Il nuovo sacco di Babilonia
Distruzioni incalcolabili da occupazione militare, accusa un rapporto del British Museum
di Manlio Dinucci
Saccheggiata dagli ittiti nel 1595 a.C., distrutta dagli assiri nel 689 a.C., Babilonia, una delle più famose città del mondo antico, riuscì a risorgere lasciandoci una eredità archeologica di incalcolabile valore. Fino al 2003 d.C., quando gli americani l'hanno saccheggiata e in gran parte distrutta. Lo documenta il rapporto redatto dal Dr. John Curtis del British Museum, di cui The Guardian ha pubblicato ieri ampi stralci. Il nuovo sacco di Babilonia è iniziato quando, nell'aprile 2003, l'esercito statunitense, una volta occupato l'Iraq, ha impiantato un campo militare proprio in questo sito archeologico. Esso è stato costruito dalla Kellog, Brown and Root, una delle filiali della Halliburton, la società diretta da Dick Cheney prima di divenire vicepresidente degli Stati uniti, la quale non a caso ha ricevuto i maggiori contratti per la «ricostruzione» dell'Iraq. La decisione di costruire proprio qui un campo militare di 150 ettari per 2 mila soldati è stata motivata dal comando Usa con la necessità di difendere questo prezioso sito archeologico dai saccheggiatori.
In realtà sono stati proprio i militari Usa e i tecnici della Halliburton a saccheggiarlo. Come documenta il rapporto di Curtis, monumenti di inestimabile valore sono stati gravemente danneggiati o distrutti per asportare mattonelle con bassorilievi, come quelle che decoravano la famosa porta di Ishtar. Anche se Curtis non lo dice, ciò è stato fatto non solo per procurarsi dei souvenir: esiste infatti un vasto mercato clandestino in cui reperti archeologici di tale valore possono essere facilmente venduti.
Al saccheggio si è aggiunta la distruzione provocata per costruire il campo militare. Come documenta sempre Curtis, che ha visitato il sito archeologico, la copertura originale in mattoni del VI secolo a.C. della grande strada processionale, in cui si celebravano le festività del capodanno babilonese, è stata sbriciolata dai veicoli militari pesanti. Vaste aree, contenenti reperti archeologici unici, sono state scavate fino a 2 metri di profondità per ricavarne migliaia di tonnellate di materiale da costruzione. In mucchi di detriti Curtis ha trovato pezzi di antichi mattoni con inscritto il nome di Nabucodonosor. Non contenti, i «costruttori» hanno ricoperto una grande area con migliaia di tonnellate di materiali trasportati da altri luoghi. Si è resa così estremamente difficile, se non impossibile, qualsiasi futura ricerca archeologica. Ulteriori danni, probabilmente irreparabili, sono stati provocati dai carburanti fuoriusciti dai serbatoi per il rifornimento dei veicoli militari, che hanno impregnato profondamente il terreno.
Dopo aver provocato tali danni, l'esercito statunitense ha passato la base al contingente polacco. E questo, con tutta probabilità, ha continuato a saccheggiare e distruggere ciò che restava. Infine, ieri, il sito dell'antica Babilonia è stato ufficialmente restituito alle «autorità irachene». «Ma ciò che esse ereditano - scrive The Guardian - è una collezione di disastri». Per questo, al termine del rapporto, Curtis chiede che sia «promossa una inchiesta internazionale a tutto campo sui danni provocati al sito archeologico di Babilonia durante la sua occupazione da parte delle forze della coalizione». Il sito, infatti, non appartiene solo all'Iraq ma all'intera umanità che, a causa di quello che The Guardian definisce «vandalismo culturale», perde una parte inestimabile della sua cultura e della sua storia.
Sarà promossa l'inchiesta che chiede Curtis? Quando nel marzo 2001 i talebani distrussero in Afghanistan antiche statue di Buddha, vi fu a livello internazionale un'ondata di proteste contro quello che venne giustamente definito un crimine contro l'arte e la storia. In tale campagna si distinse per i suoi toni indignati l'amministrazione Bush, che già stava affilando le armi per occupare l'Afghanistan. Ora che vi è la prova che un crimine ancora più grave contro l'arte e la storia è stato commesso dall'amministrazione Bush in Iraq, quale sarà la reazione internazionale? Saranno denunciati i talebani di Washington?
Fonte: "Il Manifesto" del 16-01-2005
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