Allarme umanitario a Gaza
Il Sole 24 Ore del 22 gennaio 2008, pag. 14
di Roberto Bongiorni
Difficile lo è sempre stato, si lamentano i palestinesi di Gaza. Ma in questi giorni vivere nella Striscia è divenuto quasi proibitivo. La chiusura di tutti i valichi di accesso, messa in atto venerdì dal Governo israeliano, e il blocco di parte delle forniture di carburante ed elettricità stanno precipitando Gaza verso una crisi umanitaria dalle conseguenze imprevedibili. «Se la situazione attuale non cambia, mercoledì (domani) o giovedì, interromperemo la distribuzione di cibo destinata a 86omila persone», ha spiegato ieri mattina Christopher Gunnes, portavoce dell'Unrwa, l'agenzia dell'Orni per i profughi palestinesi. Investito da un coro di critiche internazionali, nel tardo pomeriggio il Governo di Gerusalemme ha fatto marcia indietro, annunciando la ripresa parziale delle forniture di nafta e medicinali per gli ospedali. Una misura una tantum, ha specificato una fonte del ministero della Difesa.
Andare avanti così non si poteva. In questo fazzoletto di terra, lungo 40 km e largo dieci, comincia a mancare di tutto. Bisogna imparare a rinunciare. Fare a meno di luce, acqua corrente e gas. Da domenica la chiusura di due turbine della principale centrale termoelettrica ha provocato lunghi black out in quasi tutta la Striscia. Bisogna rinunciare anche agli spostamenti in macchina. Servendosi dei pochi minibus in circolazione o dei carretti trainati da muli, il mezzo di locomozione oggi più diffuso nella Striscia. Bisogna stare attenti a non farsi del male. Le operazioni "non urgenti" sono state sospese per la carenza di elettricità negli ospedali. Persino morire è divenuto difficile. Becchini e agenzie di pompe funebri non hanno più cemento per le lapidi e per proteggere le fosse dai cani randagi. Non pochi hanno rimediato alla carenza di materia prima prelevando frammenti di marmo dalle scale o ciocchi di asfalto dai marciapiedi cittadini.
La posizione dell'Unione europea è stata risoluta. «Ho detto con chiarezza - ha denunciato il commissario per le Relazioni esterne, Benita Ferrero-Waldner - di essere contro questa punizione collettiva della popolazione di Gaza. Esorto le autorità israeliane a riavviare le forniture di carburante e ad aprire i punti di frontiera per il passaggio di forniture umanitarie e commerciali. Né questo blocco né le ultime azioni militari riusciranno a impedire gli attacchi con razzi». Un'analisi supportata dai fatti. Fino a pochi giorni fa i raid israeliani su Gaza - nell'ultima settimana sono morti oltre 40 palestinesi - non avevano fermato, neanche ridotto, il quotidiano lancio di razzi Qassam contro le città israeliane. Anche la chiusura dei valichi in passato si è rivelata un deterrente inefficace. Ieri, però, il ministero della Difesa ha lanciato un messaggio diverso: «Da giovedì, quando sono stati sparati 40 razzi contro Israele, il numero dei missili è sceso e oggi ne è arrivato solo uno. Le pressioni militari ed economiche hanno avuto un impatto. Se il numero dei razzi aumenterà inaspriremo le sanzioni e le chiusure dei valichi».
Criticato sul fronte interno, il premier Ehud Olmert ha cercato di respingere le pressioni internazionali. Dopo un colloquio telefonico con il presidente egiziano Hosni Mubarak, Olmert, pur rassicurando che «Israele non permetterà lo scatenarsi di una crisi umanitaria nella Striscia», si è lasciato andare a inconsuete esternazioni: «Per quanto mi riguarda, tutti i residenti di Gaza possono camminare. Non hanno benzina per le automobili perché hanno un regime terrorista e assassino che non permette agli abitanti del Sud d'Israele di vivere in pace». Per i palestinesi i valichi restano però ancora chiusi Trecento dimostranti hanno premuto alla frontiera con l'Egitto, dove sono stati schierati 300 agenti anti-sommossa, chiedendo l'accesso alle cure ospedaliere. I negoziati di pace, ripartiti da pochi giorni, si sono già arenati. L'Autorità nazionale palestinese starebbe considerando anche un eventuale abbandono. Dopo aver definito non giustificabile il lancio di razzi Qassam e non comprensibile la reazione israeliana, il ministro degli Esteri italiano, Massimo D'Alema, ha chiesto «a tutti coerenza con lo spirito di Annapolis (il vertice di pace del 27 novembre». «A distanza di neanche due mesi i morti palestinesi -ha ricordato - sono più di 170. Certo, come dice la stampa israeliana, la maggior parte sono militanti, ma ci sono anche molti civili».
Il Sole 24 Ore del 22 gennaio 2008, pag. 14
di Roberto Bongiorni
Difficile lo è sempre stato, si lamentano i palestinesi di Gaza. Ma in questi giorni vivere nella Striscia è divenuto quasi proibitivo. La chiusura di tutti i valichi di accesso, messa in atto venerdì dal Governo israeliano, e il blocco di parte delle forniture di carburante ed elettricità stanno precipitando Gaza verso una crisi umanitaria dalle conseguenze imprevedibili. «Se la situazione attuale non cambia, mercoledì (domani) o giovedì, interromperemo la distribuzione di cibo destinata a 86omila persone», ha spiegato ieri mattina Christopher Gunnes, portavoce dell'Unrwa, l'agenzia dell'Orni per i profughi palestinesi. Investito da un coro di critiche internazionali, nel tardo pomeriggio il Governo di Gerusalemme ha fatto marcia indietro, annunciando la ripresa parziale delle forniture di nafta e medicinali per gli ospedali. Una misura una tantum, ha specificato una fonte del ministero della Difesa.
Andare avanti così non si poteva. In questo fazzoletto di terra, lungo 40 km e largo dieci, comincia a mancare di tutto. Bisogna imparare a rinunciare. Fare a meno di luce, acqua corrente e gas. Da domenica la chiusura di due turbine della principale centrale termoelettrica ha provocato lunghi black out in quasi tutta la Striscia. Bisogna rinunciare anche agli spostamenti in macchina. Servendosi dei pochi minibus in circolazione o dei carretti trainati da muli, il mezzo di locomozione oggi più diffuso nella Striscia. Bisogna stare attenti a non farsi del male. Le operazioni "non urgenti" sono state sospese per la carenza di elettricità negli ospedali. Persino morire è divenuto difficile. Becchini e agenzie di pompe funebri non hanno più cemento per le lapidi e per proteggere le fosse dai cani randagi. Non pochi hanno rimediato alla carenza di materia prima prelevando frammenti di marmo dalle scale o ciocchi di asfalto dai marciapiedi cittadini.
La posizione dell'Unione europea è stata risoluta. «Ho detto con chiarezza - ha denunciato il commissario per le Relazioni esterne, Benita Ferrero-Waldner - di essere contro questa punizione collettiva della popolazione di Gaza. Esorto le autorità israeliane a riavviare le forniture di carburante e ad aprire i punti di frontiera per il passaggio di forniture umanitarie e commerciali. Né questo blocco né le ultime azioni militari riusciranno a impedire gli attacchi con razzi». Un'analisi supportata dai fatti. Fino a pochi giorni fa i raid israeliani su Gaza - nell'ultima settimana sono morti oltre 40 palestinesi - non avevano fermato, neanche ridotto, il quotidiano lancio di razzi Qassam contro le città israeliane. Anche la chiusura dei valichi in passato si è rivelata un deterrente inefficace. Ieri, però, il ministero della Difesa ha lanciato un messaggio diverso: «Da giovedì, quando sono stati sparati 40 razzi contro Israele, il numero dei missili è sceso e oggi ne è arrivato solo uno. Le pressioni militari ed economiche hanno avuto un impatto. Se il numero dei razzi aumenterà inaspriremo le sanzioni e le chiusure dei valichi».
Criticato sul fronte interno, il premier Ehud Olmert ha cercato di respingere le pressioni internazionali. Dopo un colloquio telefonico con il presidente egiziano Hosni Mubarak, Olmert, pur rassicurando che «Israele non permetterà lo scatenarsi di una crisi umanitaria nella Striscia», si è lasciato andare a inconsuete esternazioni: «Per quanto mi riguarda, tutti i residenti di Gaza possono camminare. Non hanno benzina per le automobili perché hanno un regime terrorista e assassino che non permette agli abitanti del Sud d'Israele di vivere in pace». Per i palestinesi i valichi restano però ancora chiusi Trecento dimostranti hanno premuto alla frontiera con l'Egitto, dove sono stati schierati 300 agenti anti-sommossa, chiedendo l'accesso alle cure ospedaliere. I negoziati di pace, ripartiti da pochi giorni, si sono già arenati. L'Autorità nazionale palestinese starebbe considerando anche un eventuale abbandono. Dopo aver definito non giustificabile il lancio di razzi Qassam e non comprensibile la reazione israeliana, il ministro degli Esteri italiano, Massimo D'Alema, ha chiesto «a tutti coerenza con lo spirito di Annapolis (il vertice di pace del 27 novembre». «A distanza di neanche due mesi i morti palestinesi -ha ricordato - sono più di 170. Certo, come dice la stampa israeliana, la maggior parte sono militanti, ma ci sono anche molti civili».
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