Presto l’“oro blu” sarà più prezioso di gas e petrolio
Il Messaggero del 23 marzo 2007, pag. 1
di Roberto Livi
Non solo petrolio e gas. Nei prossimi anni la sfida tra le grandi potenze si allargherà al controllo dell’acqua, vero e proprio ”oro blu“. In occasione della Giornata mondiale per l’acqua, indetta dalle Nazioni Unite, l’allarme lanciato dalla Fao nel 2050 un terzo dell’umanità rischia di restare senz’acqua fotografa una situazione che gli strateghi a Washington come a Mosca hanno ben presente. Per un pianeta assetato le risorse idriche saranno altrettanto, se non più importanti di quelle energetiche. Tanto che il primo gennaio di quest’anno in Russia è entrata in vigore la nuova legge (”Codice per l’acqua“) firmata dal presidente Vladimir Putin: in pratica stabilisce che tutte le risorse idriche in terre federali, regionali e persino private appartengono allo Stato. Unica eccezione, i bacini contenuti in terreni privati, purché non superino i 3000 metri quadri e siano a una distanza maggiore di un chilometro da insediamenti umani.
Dopo greggio e gas, dunque, è già pronta la nuova ”arma“ del Cremlino. I sogni di grandezza di Putin sono alimentati anche dall’«oro trasparente», come lo definisce il quotidiano Novoe Izvestia. «Entro 30-40 anni sarà l’acqua a rappresentare la maggiore fonte di entrate per il bilancio della Russia» ripete da tempo Viktor Danilov-Danilyan, direttore dell’Istituto per i problemi idrici della Russia. «La Russia possiede riserve di acqua di superficie seconde solo al Brasile e potenzialità (paludi, zone ghiacciate, bacini sotterranei) ancora maggiori. Dunque, potremo occupare un buon posto tra i fornitori d'acqua e tra gli esportatori di prodotti che richiedono grande consumo idrico» (energia elettrica, prodotti alimentari, chimica dei polimeri ecc.). Asia e Medio Oriente sono potenziali futuri clienti. Molto condizionabili dall’ex potenza imperiale sovietica, come oggi lo sono Ucraina e Bielorussia per quanto riguarda il gas.
Gli Stati Uniti rischiano di avere problemi con l’acqua negli Stati dell’Ovest e del Sud. Come reagiscono? Secondo alcuni esperti di Ong e noglobal per rispondere bisogna spostarsi ben a Sud del Rio Bravo. Fino nel Chaco Paraguayo, regione occidentale del Paraguay. Che ci fa una base militare americana ancora semiufficiale nella sperduta località (meno di 3.000 anime) di Mariscal Estigarribia, provincia di Boquerone, a 200 chilometri dalla Bolivia e vicino all’Argentina (alla provincia di Formosa y Salta)? Perché è dotata di pista d’atterraggio di 3.800 metri, capace di ricevere i giganti (Galaxy e B 52)dell’aviazione americana? E, infine, come si spiegano i lavori in corso per ampliare le strutture della base fino a poter ospitare 16.000 uomini?
Lotta al terrorismo è la risposta di Washington. Dopo l’11 settembre, la priorità di Bush è questa. E uno degli obiettivi è la cosiddetta ”Triplice frontiera“, dove Argentina, Brasile e Paraguay si incontrano proprio alle famose cascate di Iguazu. Una zona franca nel cuore del subcontinente dove vi è un’importante comunità araba e dove sono state trovate tracce che conducevano a operazioni finanziarie riconducili a Al Qaeda.
Diversa l’opinione del premio Nobel per la pace, l’argentino Adolfo Pérez Esquivel che parla anche a nome di movimenti noglobal. «L’obiettivo è il controllo della maggiore riserva idrica dell’America latina», sostiene. Il riferimento è al bacino acquifero sotterraneo Guaranì.
Chiamato anche ”Acuìfero Gigante del Mercosur“ costituisce un colossale giacimento di acqua potabile, forse la riserva più importante del mondo. Infatti i suoi ”confini“ non sono ancora ben noti. Si sa che si estende lungo i bacini dei fiumi Paranà, Paraguay e Uruguay. Secondo i dati oggi disponibili la sua superficie è di 1.195.000 chilometri quadrati, dei quali 839.000 rientrano nel territorio del Brasile, 226.000 in quello dell’Argentina, 71.000 in Paraguay e 59.000 in Uruguay.
Quello che è certo è che vi è acqua per dissetare tutta l’America Latina per anni: 55.000 miliardi di litri di prezioso ”oro azzurro“. Un affare gigantesco se a pomparlo saranno firme multinazionali. Un affare da osteggiare, come affermano i due presidenti ”bolivariani“, il boliviano Evo Morales e il venezuelano Hugo Chavez. Il quale da tempo tuona che «l’acqua è più importante del petrolio».
Il Messaggero del 23 marzo 2007, pag. 1
di Roberto Livi
Non solo petrolio e gas. Nei prossimi anni la sfida tra le grandi potenze si allargherà al controllo dell’acqua, vero e proprio ”oro blu“. In occasione della Giornata mondiale per l’acqua, indetta dalle Nazioni Unite, l’allarme lanciato dalla Fao nel 2050 un terzo dell’umanità rischia di restare senz’acqua fotografa una situazione che gli strateghi a Washington come a Mosca hanno ben presente. Per un pianeta assetato le risorse idriche saranno altrettanto, se non più importanti di quelle energetiche. Tanto che il primo gennaio di quest’anno in Russia è entrata in vigore la nuova legge (”Codice per l’acqua“) firmata dal presidente Vladimir Putin: in pratica stabilisce che tutte le risorse idriche in terre federali, regionali e persino private appartengono allo Stato. Unica eccezione, i bacini contenuti in terreni privati, purché non superino i 3000 metri quadri e siano a una distanza maggiore di un chilometro da insediamenti umani.
Dopo greggio e gas, dunque, è già pronta la nuova ”arma“ del Cremlino. I sogni di grandezza di Putin sono alimentati anche dall’«oro trasparente», come lo definisce il quotidiano Novoe Izvestia. «Entro 30-40 anni sarà l’acqua a rappresentare la maggiore fonte di entrate per il bilancio della Russia» ripete da tempo Viktor Danilov-Danilyan, direttore dell’Istituto per i problemi idrici della Russia. «La Russia possiede riserve di acqua di superficie seconde solo al Brasile e potenzialità (paludi, zone ghiacciate, bacini sotterranei) ancora maggiori. Dunque, potremo occupare un buon posto tra i fornitori d'acqua e tra gli esportatori di prodotti che richiedono grande consumo idrico» (energia elettrica, prodotti alimentari, chimica dei polimeri ecc.). Asia e Medio Oriente sono potenziali futuri clienti. Molto condizionabili dall’ex potenza imperiale sovietica, come oggi lo sono Ucraina e Bielorussia per quanto riguarda il gas.
Gli Stati Uniti rischiano di avere problemi con l’acqua negli Stati dell’Ovest e del Sud. Come reagiscono? Secondo alcuni esperti di Ong e noglobal per rispondere bisogna spostarsi ben a Sud del Rio Bravo. Fino nel Chaco Paraguayo, regione occidentale del Paraguay. Che ci fa una base militare americana ancora semiufficiale nella sperduta località (meno di 3.000 anime) di Mariscal Estigarribia, provincia di Boquerone, a 200 chilometri dalla Bolivia e vicino all’Argentina (alla provincia di Formosa y Salta)? Perché è dotata di pista d’atterraggio di 3.800 metri, capace di ricevere i giganti (Galaxy e B 52)dell’aviazione americana? E, infine, come si spiegano i lavori in corso per ampliare le strutture della base fino a poter ospitare 16.000 uomini?
Lotta al terrorismo è la risposta di Washington. Dopo l’11 settembre, la priorità di Bush è questa. E uno degli obiettivi è la cosiddetta ”Triplice frontiera“, dove Argentina, Brasile e Paraguay si incontrano proprio alle famose cascate di Iguazu. Una zona franca nel cuore del subcontinente dove vi è un’importante comunità araba e dove sono state trovate tracce che conducevano a operazioni finanziarie riconducili a Al Qaeda.
Diversa l’opinione del premio Nobel per la pace, l’argentino Adolfo Pérez Esquivel che parla anche a nome di movimenti noglobal. «L’obiettivo è il controllo della maggiore riserva idrica dell’America latina», sostiene. Il riferimento è al bacino acquifero sotterraneo Guaranì.
Chiamato anche ”Acuìfero Gigante del Mercosur“ costituisce un colossale giacimento di acqua potabile, forse la riserva più importante del mondo. Infatti i suoi ”confini“ non sono ancora ben noti. Si sa che si estende lungo i bacini dei fiumi Paranà, Paraguay e Uruguay. Secondo i dati oggi disponibili la sua superficie è di 1.195.000 chilometri quadrati, dei quali 839.000 rientrano nel territorio del Brasile, 226.000 in quello dell’Argentina, 71.000 in Paraguay e 59.000 in Uruguay.
Quello che è certo è che vi è acqua per dissetare tutta l’America Latina per anni: 55.000 miliardi di litri di prezioso ”oro azzurro“. Un affare gigantesco se a pomparlo saranno firme multinazionali. Un affare da osteggiare, come affermano i due presidenti ”bolivariani“, il boliviano Evo Morales e il venezuelano Hugo Chavez. Il quale da tempo tuona che «l’acqua è più importante del petrolio».
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