivista Public Library of Science Medicine.
n euro la cifra si traduce in 39 miliardi contro 21,4 ed è indice di cattiva
salute per due ragioni: da un lato il piatto della bilancia della pubblicità è
sempre più pesante (la spesa secondo Gagnon e Lexchin cresce di un miliardo di
dollari all'anno); dall'altro la ricerca di nuovi medicinali gira a vuoto o
quasi. Il 90% dei profitti delle case farmaceutiche arrivano da prodotti vecchi,
in commercia da più di 5 anni. Quasi la metà delle pillole "blockbuster"
(campioni di vendite) entro il 2009 non darà più profitto perché i brevetti sana
in scadenza. E il mancato guadagno per le aziende toccherà i 106 miliardi di
euro l'anno. «In psichiatria è dai tempi del Prozac che non abbiamo novità di
rilievo. Si conducono sperimentazioni sempre più complesse e costo se per
affinare la conoscenza dei farmaci tradizionali, ma di veri progressi neanche
l'ombra» spiega Giovanni Battista Cassano dell'università di Pisa. Se una gamba
zoppica (l'innovazione), la reazione delle case farmaceutiche sembra essere
quella di rinforzare l'altra: la pubblicità.
La maggioranza dei medici nega che il marketing delle case farmaceutiche
influenzi le loro prescrizioni. Ma il procuratore capo di Verona, Guido Papalia,
la pensa diversamente. «Una nostra inchiesta nel 2003 ha coinvolto 23rnila
medici per comparaggio, ma la maggior parte dei casi è finita in prescrizione.
Per altri professionisti accusati di corruzione e associazione per delinquere il
dibattimento è ancora in corso. La casa farmaceutica Glaxo di fronte alle accuse
ha finito con il patteggiare 2milionidieuroperreatosocietario». Fra i regali
ricevuti dai medici: computer, impianti stereo,libri o nei casi di comparaggio
una percentuale sulle vendite dei farmaci. «L'inchiesta scattò a febbraio -
racconta Papalia - e il mese dopo la Guardia di Finanza ci fornì i nuovi dati di
vendita dei farmaci. In ogni regione d'Italia a eccezione del Lazio le
prescrizioni erano diminuite traf8 e il 10%».
II conflitto di interessi travalica i confini della professione medica per
toccare il giornalismo. A gennaio 2003, dopo un convegno a Santo Dorningo con
una trentina di reporter invitati a spese della Schering, uscì la notizia di una
nuova pillola anticoncezionale in grado di rendere la pelle più bella. La
Medicines Control Agency (agenzia britannica per la regolamentazione dei
farmaci) bollò quegli articoli come "pubblicità ingannevole".
«Le case farmaceutiche -concludono Gagnon e Lexchin - amano farsi raffigurare
come enti impegnati a promuovere la nostra salute. Ma i nostri dati dimo
strano che è il marketing la vera benzina che fa marciare i loro motori». Nel
numero di venerdì scorso la rivista fama Journal of the American Medical
Association) ha analizzato i rapporti finanziari fra singoli medici e industrie
negli Usa. Sfruttando una legge sulla trasparenza che è stata introdotta in sei
stati, la rivista è riuscita a documentare compensi che in alcuni casi
sfondavano il tetto dei 600mila euro per un singolo professionista. Ma se in
Europa e Stati Uniti alcuni codici etici e nuove leggi per la trasparenza
aiutano quantomeno a far uscire dal torbido i legami fra medici e case
farmaceutiche, è nei paesi emergenti che si consuma una vera guerra senza
esclusione di colpi. Secondo l'azienda americana specializzata in studi di
settore ImsHealth, il futuro del mercato è nei 7 paesi "Pharmerging": Cina,
Brasile, Messico, Corea del Sud, India, Turchia e Russia, che marciano con tassi
di sviluppo del 12-13 per cento annuo. «Da noi-ha raccontato un medico indiano
citato nell’ultimo rapporto "Farmaci, medici e cene" dell'associazione Consumers
International - chi prescrive mille confezioni di un farmaco riceve un
cellulare, 5mila danno diritto a un condizionatore, l0 mila a uno scooter».

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