Ogni anno 2,4 milioni di vittime per colpa delle emissioni nocive
Il Sole 24 Ore del 29 gennaio 2008, pag. 3
di Nicol Degli Innocenti
Il dibattito globale sui cambiamenti climatici e l'effetto serra continua a ignorare un aspetto cruciale: l'impatto di lungo termine sulla salute pubblica. Questo l'allarme lanciato da «The Lancet», la prestigiosa rivista medica, che ha pubblicato una serie di studi sull'argomento condotti da venti scienziati ed esperti di tutto il mondo (per l'Italia la Fondazione Eni-Enrico Mattei) coordinati dalla London School of Hygiene and Tropical Medicine.
Si parla spesso dell'impatto negativo dell'inquinamento sulla Terra ma non dell'effetto spesso devastante prodotto sulla salute dei suoi abitanti. Gli effetti variano drasticamente in zone diverse del mondo: nei Paesi industrializzati ad esempio è l'inquinamento dell'aria esterna, soprattutto nelle città, a causare il maggior numero di morti e di malattie. L'inquinamento urbano, si stima, è direttamente responsabile per circa 8oomila morti all'anno. Nei Paesi in via di sviluppo invece l'inquinamento letale è all'interno delle case a causa dei combustibili "poveri" usati per riscaldare e cucinare in ambienti con scarsa ventilazione. Il bilancio è di 1,6 milioni di morti ogni anno, per cause imputabili ai fumi tossici che portano a tumori, malattie e infezioni dei polmoni e dell'apparato respiratorio.
«Il fattore salute viene regolarmente trascurato, mentre dovrebbe essere al centro di ogni politica di energia sostenibile, - rileva Richard Horton, direttore di The Lancet -. In generale si può affermare che la transizione a un'energia più pulita, rinnovabile e sostenibile, ha effetti positivi sul benessere collettivo. Il fattore salute rappresenta quindi una ragione in più per ridurre drasticamente le emissioni nocive. Non mancano però le controversie: l'energia nucleare, ad esempio, ha effetti positivi per l'ambiente eun impatto minimo sulla salute, eppure per molti non è tutt'oggi una scelta accettabile».
La soluzione è necessariamente complessa e articolata quanto il problema. Per i Paesi in via di sviluppo, dove 1,6 miliardi di persone ora non hanno accesso all'energia elettrica, si tratta di aumentare l'accesso all'elettricità abbassandone sensibilmente i costi. «Basterebbe meno dell'1% dell'attuale utilizzo di energia dei Paesi ricchi - spiega «The Lancet» - per generare abbastanza elettricità da trasformare la vita nei Paesi del terzo mondo».
Per i Paesi industrializzati, l'imperativo è abbandonare progressivamente l'uso dei combustibili fossili e passare alle fonti di energia rinnovabili, senza escludere il nucleare. Si tratta, secondo il prestigioso giornale medico, di fare scelte difficili ma non più rin-viabili. Alcune già note, come l'abbandono dell'auto a favore della bicicletta in un contesto urbano, che oltre ad avere un impatto positivo sull'ambiente riduce l'obesità, previene malattie e in generale migliora lo stato di salute dei cittadini. Altre scelte sono meno ovvie, anche sul fronte alimentare. Ad esempio l'allevamento di bestiame rappresenta il 18% delle emissioni di gas serra a livello globale, il 4% in più del settore trasporti, a causa del gas metano prodotto dagli animali e delle emissioni nocive prodotte dalla decomposizione dei liquami e dal concime. «The Lancet» propone una riduzione del consumo di carne a 90 grammi al giorno pro capite, che avrebbe un impatto positivo sull'ambiente, oltre a portare benefici di salute come una riduzione degli infarti e dei tumori colorettali. In questo caso la ricetta è la stessa per Paesi ricchi e Paesi in via di sviluppo, anche se le enormi disparità attuali - il consumo medio pro capite in India è di 1 chilo di carne all'anno contro i 120 chili degli Stati Uniti - andrebbero livellate.
La strada è lunga, ma l'invito di «The Lancet» è chiaro: i Governi, le Ong e le organizzazioni internazionali che passano leggi, mobilitano l'opinione pubblicao studiano iniziative sull'ambiente devono sempre tenere conto del loro effetto sulla salute delle persone. La tutela dell'ambiente equivale in maniera inequivocabile alla tutela della salute.
Il Sole 24 Ore del 29 gennaio 2008, pag. 3
di Nicol Degli Innocenti
Il dibattito globale sui cambiamenti climatici e l'effetto serra continua a ignorare un aspetto cruciale: l'impatto di lungo termine sulla salute pubblica. Questo l'allarme lanciato da «The Lancet», la prestigiosa rivista medica, che ha pubblicato una serie di studi sull'argomento condotti da venti scienziati ed esperti di tutto il mondo (per l'Italia la Fondazione Eni-Enrico Mattei) coordinati dalla London School of Hygiene and Tropical Medicine.
Si parla spesso dell'impatto negativo dell'inquinamento sulla Terra ma non dell'effetto spesso devastante prodotto sulla salute dei suoi abitanti. Gli effetti variano drasticamente in zone diverse del mondo: nei Paesi industrializzati ad esempio è l'inquinamento dell'aria esterna, soprattutto nelle città, a causare il maggior numero di morti e di malattie. L'inquinamento urbano, si stima, è direttamente responsabile per circa 8oomila morti all'anno. Nei Paesi in via di sviluppo invece l'inquinamento letale è all'interno delle case a causa dei combustibili "poveri" usati per riscaldare e cucinare in ambienti con scarsa ventilazione. Il bilancio è di 1,6 milioni di morti ogni anno, per cause imputabili ai fumi tossici che portano a tumori, malattie e infezioni dei polmoni e dell'apparato respiratorio.
«Il fattore salute viene regolarmente trascurato, mentre dovrebbe essere al centro di ogni politica di energia sostenibile, - rileva Richard Horton, direttore di The Lancet -. In generale si può affermare che la transizione a un'energia più pulita, rinnovabile e sostenibile, ha effetti positivi sul benessere collettivo. Il fattore salute rappresenta quindi una ragione in più per ridurre drasticamente le emissioni nocive. Non mancano però le controversie: l'energia nucleare, ad esempio, ha effetti positivi per l'ambiente eun impatto minimo sulla salute, eppure per molti non è tutt'oggi una scelta accettabile».
La soluzione è necessariamente complessa e articolata quanto il problema. Per i Paesi in via di sviluppo, dove 1,6 miliardi di persone ora non hanno accesso all'energia elettrica, si tratta di aumentare l'accesso all'elettricità abbassandone sensibilmente i costi. «Basterebbe meno dell'1% dell'attuale utilizzo di energia dei Paesi ricchi - spiega «The Lancet» - per generare abbastanza elettricità da trasformare la vita nei Paesi del terzo mondo».
Per i Paesi industrializzati, l'imperativo è abbandonare progressivamente l'uso dei combustibili fossili e passare alle fonti di energia rinnovabili, senza escludere il nucleare. Si tratta, secondo il prestigioso giornale medico, di fare scelte difficili ma non più rin-viabili. Alcune già note, come l'abbandono dell'auto a favore della bicicletta in un contesto urbano, che oltre ad avere un impatto positivo sull'ambiente riduce l'obesità, previene malattie e in generale migliora lo stato di salute dei cittadini. Altre scelte sono meno ovvie, anche sul fronte alimentare. Ad esempio l'allevamento di bestiame rappresenta il 18% delle emissioni di gas serra a livello globale, il 4% in più del settore trasporti, a causa del gas metano prodotto dagli animali e delle emissioni nocive prodotte dalla decomposizione dei liquami e dal concime. «The Lancet» propone una riduzione del consumo di carne a 90 grammi al giorno pro capite, che avrebbe un impatto positivo sull'ambiente, oltre a portare benefici di salute come una riduzione degli infarti e dei tumori colorettali. In questo caso la ricetta è la stessa per Paesi ricchi e Paesi in via di sviluppo, anche se le enormi disparità attuali - il consumo medio pro capite in India è di 1 chilo di carne all'anno contro i 120 chili degli Stati Uniti - andrebbero livellate.
La strada è lunga, ma l'invito di «The Lancet» è chiaro: i Governi, le Ong e le organizzazioni internazionali che passano leggi, mobilitano l'opinione pubblicao studiano iniziative sull'ambiente devono sempre tenere conto del loro effetto sulla salute delle persone. La tutela dell'ambiente equivale in maniera inequivocabile alla tutela della salute.
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