L'ultima moda negli Usa: aziende senza dipendenti
Corriere della Sera del 14 dicembre 2006, pag. 31
di Massimo Gaggi
«Piccolo è bello» è uno slogan non più di moda in Italia, da quando è emerso che le imprese minori sono redditizie, ma non hanno le risorse per presidiare i grandi mercati internazionali e per sostenere investimenti in ricerca e sviluppo. Negli Stati Uniti, invece, «piccolo» va di moda: non solo in libreria, dove è appena uscito «Small is the new Big», di Seth Godin, un imprenditore diventato il guru del «microbusiness», ma anche nella realtà del tessuto aziendale. Le microaziende senza dipendenti sono, infatti, più di 20 milioni, secondo un'analisi della Small Business Administration, l'Agenzia federale per le piccole imprese, condotta in collaborazione col quotidiano Usa Today. Parliamo di una situazione diversa: all'America non mancano certo i grandi gruppi che spendono miliardi di dollari per la ricerca. A fianco di questo tèssuto — che rimane vitale, ma sta perdendo occupati — negli ultimi anni sono però cresciute mille attività autonome: non solo professionisti e artigiani, ma anche commercianti la cui vetrina è un personal computer, gente che ha imparato a vendere on Une e consegnare la mercé usando spedizionieri come FedEx o Ups.
LA NUOVA FORMULA — Ma il fenomeno più in crescita riguarda le imprese che riescono a concepire, produrre e consegnare un prodotto senza avere dipendenti: il trionfo dell’outsourcing. Cominciò tutto molti anni con industrie come quella automobilistica che affidavano a imprese esterne la produzione di componenti. Oggi le grandi Case mondiali dell'auto fanno quasi solo progettazione, assemblaggio finale e commercializzazione del prodotto.
Molti imprenditori che hanno scelto il «working solo» (una filosofia divenuta ormai marchio, coi suoi giornali, i centri di orientamento, i blog) stanno battendo la stessa strada, aiutati dalle nuove tecnologie della «rete». A spingerli è anche il desiderio di evitare gli oneri (finanziari e burocratici) legati alla gestione di una forza-lavoro. Zero dipendenti significa delegare le principali funzioni aziendali a specialisti secondo il «modello Hollywood». Chi produce un film in genere mette insieme una squadra di attori, sceneggiatori, tecnici, che si scioglie quando la pellicola è pronta per le sale cinematografiche. Qualcosa di simile avviene anche in queste microimprese: chi ha l'idea di un prodotto o di un servizio innovativo trova, attraverso i siti specializzati, i professionisti necessari. E, sempre attraverso il web, raggiunge i potenziali acquirenti.
PUBBLICITÀ' E VIDEO — È il caso di John Whiteside, un esperto di marketing di Houston che ha creato una ditta specializzata in campagne di lancio di nuovi prodotti. Non ha dipendenti, ma con lui collaborano altri tre esperti con base ad Alexandria, non lontano da Washington, a Boston e a Syracuse. Poi c'è Nicolas Vantomme, regista globetrotter di video, che produce programmi televisivi per il mercato Usa dal suo loft in Belgio, usando tecnici americani. É ancora «Billable Hour», società che produce oggetti «personalizzati», dagli orologi ai biglietti d'auguri, col lavoro di due persone. Il resto lo fanno un tecnico web di Buffalo, un grafico dello Utah, un designer di San Diego. Gli oggetti vengono importati o prodotti da fornitori sempre diversi. In questo, come in altri casi, una delle chiavi principali sta nei programmi di editing disponibili su Internet, spesso gratuiti. Un settore che sta crescendo anche grazie allo sviluppo delle cosiddette «reti sociali», fenomeno che ha creato una disputa accademica: per Yochai Benkler, professore di Yale, la produzione di beni che hanno un contenuto di informazioni sta evolvendo da un modello industriale basato sul capitale a una produzione «orizzontale» guidata dalla logica dello scambio di conoscenze: un modello imprenditoriale «collaborativo» perfino più produttivo di quello delle imprese tradizionali. Secondo Nicholas Carr, ex direttore della Harvard Business Review, invece, quello che sta nascendo dalle «reti sociali» non è un nuovo genere di lavoro, slegato dal sistema dei prezzi: ben presto anche per queste prestazioni volontarie verrà individuato il giusto compenso e nascerà una nuova area di mercato.
POTENZA DELLA «RETE» — Intanto le grandi imprese da tempo beneficiano dei contributi della «rete» nella forma del cosiddetto crowdsourcing: l'«intelligenza collettiva» disponibile su Internet che aiuta a sviluppare nuovi prodotti o a risolvere un problema. Ma, man mano che questa intelligenza matura, il rapporto cambia fino a capovolgersi. Lo sanno bene gruppi come Cisco e Microsoft: l'azienda di Bill Gates, con le sue tecnologie è stata all'origine della «polverizzazione democratica» delle conoscenze, ma ora si ritrova attaccata da microaziende figlie di questa nuova cultura che, usando sistemi operativi ormai gratuiti e programmi «open source», riescono a sottrarre lembi di mercato ai giganti in alcuni settori come la distribuzione delle e-mail o dei «pacchetti» di dati sulle reti telefoniche. Le imprese in questione, ad esempio Vyatta e Zimbra, sono piccole, ma qualche dipendente ce l'hanno. Un fenomeno che affianca quello delle imprese individuali che crescono al ritmo del 7%: quest'anno supereranno i mille miliardi di dollari di giro d'affari.
Corriere della Sera del 14 dicembre 2006, pag. 31
di Massimo Gaggi
«Piccolo è bello» è uno slogan non più di moda in Italia, da quando è emerso che le imprese minori sono redditizie, ma non hanno le risorse per presidiare i grandi mercati internazionali e per sostenere investimenti in ricerca e sviluppo. Negli Stati Uniti, invece, «piccolo» va di moda: non solo in libreria, dove è appena uscito «Small is the new Big», di Seth Godin, un imprenditore diventato il guru del «microbusiness», ma anche nella realtà del tessuto aziendale. Le microaziende senza dipendenti sono, infatti, più di 20 milioni, secondo un'analisi della Small Business Administration, l'Agenzia federale per le piccole imprese, condotta in collaborazione col quotidiano Usa Today. Parliamo di una situazione diversa: all'America non mancano certo i grandi gruppi che spendono miliardi di dollari per la ricerca. A fianco di questo tèssuto — che rimane vitale, ma sta perdendo occupati — negli ultimi anni sono però cresciute mille attività autonome: non solo professionisti e artigiani, ma anche commercianti la cui vetrina è un personal computer, gente che ha imparato a vendere on Une e consegnare la mercé usando spedizionieri come FedEx o Ups.
LA NUOVA FORMULA — Ma il fenomeno più in crescita riguarda le imprese che riescono a concepire, produrre e consegnare un prodotto senza avere dipendenti: il trionfo dell’outsourcing. Cominciò tutto molti anni con industrie come quella automobilistica che affidavano a imprese esterne la produzione di componenti. Oggi le grandi Case mondiali dell'auto fanno quasi solo progettazione, assemblaggio finale e commercializzazione del prodotto.
Molti imprenditori che hanno scelto il «working solo» (una filosofia divenuta ormai marchio, coi suoi giornali, i centri di orientamento, i blog) stanno battendo la stessa strada, aiutati dalle nuove tecnologie della «rete». A spingerli è anche il desiderio di evitare gli oneri (finanziari e burocratici) legati alla gestione di una forza-lavoro. Zero dipendenti significa delegare le principali funzioni aziendali a specialisti secondo il «modello Hollywood». Chi produce un film in genere mette insieme una squadra di attori, sceneggiatori, tecnici, che si scioglie quando la pellicola è pronta per le sale cinematografiche. Qualcosa di simile avviene anche in queste microimprese: chi ha l'idea di un prodotto o di un servizio innovativo trova, attraverso i siti specializzati, i professionisti necessari. E, sempre attraverso il web, raggiunge i potenziali acquirenti.
PUBBLICITÀ' E VIDEO — È il caso di John Whiteside, un esperto di marketing di Houston che ha creato una ditta specializzata in campagne di lancio di nuovi prodotti. Non ha dipendenti, ma con lui collaborano altri tre esperti con base ad Alexandria, non lontano da Washington, a Boston e a Syracuse. Poi c'è Nicolas Vantomme, regista globetrotter di video, che produce programmi televisivi per il mercato Usa dal suo loft in Belgio, usando tecnici americani. É ancora «Billable Hour», società che produce oggetti «personalizzati», dagli orologi ai biglietti d'auguri, col lavoro di due persone. Il resto lo fanno un tecnico web di Buffalo, un grafico dello Utah, un designer di San Diego. Gli oggetti vengono importati o prodotti da fornitori sempre diversi. In questo, come in altri casi, una delle chiavi principali sta nei programmi di editing disponibili su Internet, spesso gratuiti. Un settore che sta crescendo anche grazie allo sviluppo delle cosiddette «reti sociali», fenomeno che ha creato una disputa accademica: per Yochai Benkler, professore di Yale, la produzione di beni che hanno un contenuto di informazioni sta evolvendo da un modello industriale basato sul capitale a una produzione «orizzontale» guidata dalla logica dello scambio di conoscenze: un modello imprenditoriale «collaborativo» perfino più produttivo di quello delle imprese tradizionali. Secondo Nicholas Carr, ex direttore della Harvard Business Review, invece, quello che sta nascendo dalle «reti sociali» non è un nuovo genere di lavoro, slegato dal sistema dei prezzi: ben presto anche per queste prestazioni volontarie verrà individuato il giusto compenso e nascerà una nuova area di mercato.
POTENZA DELLA «RETE» — Intanto le grandi imprese da tempo beneficiano dei contributi della «rete» nella forma del cosiddetto crowdsourcing: l'«intelligenza collettiva» disponibile su Internet che aiuta a sviluppare nuovi prodotti o a risolvere un problema. Ma, man mano che questa intelligenza matura, il rapporto cambia fino a capovolgersi. Lo sanno bene gruppi come Cisco e Microsoft: l'azienda di Bill Gates, con le sue tecnologie è stata all'origine della «polverizzazione democratica» delle conoscenze, ma ora si ritrova attaccata da microaziende figlie di questa nuova cultura che, usando sistemi operativi ormai gratuiti e programmi «open source», riescono a sottrarre lembi di mercato ai giganti in alcuni settori come la distribuzione delle e-mail o dei «pacchetti» di dati sulle reti telefoniche. Le imprese in questione, ad esempio Vyatta e Zimbra, sono piccole, ma qualche dipendente ce l'hanno. Un fenomeno che affianca quello delle imprese individuali che crescono al ritmo del 7%: quest'anno supereranno i mille miliardi di dollari di giro d'affari.
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