l'Unità 18.11.07
America e Israele la lobby dello scandalo
di Umberto De Giovannangeli
L’INTERVISTA Incontro con John Mearsheimer e Stephen Walt, due accademici americani autori di un libro che ha acceso un aspro dibattito negli Usa. Perché parla di una coalizionepro-Stato ebraico che influenza la politica estera del loro paese
L’uscita del libro è stata accompagnata da un mare di polemiche negli Usa e ha suscitato uno dei dibattiti più accesi degli ultimi decenni. La ragione è già lampante nel titolo: La Israel lobby e la politica estera americana, edito in Italia da Mondadori (pp. 442, euro 18,50). L’Unità ne ha discusso con i due autori: John J. Mearsheimer e Stephen M.Walt.La prima domanda è d’obbligo: cos’è la Israel lobby e come riesce a condizionare così fortemente la politica estera dell’iper potenza mondiale?Walt:«La Israel lobby è una coalizione estremamente ampia formata sia da persone che da organizzazioni, che opera apertamente influenzando in modo pregnante con la propria azione certune politiche che il governo americano ha messo in essere e sono ancora in essere pro-Israele. C’è da sottolineare che la Israel lobby non è una lobby ebraica, nonostante spinga per politiche pro-Israele, perché i suoi membri non sono necessariamente di religione ebraica, anzi molti esponenti di diversi gruppi ebraici non ne fanno parte in America. La Israel lobby è formata per una sua buona parte da gruppi cristiani ed evangelici, che sono poi quelli che esercitano più da vicino le pressioni sul governo americano».Mearsheimer:«Negli Usa ci sono molti gruppi d’interesse che spesso esercitano questo loro potere per influenzare determinate linee politiche che vengono adottate dal governo. È importante rilevare che la Israel lobby ha una profonda influenza sulle politiche governative, in particolare mediorientali, del governo americano; una influenza che si esercita dando forma e contenuto a quello che poi verrà adottato dal governo. La Israel lobby è estremamente potente perché è molto ben organizzata, può contare su fondi notevoli, soprattutto è composta da una serie di individui che sono molto intelligenti e sanno molto bene come muoversi nei vari ambiti del potere politico, e poi la Israel lobby ha sempre mostrato un forte impegno nel far approvare dal governo americano politiche di sostegno a Israele. La Israel lobby è un gruppo d’interesse particolarmente potente perché non ha nessuna opposizione. Contrariamente a quanto molti credono non esistono lobby arabe che siano altrettanto potenti, neanche quella del petrolio».Una delle tesi più forti che sostanziano il libro è che la Israel lobby danneggerebbe anche le relazioni degli Stati Uniti con i suoi più importanti alleati, accrescendo per tutti i Paesi occidentali i pericoli del terrorismo islamico globale.Walt:«Da molto tempo a questa parte si è manifestata una differenza significativa fra ciò che è il pensiero europeo e quello statunitense nei confronti delle politiche che vengono messe in essere da Israele contro i palestinesi. C’è una divergenza di punti di vista, nel senso che quasi tutti i leader europei, e tra questi anche Tony Blair, hanno sempre cercato di esercitare delle pressioni sugli americani affinché, per fare un esempio, gli israeliani arrestassero la politica di costruzione degli insediamenti nei territori occupati, permettendo così di dare corpo alla possibilità di realizzare uno Stato palestinese vitale. Nonostante queste pressioni che continuano a giungere dall’Europa, nessun presidente degli Stati Uniti ha veramente messo a punto in modo fattivo una misura che riuscisse a bloccare la politica di colonizzazione israeliana dei Territori, e questo proprio a causa dell’influenza della Israel lobby. Si può anche affermare che questa situazione abbia poi creato delle divergenze, a volte anche molto significative, fra gli europei e gli americani. Tutti i leader europei si rendono perfettamente conto che il tipo di comportamento politico e pratico che Israele ha nei confronti dei palestinesi non fa altro che alimentare le frange terroriste arabe e rafforzare i gruppi radicali palestinesi, come Hamas. E con altrettanta chiarezza, i leader europei si rendono conto che c’è una altissima probabilità che poi gli attacchi terroristici dei gruppi jihadisti siano sofferti in prima persona dall’Europa e solo in seconda battuta dagli Stati Uniti».Una delle accuse più pesanti che ha accompagnato negli Stati Uniti l’uscita del libro, è stata quella di antisemitismo.Walt:«Praticamente chiunque si ritrovi nella condizione di accusare Israele per le politiche che Israele mette in essere, negli Usa viene tacciato immediatamente di antisemitismo. L’esempiò più eclatante riguarda l’ex presidente Jimmy Carter che è stato apertamente accusato di antisemitismo, se non addirittura di neonazismo, semplicemente perché si era permesso di criticare, in un libro che ha pubblicato, le azioni del governo israeliano nei confronti dei palestinesi. Questa è una tattica che viene comunemente usata proprio per mettere sotto accusa chiunque si permetta di criticare le politiche israeliane. Noi siamo stati molto attenti nel nostro libro a non dare adito a nessuna accusa di antisemitismo. Siamo stati critici nei confronti di determinate politiche che Israele ha messo in atto, ma certamente il nostro libro può essere tutto tranne che un libro antisemita. Anzi: noi abbiamo detto molto apertamente che sosteniamo il diritto di esistenza di Israele e abbiamo anche chiarito che la Israel lobby ha un suo status di normalità e quindi di legalità nell’ambito del sistema americano, e soprattutto che le azioni che la Israel lobby porta avanti sono tutte riconducibili nell’ambito del sistema democratico, e dunque non c’è nulla di illegale che la Israel lobby faccia. Tuttavia, solo per il fatto che ci siamo permessi di criticare alcune azioni condotte dal governo israeliano, siamo stati oggetto di accuse di antisemitismo e qualcuno ha anche tentato di dipingerci sia come degli estremisti che come dei bigotti».In che modo la Israel lobby potrà influenzare la scelta del nuovo presiden-te Usa? C’è chi sostiene, trascinando l’attuale amministrazione Bush in una nuova guerra: quella contro l’Iran.Walt:«È assolutamente chiaro che indipendentemente dal candidato, democratico o repubblicano, che vincerà le elezioni,colui o colei che diverrà il nuovo Presidente, sarà assolutamente conscio dell’influenza che la Israel lobby ha esercitato sulle elezioni, ponendo così una seria ipoteca sulla politica che il nuovo inquilino della Casa Bianca metterà in atto. Lo si vede benissimo già oggi: tutti i candidati dei due partiti hanno già fatto passi notevoli per dimostrare comunque il loro supporto a Israele, prima ancora delle elezioni. Questo può ragionevolmente portare chiunque a dire che la politica americana non cambierà in modo significativo, indipendentemente dal vincitore delle presidenziali. Ritengo che ciò sia un peccato perché, a mio avviso, se si normalizzassero di più le relazioni tra Usa e Israele, se cioè si fosse più onesti nell’ammettere quelli che sono i pro e contro, e quindi anche gli errori che sono stati compiuti da Israele; se Israele accettasse di più le critiche che a volte, giustamente, le vengono mosse, si creerebbe una situazione decisamente migliore per quanto riguarda i rapporti internazionali. E poi io trovo che, se davvero uno Stato è amico di un altro Stato, come succede fra due amici, il dovere di un amico è quello di avvertire l’altro quando fa degli errori».Mearsheimer:«Per quanto riguarda l’Iran, non c’è dubbio che sia Israele che la Israel lobby sono le forze principali che stanno esercitando pressioni notevoli affinché gli Stati Uniti sferrino l’attacco contro l’Iran. Credo però che la cosa sia decisamente improbabile, nel senso che resto convinto che nel futuro prossimo gli Usa non attaccheranno l’Iran. Con questo non voglio dire che non sia possibile, ma penso che sia improbabile. Per una serie di ragioni: l’America si trova già oggi di fronte a una serie di grossi problemi nel Medio Oriente, e non ha certamente bisogno di scatenare un’altra guerra che andrebbbe a complicare ancora di più la situazione. E poi se gli Stati Uniti dovessero sferrare l’attacco, Teheran per rappresaglia immediatamente agirrebbero su Paesi come l’Afghanistan e l’Iraq, dove già gli Usa sono impantanati e non riescono a delineare una onorevole via di uscita. A tutto ciò va aggiunto che comunque sferrare una guerra contro l’Iran non risolverebbe i problemi perché Teheran si sentirebbe incentivata a sviluppare, occultandola, la costruzione di armamenti nucleari. Va poi tenuto conto che negli Usa i neocons hanno ormai perso molta credibilità, come pure i leader della Israel lobby, perché in passato sono stati veementi sostenitori della guerra contro l’Iraq che si è rivelata essere un disastro strategico e un fallimento totale. Per tutti questi motivi, ritengo improbabile, anche se non impossibile, che il presidente Bush nel corso degli ultimi mesi del suo mandato possa davvero sferrare, peraltro contro le indicazioni dei vertici militari Usa, una guerra all’Iran».
domenica 18 novembre 2007
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