La Repubblica del 12/12/2004
Alla conferenza Onu di Buenos Aires lo scenario appare devastante. La previsione è che entro il 2050 la fuga potrebbe coinvolgere 150 milioni di persone
Allarme clima, i nuovi profughi
Scappano via da cicloni e allagamenti. E sono già 25 milioni
di Antonio Cianciullo
BUENOS AIRES - «Negli ultimi dieci anni gli eventi estremi, come alluvioni e siccità, sono raddoppiati. È uno sconvolgimento profondo che ha portato il numero dei rifugiati ambientali a oltre 25 milioni, più dei rifugiati politici. Entro il 2050 si calcola che ci potrebbero essere 150 milioni di persone in fuga da terre rese inabitabili dal cambiamento climatico». Estremamente cauto sul piano politico, Rajendra Pachauri, il presidente dell´Ipcc, la task force sul clima degli scienziati Onu, snocciola con sicurezza i dati sull´effetto dell´overdose di gas serra che sta minando la stabilità dell´atmosfera.
Il cambiamento climatico, provocato principalmente dall´uso di combustibili fossili, è misurabile su scala globale, ma in alcune aree del pianeta l´effetto risulta particolarmente devastante. Alla conferenza Onu di Buenos Aires un allarme è stato lanciato dai paesi dell´area artica. Negli ultimi trent´anni l´estensione dei ghiacci ha subito una riduzione dell´otto per cento, cioè si è trasformata in acqua una superficie equivalente alla somma di Norvegia, Svezia e Danimarca. In Alaska e nel Canada occidentale la temperatura è aumentata di 3-4 gradi in 50 anni, un ritmo molto più alto della media globale. Entro la fine del secolo è prevista la sparizione dei ghiacci artici estivi e dei loro abitanti: dagli orsi polari alle foche.
Ancora più brutale sarà l´impatto sulle zone più densamente abitate. Secondo Pachauri, solo in Bangladesh (che rischia di vedere un quinto della sua superficie inghiottita dall´innalzamento del mare) nei prossimi anni si conteranno venti milioni di rifugiati ambientali. Cicloni come quello che nel 1997 ha spazzato via in poche ore le case di un milione e mezzo di persone diventeranno sempre più frequenti. E l´alluvione dell´estate scorsa conferma il trend: due terzi del Bangladesh, assieme alle regioni indiane Assam e Bihar, sono finiti sott´acqua, la vita di più di 50 milioni di persone è stata sconvolta.
La situazione è simile in molti paesi asiatici, a cominciare dalle Filippine, dove la stagione dei tifoni si allunga, come dimostrano le oltre mille vittime dei due tifoni che nei giorni scorsi hanno devastato il Nord del paese. Anche nelle aree asiatiche più interne la situazione è drammatica perché lo scioglimento dei ghiacciai crea una minaccia sempre più pressante per i villaggi costruiti sotto dighe naturali che si stanno rivelando insufficienti.
L´aumento dell´effetto serra contribuisce inoltre a minare le possibilità di ripresa dell´Africa: i livelli di pioggia diminuiscono da trent´anni e contemporaneamente aumentano alluvioni devastanti come quelle che da anni mettono in ginocchio il Mozambico. In particolare nell´Africa sub sahariana, dove il 90 per cento dei raccolti dipende dalle piogge che sono diminuite del 25 per cento in 30 anni, il settore agricolo sarà condannato dal cambiamento climatico a un´ulteriore contrazione del venti per cento. E, visto che l´agricoltura assicura il 70 per cento dell´occupazione e un terzo del prodotto interno lordo della regione, la pressione migratoria dalla sponda Sud del Mediterraneo appare destinata a subire una forte crescita.
Alla conferenza Onu di Buenos Aires lo scenario appare devastante. La previsione è che entro il 2050 la fuga potrebbe coinvolgere 150 milioni di persone
Allarme clima, i nuovi profughi
Scappano via da cicloni e allagamenti. E sono già 25 milioni
di Antonio Cianciullo
BUENOS AIRES - «Negli ultimi dieci anni gli eventi estremi, come alluvioni e siccità, sono raddoppiati. È uno sconvolgimento profondo che ha portato il numero dei rifugiati ambientali a oltre 25 milioni, più dei rifugiati politici. Entro il 2050 si calcola che ci potrebbero essere 150 milioni di persone in fuga da terre rese inabitabili dal cambiamento climatico». Estremamente cauto sul piano politico, Rajendra Pachauri, il presidente dell´Ipcc, la task force sul clima degli scienziati Onu, snocciola con sicurezza i dati sull´effetto dell´overdose di gas serra che sta minando la stabilità dell´atmosfera.
Il cambiamento climatico, provocato principalmente dall´uso di combustibili fossili, è misurabile su scala globale, ma in alcune aree del pianeta l´effetto risulta particolarmente devastante. Alla conferenza Onu di Buenos Aires un allarme è stato lanciato dai paesi dell´area artica. Negli ultimi trent´anni l´estensione dei ghiacci ha subito una riduzione dell´otto per cento, cioè si è trasformata in acqua una superficie equivalente alla somma di Norvegia, Svezia e Danimarca. In Alaska e nel Canada occidentale la temperatura è aumentata di 3-4 gradi in 50 anni, un ritmo molto più alto della media globale. Entro la fine del secolo è prevista la sparizione dei ghiacci artici estivi e dei loro abitanti: dagli orsi polari alle foche.
Ancora più brutale sarà l´impatto sulle zone più densamente abitate. Secondo Pachauri, solo in Bangladesh (che rischia di vedere un quinto della sua superficie inghiottita dall´innalzamento del mare) nei prossimi anni si conteranno venti milioni di rifugiati ambientali. Cicloni come quello che nel 1997 ha spazzato via in poche ore le case di un milione e mezzo di persone diventeranno sempre più frequenti. E l´alluvione dell´estate scorsa conferma il trend: due terzi del Bangladesh, assieme alle regioni indiane Assam e Bihar, sono finiti sott´acqua, la vita di più di 50 milioni di persone è stata sconvolta.
La situazione è simile in molti paesi asiatici, a cominciare dalle Filippine, dove la stagione dei tifoni si allunga, come dimostrano le oltre mille vittime dei due tifoni che nei giorni scorsi hanno devastato il Nord del paese. Anche nelle aree asiatiche più interne la situazione è drammatica perché lo scioglimento dei ghiacciai crea una minaccia sempre più pressante per i villaggi costruiti sotto dighe naturali che si stanno rivelando insufficienti.
L´aumento dell´effetto serra contribuisce inoltre a minare le possibilità di ripresa dell´Africa: i livelli di pioggia diminuiscono da trent´anni e contemporaneamente aumentano alluvioni devastanti come quelle che da anni mettono in ginocchio il Mozambico. In particolare nell´Africa sub sahariana, dove il 90 per cento dei raccolti dipende dalle piogge che sono diminuite del 25 per cento in 30 anni, il settore agricolo sarà condannato dal cambiamento climatico a un´ulteriore contrazione del venti per cento. E, visto che l´agricoltura assicura il 70 per cento dell´occupazione e un terzo del prodotto interno lordo della regione, la pressione migratoria dalla sponda Sud del Mediterraneo appare destinata a subire una forte crescita.
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