Percezione
Perché i cinque sensi non ci bastano più
Ne sono stati accertati almeno 21. Ma per alcuni sono
oltre 30.
Oggi si va scoprendo una complessa rete sensoriale,
per lo più inconsapevole
Hanno avuto successo a Berlino, a Parigi, a Londra, a
New York e da qualche mese sono approdate anche a
Milano. Sono le «Cene al buio» (Dinner in the dark,
per dirla con gli americani), studiate per far
riscoprire sensi sopiti. Ad occhi bendati si «annusa»
un piatto, lo si tocca, si cerca di identificare gli
ingredienti. E si fanno belle scoperte, a quanto
sembra. Ma se il gradimento per questa iniziativa
dimostra che non usiamo al meglio i cinque sensi
canonici (gusto, olfatto, vista, tatto e udito), la
ricerca nel campo del sensoriale, passando dal
macroscopico al microscopico, potrebbe approdare ad
esperimenti e conclusioni ben più arditi. Ne è
convinto Bruce Durie, scrittore e giornalista
scientifico scozzese, presidente dell'Edimburgh
Science Festival, che lancia una provocazione: senso è
tutto quello che fa riferimento a un'informazione
sensoriale specifica che arriva al cervello,
indipendentemente dalla nostra consapevolezza
dell'evento. In questa chiave diventa senso anche la
percezione, ad esempio, di avere lo stomaco pieno. Ma
andiamo per gradi.
L'informazione sensoriale viene captata da minuscoli
«sensori», i recettori, presenti negli occhi, nelle
orecchie, sulla lingua, sulla pelle, ma anche negli
organi interni, nelle arterie, nei muscoli, nelle
articolazioni. Recettori dei quali si conosce sempre
di più, scoprendone funzioni altamente specializzate.
Nell'occhio, ad esempio, questi si dividono in coni e
bastoncelli che captano tre colori diversi, sulla
lingua sono piccoli bottoni gustativi che distinguono
l'acido, l'amaro, il dolce, il salato. Da poco si è
scoperto che ce n'è uno specifico per il glutammato,
l'umami, identificato per la prima volta, non a caso,
nei giapponesi. Si può continuare a dire che la vista
è una sola e non lasomma di quattro sensi diversi
(luce, colore rosso, verde e blu) e il gusto
graniticamente uno?
In questa chiave analitica, recettoriale, se andiamo
avanti, di sensi ne contiamo parecchi: ventuno,
accettati dalla maggior parte dei ricercatori in
questo settore, forse di più. C'è chi dice oltre
trenta. «I sensi sono basati su informazioni
sensoriali numerose quanto i recettori che le
trasportano, ma per promuoverle a "sensi" ci vuole la
dimostrazione che arrivino alla corteccia e vengano
elaborate, identificate come t a l i — commenta
Gianpiero Zucca, professore di fisiologia generale
dell'Università di Pavia, ricercatore sui recettori
sensoriali —. Questa prova ancora non c'è. D'altro
canto non possiamo nemmeno escludere un'ipotesi del
genere. Esistono nell'uomo sensi ancora inesplorati,
la sensibilità al campo elettrico o al campo
magnetico, ad esempio. D'altro canto è ben noto che
certe persone avvertono i terremoti in arrivo:
analogamente agli animali ne sentono l'imminenza.
Perché? Si pensa che sia in gioco un'estrema
sensibilità alle vibrazioni, capace di percepire il
fenomeno sismico ai suoi albori. Altro esempio sono i
gemelli monovulari, capaci anche a distanza di sentire
se all'altro sta succedendo qualcosa. E perché ancora,
il dolore dell'infarto e solo quello, si accompagna
alla sensazione di morte imminente? Non lo sappiamo.
In realtà il mondo sensoriale dell'uomo non ci è
ancora noto quanto sarebbe necessario. Così come
sarebbe importante rianalizzare le nostre convinzioni
sulle informazioni della posizione del corpo nello
spazio, fornite dai recettori presenti nei muscoli e
nelle articolazioni. Non ne abbiamo coscienza, però
arrivano senza dubbio alla corteccia cerebrale. Lo
dimostra il fatto che, anche chiudendo gli occhi,
siamo consapevoli della posizione del braccio, se è
sul bracciolo di una poltrona, lungo il corpo o
sollevato ». Ma Bruce Durie va ben oltre, ipotizzando
che i recettori presenti nelle arterie e nelle vene
siano veri e propri sensi perché vengono elaborati
dalle corteccia cerebrale in quella che i medici
chiamano omeostasi, equilibrio metabolico
dell'organismo, ovvero la percezione di benessere e di
stare in buona salute. Questi recettori sono tanti,
sparsi all'interno di tutti gli organi e ormai ben
conosciuti: percepiscono la pressione del sangue
dentro i vasi, il contenuto di ossigeno del sangue, la
differenza del livello degli zuccheri fra il sangue
venoso e quello arterioso,ma anche il grado di
riempimento dello stomaco e della vescica, quanta aria
è presente nei polmoni. Gli studi sul mondo animale
quanto ci possono essere d'aiuto in questa ricerca?
«Per capire il sistema sensoriale dell'uomo
abbiamolavorato soprattutto sulla rana.Manon
dimentichiamo che gli animali sono dotati di sensi che
non esistono nell'uomo — risponde Zucca —. La
sensibilità agli ultrasuoni che i pipistrelli
utilizzano come sistema di navigazione, ad esempio.
Noi umani non abbiamo sensibilità a quelle frequenze.
I serpenti vedono l'infrarosso che in loro, animali a
sangue freddo, identifica la preda. Gli insetti,
vedendo l'ultravioletto e la luce polarizzata,
riescono ad orientarsi nella ricerca del cibo. È
evidente che siamo di fronte ad un percorso evolutivo
completamente diverso che ha condizionato pesantemente
le capacità sensoriali: gli animali hanno nel tempo
ipertrofizzato quei sensi che erano più utili alla
sopravvivenza e al controllo del territorio. L'uomo,
al contrario, non ha guadagnato nei millenni il
privilegio di un senso particolarmente spiccato; in
compenso, ha sviluppato un cervello enormemente
complesso. «Forse il problema è proprio qui—conclude
il fisiologo— . Gli scienziati oggi sono assolutamente
convinti che il "sesto senso" dell'uomo sia la
corteccia cerebrale e sottovalutano l'importanza di
ulteriori studi in campo sensoriale. L'enorme successo
delle neuroscienze e gli investimenti di risorse in
questo tipo di studi ne sono la prova più evidente ».
Che sia arrivato il momento di studiare i
pranoterapeuti? Chissà!
Franca Porcini
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1 commento:
Interessante... stasera mangio al buio!
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