martedì 22 gennaio 2008

Allarme umanitario a Gaza

Allarme umanitario a Gaza

Il Sole 24 Ore del 22 gennaio 2008, pag. 14

di Roberto Bongiorni

Difficile lo è sempre stato, si lamentano i palestinesi di Gaza. Ma in questi giorni vivere nella Striscia è divenuto quasi proibiti­vo. La chiusura di tutti i valichi di accesso, messa in atto venerdì dal Governo israeliano, e il blocco di parte delle forniture di carburan­te ed elettricità stanno precipitan­do Gaza verso una crisi umanita­ria dalle conseguenze imprevedi­bili. «Se la situazione attuale non cambia, mercoledì (domani) o gio­vedì, interromperemo la distribu­zione di cibo destinata a 86omila persone», ha spiegato ieri mattina Christopher Gunnes, portavoce dell'Unrwa, l'agenzia dell'Orni per i profughi palestinesi. Investi­to da un coro di critiche internazionali, nel tardo pomeriggio il Governo di Gerusalemme ha fat­to marcia indietro, annunciando la ripresa parziale delle forniture di nafta e medicinali per gli ospedali. Una misura una tantum, ha specificato una fonte del ministe­ro della Difesa.



Andare avanti così non si pote­va. In questo fazzoletto di terra, lungo 40 km e largo dieci, comin­cia a mancare di tutto. Bisogna imparare a rinunciare. Fare a meno di luce, acqua corrente e gas. Da domenica la chiusura di due turbi­ne della principale centrale ter­moelettrica ha provocato lunghi black out in quasi tutta la Striscia. Bisogna rinunciare anche agli spostamenti in macchina. Servendo­si dei pochi minibus in circolazio­ne o dei carretti trainati da muli, il mezzo di locomozione oggi più diffuso nella Striscia. Bisogna sta­re attenti a non farsi del male. Le operazioni "non urgenti" sono sta­te sospese per la carenza di elettri­cità negli ospedali. Persino mori­re è divenuto difficile. Becchini e agenzie di pompe funebri non hanno più cemento per le lapidi e per proteggere le fosse dai cani randagi. Non pochi hanno rime­diato alla carenza di materia prima prelevando frammenti di mar­mo dalle scale o ciocchi di asfalto dai marciapiedi cittadini.



La posizione dell'Unione euro­pea è stata risoluta. «Ho detto con chiarezza - ha denunciato il com­missario per le Relazioni esterne, Benita Ferrero-Waldner - di esse­re contro questa punizione collet­tiva della popolazione di Gaza. Esorto le autorità israeliane a riavviare le forniture di carburante e ad aprire i punti di frontiera per il passaggio di forniture umanitarie e commerciali. Né questo blocco né le ultime azioni militari riusci­ranno a impedire gli attacchi con razzi». Un'analisi supportata dai fatti. Fino a pochi giorni fa i raid israeliani su Gaza - nell'ultima set­timana sono morti oltre 40 palesti­nesi - non avevano fermato, nean­che ridotto, il quotidiano lancio di razzi Qassam contro le città israeliane. Anche la chiusura dei vali­chi in passato si è rivelata un de­terrente inefficace. Ieri, però, il ministero della Difesa ha lanciato un messaggio diverso: «Da giove­dì, quando sono stati sparati 40 razzi contro Israele, il numero dei missili è sceso e oggi ne è arrivato solo uno. Le pressioni militari ed economiche hanno avuto un im­patto. Se il numero dei razzi au­menterà inaspriremo le sanzioni e le chiusure dei valichi».


Criticato sul fronte interno, il premier Ehud Olmert ha cercato di respingere le pressioni interna­zionali. Dopo un colloquio telefo­nico con il presidente egiziano Hosni Mubarak, Olmert, pur rassi­curando che «Israele non permet­terà lo scatenarsi di una crisi umanitaria nella Striscia», si è lasciato andare a inconsuete esternazioni: «Per quanto mi riguarda, tutti i residenti di Gaza possono cammina­re. Non hanno benzina per le auto­mobili perché hanno un regime terrorista e assassino che non per­mette agli abitanti del Sud d'Israe­le di vivere in pace». Per i palesti­nesi i valichi restano però ancora chiusi Trecento dimostranti han­no premuto alla frontiera con l'Egitto, dove sono stati schierati 300 agenti anti-sommossa, chiedendo l'accesso alle cure ospeda­liere. I negoziati di pace, ripartiti da pochi giorni, si sono già arena­ti. L'Autorità nazionale palestine­se starebbe considerando anche un eventuale abbandono. Dopo aver definito non giustificabile il lancio di razzi Qassam e non com­prensibile la reazione israeliana, il ministro degli Esteri italiano, Massimo D'Alema, ha chiesto «a tutti coerenza con lo spirito di Annapolis (il vertice di pace del 27 novembre». «A distanza di neanche due mesi i morti palestinesi -ha ricordato - sono più di 170. Cer­to, come dice la stampa israeliana, la maggior parte sono militan­ti, ma ci sono anche molti civili».

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