«Indipendenza ebraica, catastrofe palestinese» Un libro di scuola rompe il tabù in Israele
Corriere della Sera del 23 luglio 2007, pag. 15
di Davide Frattini
«Quando la guerra del 1948-49 finì, gli ebrei prevalsero, Israele e i suoi vicini conclusero un armistizio. Gli arabi chiamano l'esito di quel conflitto Nakba, il disastro. Gli ebrei la chiamano Guerra di indipendenza». Perla prima volta i bambini arabi israeliani leggeranno la parola Nakba in un libro di testo per le elementari. Yuli Tamir, ministro dell'Educazione laburista, ha voluto che la «catastrofe» venisse introdotta, almeno nelle scuole delle città a maggioranza araba .
Il nuovo volume, intitolato Vivere insieme in Israele, illustra le ragioni della nascita dello Stato ebraico – spiegano dal ministero - come vengono presentate in tutti gli istituti del Paese: lo storico legame degli ebrei con la regione e il loro bisogno di una nazione dopo i massacri dell'Olocausto. «Abbiamo semplicemente deciso di non nascondere più come i palestinesi hanno vissuto e giudicato quell'evento — commenta la curatrice Dalia Fenig —. Cancellare la questione non la farà certo sparire». Yuli Tamir ha spiegato al sito Ynet che il libro offre «una visione equilibrata, così i bambini arabi posso contestualizzare quello che in ogni caso gli viene raccontato dai genitori». E dagli insegnanti. «Quando insegno storia—commenta Ali Arish, maestro arabo israeliano — uso sempre il termine Nakba. Che non fosse menzionato fino a ora non fa molta differenza».
Il libro racconta l'esodo di 700 mila arabi, spiega che fuggirono dalle loro case per la guerra, ma anche perché espulsi dalle truppe ebraiche vittoriose. Ricorda che gli ebrei nel 1947 accettarono il piano di spartizione delle Nazioni Unite, mentre i Paesi arabi lo respinsero e che il conflitto scoppiò quando queste nazioni decisero l'attacco.
La decisione del ministro laburista è stata attaccata da Avigdor Lieberman, leader del partito ultranazionalista Israele la nostra casa, che siede con lei nel governo: «Sembra che voglia chiedere scusa per l'esistenza di Israele. Esibisce una sorta di masochismo politico e dimostra di non avere alcun orgoglio per la patria». Il parlamentare Zvulun Orlev, della destra religiosa, ha chiesto al premier Ehud Olmert di licenziarla. «La sua è una scelta antisionista e mette in discussione l'esistenza di Israele come uno Stato ebraico». Limor Livnat, Likud ed ex ministro dell'Educazione, teme che i bambini arabi israeliani vengano spinti a combattere contro gli ebrei: «Se gli insegniamo che la nascita di Israele è stata una catastrofe per i loro nonni o bisnonni, è come allevare una quinta colonna».
Una nuova generazione di storici israeliani, definiti post sionisti, ha riaperto alla fine degli anni Ottanta la questione dell'esodo palestinese. Sostengono che molti arabi vennero espulsi dalle loro case (elencando casi di massacri contro i civili) e che venne impedito loro di tornare perché il neoStato ebraico temeva di essere sommerso dai rifugiati. Benny Morris, che aveva inaugurato il filone nel 1987, ha pubblicato diciassette anni dopo 1948. Israele e Palestina tra guerra e pace, dove rivede alcune delle sue tesi politiche. «Ci si potrebbe domandare — scrive nell'introduzione — che cosa farebbe in una situazione simile Ben Gurion, potesse tornare in vita in qualche modo, visto che probabilmente nel 1948 avrebbe voluto architettare un esodo completo piuttosto che parziale, anche se si tirò indietro all'ultimo momento. Forse oggi rimpiangerebbe la sua moderazione. Se fosse andato dritto, forse oggi il Medio Oriente sarebbe un posto più fiorente, meno violento».
Yuli Tamir, una delle fondatrici del movimento Peace Now, era già stata attaccata, quando aveva reintrodotto la Linea Verde, il confine d'armistizio prima della guerra del 1967, sulle mappe pubblicate nei libri di testo.
Corriere della Sera del 23 luglio 2007, pag. 15
di Davide Frattini
«Quando la guerra del 1948-49 finì, gli ebrei prevalsero, Israele e i suoi vicini conclusero un armistizio. Gli arabi chiamano l'esito di quel conflitto Nakba, il disastro. Gli ebrei la chiamano Guerra di indipendenza». Perla prima volta i bambini arabi israeliani leggeranno la parola Nakba in un libro di testo per le elementari. Yuli Tamir, ministro dell'Educazione laburista, ha voluto che la «catastrofe» venisse introdotta, almeno nelle scuole delle città a maggioranza araba .
Il nuovo volume, intitolato Vivere insieme in Israele, illustra le ragioni della nascita dello Stato ebraico – spiegano dal ministero - come vengono presentate in tutti gli istituti del Paese: lo storico legame degli ebrei con la regione e il loro bisogno di una nazione dopo i massacri dell'Olocausto. «Abbiamo semplicemente deciso di non nascondere più come i palestinesi hanno vissuto e giudicato quell'evento — commenta la curatrice Dalia Fenig —. Cancellare la questione non la farà certo sparire». Yuli Tamir ha spiegato al sito Ynet che il libro offre «una visione equilibrata, così i bambini arabi posso contestualizzare quello che in ogni caso gli viene raccontato dai genitori». E dagli insegnanti. «Quando insegno storia—commenta Ali Arish, maestro arabo israeliano — uso sempre il termine Nakba. Che non fosse menzionato fino a ora non fa molta differenza».
Il libro racconta l'esodo di 700 mila arabi, spiega che fuggirono dalle loro case per la guerra, ma anche perché espulsi dalle truppe ebraiche vittoriose. Ricorda che gli ebrei nel 1947 accettarono il piano di spartizione delle Nazioni Unite, mentre i Paesi arabi lo respinsero e che il conflitto scoppiò quando queste nazioni decisero l'attacco.
La decisione del ministro laburista è stata attaccata da Avigdor Lieberman, leader del partito ultranazionalista Israele la nostra casa, che siede con lei nel governo: «Sembra che voglia chiedere scusa per l'esistenza di Israele. Esibisce una sorta di masochismo politico e dimostra di non avere alcun orgoglio per la patria». Il parlamentare Zvulun Orlev, della destra religiosa, ha chiesto al premier Ehud Olmert di licenziarla. «La sua è una scelta antisionista e mette in discussione l'esistenza di Israele come uno Stato ebraico». Limor Livnat, Likud ed ex ministro dell'Educazione, teme che i bambini arabi israeliani vengano spinti a combattere contro gli ebrei: «Se gli insegniamo che la nascita di Israele è stata una catastrofe per i loro nonni o bisnonni, è come allevare una quinta colonna».
Una nuova generazione di storici israeliani, definiti post sionisti, ha riaperto alla fine degli anni Ottanta la questione dell'esodo palestinese. Sostengono che molti arabi vennero espulsi dalle loro case (elencando casi di massacri contro i civili) e che venne impedito loro di tornare perché il neoStato ebraico temeva di essere sommerso dai rifugiati. Benny Morris, che aveva inaugurato il filone nel 1987, ha pubblicato diciassette anni dopo 1948. Israele e Palestina tra guerra e pace, dove rivede alcune delle sue tesi politiche. «Ci si potrebbe domandare — scrive nell'introduzione — che cosa farebbe in una situazione simile Ben Gurion, potesse tornare in vita in qualche modo, visto che probabilmente nel 1948 avrebbe voluto architettare un esodo completo piuttosto che parziale, anche se si tirò indietro all'ultimo momento. Forse oggi rimpiangerebbe la sua moderazione. Se fosse andato dritto, forse oggi il Medio Oriente sarebbe un posto più fiorente, meno violento».
Yuli Tamir, una delle fondatrici del movimento Peace Now, era già stata attaccata, quando aveva reintrodotto la Linea Verde, il confine d'armistizio prima della guerra del 1967, sulle mappe pubblicate nei libri di testo.
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