Neonazisti, Israele sotto choc Sgominata una cellula ebraica
Corriere della Sera del 10 settembre 2007, pag. 17
di Davide Frattini
Il numero tatuato sul braccio non è il ricordo tragico dei campi di sterminio, il marchio che i sopravvissuti all'Olocausto portano ancora sul polso. La cifra è una sola: «88», il significato doppio. Un simbolo che vuole esaltare l'orrore nazista e l'ottava lettera dell'alfabeto: «Heil Hitler». I giovani dalla testa rasata, arrestati dalla polizia israeliana, lo esibiscono in mezzo a croci celtiche e svastiche.
Otto ragazzi, attorno ai vent'anni, fermati dopo un'indagine lunga un anno. Sono accusati di pestaggi contro religiosi ebrei (davano la caccia a chiunque indossasse la kippah), immigrati stranieri, omosessuali, drogati. Avrebbero riempito di svastiche una sinagoga a Petah Tikva. Tutto documentato in video che si sono girati da soli. Mentre prendono a calci un uomo a terra o spaccano una bottiglia di birra in testa a un cinese. Mentre fanno il saluto nazista e imbracciano un fucile mitragliatore M-16.
Israele non ha neppure una legge contro l'antisemitismo o l'apologia del nazismo, le norme puniscono in modo generico l'incitamento all'odio razziale, perché nessuno pensava che sarebbe potuto succedere qui. Che un gruppo di adolescenti, immigrato dall'ex Unione Sovietica e cresciuto nel Paese, potesse esaltare ed esaltarsi per l'ideologia che ha prodotto la Shoah.
I ministri del governo, riuniti per il consiglio domenicale, hanno visto i filmati. «Nessuno in questa nazione può rimanere indifferente alle immagini», ha commentato Ehud Olmert. «Mostrano che noi, come società, abbiamo fallito». Il premier parla comunque di «caso isolato, che non tocca la comunità russa nel suo insieme». I telegiornali spiegano che le origini ebraiche degli arrestati sono «dubbie», parte di quell'immigrazione massiccia dalle ex Repubbliche sovietiche agli inizi degli Anni Novanta, quando in molti decisero di chiedere la cittadinanza più per ragioni economiche che per attaccamento alle radici o ideali sionisti.
Il capo della banda si fa chiamare Eli il nazista. Ha diciannove anni. Ai poliziotti che lo interrogavano ha replicato: «Non mollerò mai. Sono un nazista e resterò un nazista. Non avrò pace fino a quando non li avremo uccisi tutti». Gli agenti hanno trovato nelle loro case coltelli, palle di ferro chiodate, esplosivi. Il gruppo era in contatto via Internet con organizzazioni neo-naziste all'estero. Nei video, riprendono il sangue sparso sui pavimenti, le facce degli aggrediti ridotte in poltiglia.
«La tragica ironia è che sarebbero stati scelti per lo sterminio da quei nazisti che vogliono emulare», ha commentato un portavoce dell'Anti-Defamation League dagli Stati Uniti. «E' un fatto marginale ed estremo. Ma resta intollerabile e dovremo affrontarlo», dice Avner Shalev, presidente di Yad Vashem, il museo dell'Olocausto.
Due anni fa gli investigatori avevano arrestato Vladimir Ternorozky. Anche lui portava una svastica tatuata sul petto, nell'appartamento materiale di propaganda dell'Unione Israeliana Bianca. Bersagli dell'odio, gli stessi del gruppo di Petah Tikva: ebrei, stranieri, arabi, omosessuali. Vladimir aveva fatto il servizio militare, su Internet giravano le sue foto mentre fa il saluto nazista con indosso la divisa di Tsahal. Il caso rivelato ieri è più scioccante per il Paese perché la polizia l'ha definita una cellula organizzata: «Stavano anche pianificando un omicidio», ha spiegato un portavoce.
Il ministero degli Interni adesso sta cercando di capire se sia possibile revocare la cittadinanza ai fermati, scavando nel loro passato per scoprire se abbiano falsificato le origini ebraiche. Ministri e parlamentari propongono di cambiare la legge del ritorno, per rendere più rigide le regole che rendono possibile l'immigrazione in Israele.
Corriere della Sera del 10 settembre 2007, pag. 17
di Davide Frattini
Il numero tatuato sul braccio non è il ricordo tragico dei campi di sterminio, il marchio che i sopravvissuti all'Olocausto portano ancora sul polso. La cifra è una sola: «88», il significato doppio. Un simbolo che vuole esaltare l'orrore nazista e l'ottava lettera dell'alfabeto: «Heil Hitler». I giovani dalla testa rasata, arrestati dalla polizia israeliana, lo esibiscono in mezzo a croci celtiche e svastiche.
Otto ragazzi, attorno ai vent'anni, fermati dopo un'indagine lunga un anno. Sono accusati di pestaggi contro religiosi ebrei (davano la caccia a chiunque indossasse la kippah), immigrati stranieri, omosessuali, drogati. Avrebbero riempito di svastiche una sinagoga a Petah Tikva. Tutto documentato in video che si sono girati da soli. Mentre prendono a calci un uomo a terra o spaccano una bottiglia di birra in testa a un cinese. Mentre fanno il saluto nazista e imbracciano un fucile mitragliatore M-16.
Israele non ha neppure una legge contro l'antisemitismo o l'apologia del nazismo, le norme puniscono in modo generico l'incitamento all'odio razziale, perché nessuno pensava che sarebbe potuto succedere qui. Che un gruppo di adolescenti, immigrato dall'ex Unione Sovietica e cresciuto nel Paese, potesse esaltare ed esaltarsi per l'ideologia che ha prodotto la Shoah.
I ministri del governo, riuniti per il consiglio domenicale, hanno visto i filmati. «Nessuno in questa nazione può rimanere indifferente alle immagini», ha commentato Ehud Olmert. «Mostrano che noi, come società, abbiamo fallito». Il premier parla comunque di «caso isolato, che non tocca la comunità russa nel suo insieme». I telegiornali spiegano che le origini ebraiche degli arrestati sono «dubbie», parte di quell'immigrazione massiccia dalle ex Repubbliche sovietiche agli inizi degli Anni Novanta, quando in molti decisero di chiedere la cittadinanza più per ragioni economiche che per attaccamento alle radici o ideali sionisti.
Il capo della banda si fa chiamare Eli il nazista. Ha diciannove anni. Ai poliziotti che lo interrogavano ha replicato: «Non mollerò mai. Sono un nazista e resterò un nazista. Non avrò pace fino a quando non li avremo uccisi tutti». Gli agenti hanno trovato nelle loro case coltelli, palle di ferro chiodate, esplosivi. Il gruppo era in contatto via Internet con organizzazioni neo-naziste all'estero. Nei video, riprendono il sangue sparso sui pavimenti, le facce degli aggrediti ridotte in poltiglia.
«La tragica ironia è che sarebbero stati scelti per lo sterminio da quei nazisti che vogliono emulare», ha commentato un portavoce dell'Anti-Defamation League dagli Stati Uniti. «E' un fatto marginale ed estremo. Ma resta intollerabile e dovremo affrontarlo», dice Avner Shalev, presidente di Yad Vashem, il museo dell'Olocausto.
Due anni fa gli investigatori avevano arrestato Vladimir Ternorozky. Anche lui portava una svastica tatuata sul petto, nell'appartamento materiale di propaganda dell'Unione Israeliana Bianca. Bersagli dell'odio, gli stessi del gruppo di Petah Tikva: ebrei, stranieri, arabi, omosessuali. Vladimir aveva fatto il servizio militare, su Internet giravano le sue foto mentre fa il saluto nazista con indosso la divisa di Tsahal. Il caso rivelato ieri è più scioccante per il Paese perché la polizia l'ha definita una cellula organizzata: «Stavano anche pianificando un omicidio», ha spiegato un portavoce.
Il ministero degli Interni adesso sta cercando di capire se sia possibile revocare la cittadinanza ai fermati, scavando nel loro passato per scoprire se abbiano falsificato le origini ebraiche. Ministri e parlamentari propongono di cambiare la legge del ritorno, per rendere più rigide le regole che rendono possibile l'immigrazione in Israele.
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