di Claudio Colombo
Città senza pioggia e megalopoli assetate per overdose di inquinamento. E’ una delle conseguenze di un fenomeno che sta allarmando i climatologi. In particolare, ad agire direttamente saranno le polveri sottili, sempre più presenti nelle città, e sempre più temibili: condensando intorno a sé gocce di pioggia troppo «leggere» per cadere a terra, porteranno nel giro di mezzo secolo a una quasi totale inibizione della pioggia, che si concentrerà in pochi e violenti episodi all’anno. Due studi recenti, il primo di Mario e Luisa Molina del Mit di Cambridge (Usa), il secondo di un gruppo di ricercatori del Max Planck Institut (Germania) e dell’Indian Institute of Technology, hanno confermato che l’inquinamento prodotto dalle megacities contribuisce in maniera significativa ai cambiamenti climatici in atto e hanno quindi un impatto globale: da Tokyo al centro Europa — ossia lungo il tipico percorso che va dall’Asia all’ovest degli Stati Uniti e di lì al Vecchio continente —vengono trasportati polveri sottili e gas precursori di importanti inquinanti come l’ozono (proprio al trasporto, tra l’altro, si deve quasi il 50% dei casi di inquinamento da ozono in Europa). Ma c’è chi si sta attrezzando: è il caso di Londra, che ha creato un’Agenzia per il clima che ha già prodotto buoni risultati, contribuendo al calo dell’anidride carbonica da traffico. Potrebbe essere un buon esempio per tutti. Oggi il 48% della popolazione mondiale (6 miliardi e 100 milioni) vive in agglomerati urbani: nel 2.030, su un totale di 8,1 miliardi, la quota sarà di 4,9 miliardi.
Crescerà dunque anche il numero delle megalopoli (e le dimensioni delle stesse), secondo una tendenza che ha portato la loro presenza da una nel 1950 (New York, con 12,3 milioni di abitanti), alle cinque del 1975, alle 20 di oggi. Megacity va considerata anche l’area urbana della Valpadana, che sull’asse Torino- Milano può contare circa 6 milioni di abitanti, non a caso (come dimostra anche la tabella che pubblichiamo), risulta una delle zone più inquinate del mondo. Ma quali sono, del dettaglio, le conseguenze di questa situazione? Molina&Molina non hanno dubbi: «Non si parla più di clima locale ma di effetti globali sul clima. Effetti sulla salute, innanzitutto. Le medie mondiali parlano di un aumento del tasso di mortalità giornaliera dello 0,6% (con una punta dell’1% a Città delMessico) per un aumento di 10 microgrammi per metro cubo nel carico di particolato. Poi, la diminuzione della visibilità anche del 50%, per l’effetto combinato di nebbie (è il caso della Valle del Po) e presenza di particelle di Pm 2,5. Infine, i danni all’ecosistema, con le piogge acide che si originano dagli ossidi di azoto e da quelli di zolfo. Questo significa acidificazione di terreni, fiumi e laghi, che comporta come prima conseguenza una riduzione della produttività agricola: nell’Europa centrale, per esempio, è stata del 30 per cento». Secondo i ricercatori, le emissioni delle megacities incideranno sempre più pesantemente sul riscaldamento globale: anche se occupano appena lo 0,2% della superficie della Terra, le megalopoli già oggi producono l’80% dei gas serra. Viverci, in un prossimo futuro, sarà sempre più una corsa ad ostacoli: pioverà meno, si respirerà malissimo e si morirà (maggiormente) di inquinamento.
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