Nei cantieri è peggio che in Iraq: più morti che nella seconda Guerra del Golfo
L'Unità del 23 maggio 2007, pag. 2
di Massimo Franchi
Accomunate dall'oblio, guerra in Iraq e guerra dei cantieri possono essere messe in parallelo. Ieri l'Eurispes lo ha fatto scoprendo che negli ultimi tre anni i morti sul lavoro in Italia hanno superato i soldati della coalizione internazionale morti nel tentativo di tenere sotto controllo l'ex regno di Saddam Hussein. Dall'aprile 2003 all'aprile 2007 i militari che hanno perso la vita sono stati 3.520, mentre, dal 2003 all'ottobre 2006, a casa nostra ben 5.252 persone sono deceduti mentre lavoravano. Il dato impressiona perché mette davanti agli occhi una guerra quotidiana che manda all'altro mondo 3,6 lavoratori al giorno. Elaborando dati Inail su richiesta della commissione Attività produttive della Camera, l'Eurispes evidenzia dati agghiaccianti. Come quello che rivela come circa l'85 per cento degli incidenti mortali avviene nell'ambito dei sub-appalti, testimoniando come nel groviglio di ditte si annidi l'insicurezza sul lavoro. Un incidente ogni 15 lavoratori, un morto ogni 8.100 addetti: ogni anno in Italia muoiono in media 1.376 persone. Altro dato impressionante. La percentuale media delle denunce per infortunio tra i lavoratori immigrati è dell'I 1,71 per cento, mentre quella dei decessi è del 12,03 per cento: la sostanziale uguaglianza, sottolinea il rapporto, è anomala, dato che per i lavoratori italiani la percentuale degli incidenti è di gran lunga superiore a quella dei morti. In poche parole questo dato da la certezza che la maggior parte degli infortuni non mortali che subiscono gli immigrati non sono denunciati. La causa principale di morte è naturalmente la caduta dall'impalcatura in edilizia: con 850 morti l'anno, poco meno del 70 per cento delle intere morti. L'età media di chi perde la vita sul lavoro si aggira sui 37 anni. Il presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara punta il dito contro «la sovrapposizione di moli e di competenze che impedisce la messa a punto e l'applicazione di una coerente ed efficace strategia di prevenzione e di contrasto. Occorre -afferma - concentrare competenze e risorse, razionalizzare il sistema così da evitare anche gli sprechi». Sul banco degli imputati gli appalti pubblici al ribasso: «Le imprese quasi sempre risparmiano sulla sicurezza e sul costo dei lavoratori, scegliendo maestranze poco preparate». Altro atto d'accusa: l'incidenza dei morti sul lavoro - calcolata sul numero di addetti - vede in cima alla lista Molise, Calabria, Puglia, Basilicata, Sicilia e Campania. «Regioni dove, non a caso - conclude Fara - è più alto l'indice di disoccupazione, perché il fenomeno delle morti bianche è legato a doppio nodo con la piaga del precariato». Per il presidente della commissione Attività produttiva, Daniele Capezzone, «anziché vessare fiscalmente e burocraticamente le aziende, occorre fare un patto per la sicurezza, intensificare i controlli ed eliminare il meccanismo appalti-subappalti». E la cronaca intanto conferma le statistiche. Leo Annibale Prenicchi, 42 anni, nato in Belgio e trasferito in Toscana dove viveva presso il Ceis, il Centro di recupero diretto da don Bruno Frediani, è morto ieri in un cantiere a Lido di Camaiore, in provincia di Lucca. È rimasto sepolto sotto il crollo improvviso di un'ala del cascinale che stava ristrutturando assieme ai colleghi della cooperativa Poseidon. Un suo collega, il marocchino Tahar, è grave all'ospedale con gambe e bacino fratturato.
L'Unità del 23 maggio 2007, pag. 2
di Massimo Franchi
Accomunate dall'oblio, guerra in Iraq e guerra dei cantieri possono essere messe in parallelo. Ieri l'Eurispes lo ha fatto scoprendo che negli ultimi tre anni i morti sul lavoro in Italia hanno superato i soldati della coalizione internazionale morti nel tentativo di tenere sotto controllo l'ex regno di Saddam Hussein. Dall'aprile 2003 all'aprile 2007 i militari che hanno perso la vita sono stati 3.520, mentre, dal 2003 all'ottobre 2006, a casa nostra ben 5.252 persone sono deceduti mentre lavoravano. Il dato impressiona perché mette davanti agli occhi una guerra quotidiana che manda all'altro mondo 3,6 lavoratori al giorno. Elaborando dati Inail su richiesta della commissione Attività produttive della Camera, l'Eurispes evidenzia dati agghiaccianti. Come quello che rivela come circa l'85 per cento degli incidenti mortali avviene nell'ambito dei sub-appalti, testimoniando come nel groviglio di ditte si annidi l'insicurezza sul lavoro. Un incidente ogni 15 lavoratori, un morto ogni 8.100 addetti: ogni anno in Italia muoiono in media 1.376 persone. Altro dato impressionante. La percentuale media delle denunce per infortunio tra i lavoratori immigrati è dell'I 1,71 per cento, mentre quella dei decessi è del 12,03 per cento: la sostanziale uguaglianza, sottolinea il rapporto, è anomala, dato che per i lavoratori italiani la percentuale degli incidenti è di gran lunga superiore a quella dei morti. In poche parole questo dato da la certezza che la maggior parte degli infortuni non mortali che subiscono gli immigrati non sono denunciati. La causa principale di morte è naturalmente la caduta dall'impalcatura in edilizia: con 850 morti l'anno, poco meno del 70 per cento delle intere morti. L'età media di chi perde la vita sul lavoro si aggira sui 37 anni. Il presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara punta il dito contro «la sovrapposizione di moli e di competenze che impedisce la messa a punto e l'applicazione di una coerente ed efficace strategia di prevenzione e di contrasto. Occorre -afferma - concentrare competenze e risorse, razionalizzare il sistema così da evitare anche gli sprechi». Sul banco degli imputati gli appalti pubblici al ribasso: «Le imprese quasi sempre risparmiano sulla sicurezza e sul costo dei lavoratori, scegliendo maestranze poco preparate». Altro atto d'accusa: l'incidenza dei morti sul lavoro - calcolata sul numero di addetti - vede in cima alla lista Molise, Calabria, Puglia, Basilicata, Sicilia e Campania. «Regioni dove, non a caso - conclude Fara - è più alto l'indice di disoccupazione, perché il fenomeno delle morti bianche è legato a doppio nodo con la piaga del precariato». Per il presidente della commissione Attività produttiva, Daniele Capezzone, «anziché vessare fiscalmente e burocraticamente le aziende, occorre fare un patto per la sicurezza, intensificare i controlli ed eliminare il meccanismo appalti-subappalti». E la cronaca intanto conferma le statistiche. Leo Annibale Prenicchi, 42 anni, nato in Belgio e trasferito in Toscana dove viveva presso il Ceis, il Centro di recupero diretto da don Bruno Frediani, è morto ieri in un cantiere a Lido di Camaiore, in provincia di Lucca. È rimasto sepolto sotto il crollo improvviso di un'ala del cascinale che stava ristrutturando assieme ai colleghi della cooperativa Poseidon. Un suo collega, il marocchino Tahar, è grave all'ospedale con gambe e bacino fratturato.
Nessun commento:
Posta un commento