La multinazionale del farmaco avrebbe nascosto gli effetti collaterali del farmaco
Il Paxil induce i bambini al suicidio
GlaxoSmithKline alla sbarra
Tonya Brooks soffre dall’adolescenza di disturbi del sonno, agitazione e aggressività. All’età di quindici anni il medico curante le prescrive un antidepressivo, il Paxil. Ma lei peggiora finché tenta il suicidio con un’overdose di Paxil, associata al sonnifero Ambien, sopravvivendo. Due giorni dopo si fa un buco nel piede con la punta di una forbice, cui segue il ricovero per diversi giorni in ospedale.Tonya è una delle protagoniste del documentario: “Prescription: suicide? ”, il film che racconta l’esperienza di sei famiglie, i cui figli minorenni hanno tentato il suicidio, mentre erano in cura con antidepressivi. Il video è in concorso al Beverly Hills Film Festival e sarà proiettato domani 8 aprile. Tonya non è la sola ad aver scontato gli effetti collaterali del Paxil e la sua storia è diventata un atto d’accusa contro la GlaxoSmithKline, il colosso farmaceutico produttore del Paxil. Brooks si è infatti rivolta al Tribunale di Philadelphia, Pennsylvania, assieme alla madre di un bambino di 11 anni del Kansas, impiccatosi con il guinzaglio del cane nella lavanderia di casa a novembre, dopo 5 anni di terapia con questo farmaco, nonostante il suo uso pediatrico non sia autorizzato negli Usa. Frode e negligenza i reati su cui la Corte indagherà: Glaxo avrebbe nascosto i rischi di induzione al suicidio nei bambini trattati col farmaco, sebbene dal gennaio 2005 la Food and drug administration (Fda) esiga su ogni confezione un black box sui possibili rischi di tendenze al suicidio nei minorenni. La denuncia chiede inoltre di essere classificata come class action, ovvero come una causa collettiva sottoscritta da molti cittadini in rappresentanza di tutti i minorenni statunitensi, che si sono suicidati, o hanno tentato di farlo, in seguito ad una reazione avversa al Paxil.Non si scompone la big pharma, dopotutto non è certo la prima volta che finisce in tribunale. La multinazionale farmaceutica, nasce nel dicembre 2000 dalla fusione di Glaxo Wellcome e SmithKline Beecham e oggi è al secondo posto al mondo con oltre 100mila dipendenti, un fatturato di 34 miliardi di euro e una quota di mercato del 7 per cento. I guai legali della multinazionale iniziano da lontano. E’ il marzo 1998 quando la Fda invia una lettera a SmithKline, che poi si sarebbe fusa con Glaxo, intimandole di non ripetere quanto fatto in Florida, quando ad alcuni bambini fu distribuita una maglietta, con su scritto “Multiple Symptons - One Solution” (Molti sintomi - una soluzione), seguita dal logo del Paxil e dal nome della casa produttrice. Per Fda la scritta indossata dai bambini induceva a ritenere che il farmaco fosse adatto anche a loro, mentre era autorizzato solo per gli adulti. Inoltre, il Paxil non era stato autorizzato per sintomi multipli ma solo per indicazioni specifiche. Stessa storia nel giugno 2004. La Fda invia una lettera d’ammonimento a Gsk, in relazione ad uno spot televisivo del Paxil, giudicato «falso o ingannevole», perché non informa con chiarezza sugli effetti collaterali, suggerisce che il farmaco possa essere più utile di quanto non sia e ne sollecita un esteso utilizzo. Sei mesi dopo, settembre 2004, Glaxo patteggia il pagamento di 2,5 milioni di dollari allo Stato di New York, pur ritenendo infondate le accuse, e si impegna a pubblicare sul web tutti i risultati degli studi clinici sui propri farmaci, in cambio della chiusura della causa che la vede accusa di frode dal Procuratore generale dello Stato di New York, Eliot Spitzer. La causa contro Gsk era stata avviata a giugno e contestava alla compagnia farmaceutica l’occultamento degli studi che riportavano l’inefficacia e gli effetti negativi dell’utilizzo dell’antidepressivo su bambini e adolescenti. E sulla vicenda Paxil, oltre alla recente denuncia, pende già una class action per diffusione di notizie false e ingannevoli, presentata nell’aprile 2004 dagli stessi azionisti della casa farmaceutica.
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