L'impero irresistibile. La società dei consumi americana alla conquista del mondo
di Victoria de Grazia, Einaudi, 2006
dalla quarta di copertina
La Coca-Cola e McDonald's sono marchi dell'imperialismo americano? Sono in molti a sostenerlo, scambiando in modo ossessivo la parola «globalizzazione» con la nozione di americanizzazione. Eppure, quanti sanno davvero fino a che punto lo siano diventati o perché? Molti aspetti del nostro quotidiano di consumatori che oggi diamo per scontati sono in realtà frutto di un lungo processo storico compiutosi nel «secolo breve». Un processo che questo libro intelligente e spiritoso - già accolto con enorme favore dalla critica internazionale nella sua versione americana - affronta da un'angolazione che sarebbe piaciuta a Georges Perec: le cose.
E cosí, capitolo dopo capitolo, si assiste all'imponente campagna condotta per tutto il XX secolo da impensabili eroi dell'imprenditoria e della pubblicità a stelle e strisce per conquistare il Vecchio Continente, esportando prodotti innovativi e tecniche di marketing dirompenti, forme di sociabilità e film hollywoodiani, nuovi stili di vita e inediti desideri. Con lo scopo di aprire nuovi mercati conquistandone i presupposti culturali. E tentando di superare gli ostacoli rappresentati dalle enormi differenze sociali, politiche, di gusto e di possibilità che segnavano un'Europa variegata, tradizionalista e profondamente segnata da due conflitti mondiali, dall'èra dei totalitarismi, e dalla perenne disunione. Da questo conflitto, una magistrale storia intrecciata dell'Europa e dell'America - ma con valenza universale - all'epoca dell'avvento della società dei consumi.
L'Impero del Mercato statunitense ha davvero vinto la sua battaglia? Meglio non essere cosí sicuri di saper già rispondere alla domanda, ammesso che vi sia un'unica risposta.
«In contrapposizione alla costruzione di imperi manu militari messa in campo dall'Europa, gli Stati Uniti si schieravano per una "conquista del mondo con mezzi pacifici". La ricerca del profitto era del tutto compatibile con l'abbattimento delle "barriere rappresentate dai gusti", ritenute responsabili di avversioni, diffidenze e conflitti... Il tema di questo volume è appunto questo: l'ascesa di un grande impero con i contorni di un grande emporio. Ecco gli Stati Uniti durante il regno di ciò che definirò Impero del Mercato. Un impero privo di frontiere, sorto nel primo decennio del Novecento, che toccò l'apogeo nella seconda metà del secolo scorso e che ha iniziato a mostrare segni di disgregazione in questo scorcio di fine millennio. Un impero le cui frontiere piú remote sarebbero state tracciate dagli appetiti insaziabili di grandi gruppi sempre in cerca di nuovi mercati globali, e i cui ancor piú vasti territori di vendita sarebbero stati definiti di concerto da enti governativi e imprese private, dall'incontenibile influenza delle reti affaristiche, da marchi commerciali onnipresenti, ma soprattutto dall'intima familiarità con lo stile di vita americano che tutto ciò avrebbe contribuito a diffondere fra gli abitanti del pianeta».
di Victoria de Grazia, Einaudi, 2006
dalla quarta di copertina
La Coca-Cola e McDonald's sono marchi dell'imperialismo americano? Sono in molti a sostenerlo, scambiando in modo ossessivo la parola «globalizzazione» con la nozione di americanizzazione. Eppure, quanti sanno davvero fino a che punto lo siano diventati o perché? Molti aspetti del nostro quotidiano di consumatori che oggi diamo per scontati sono in realtà frutto di un lungo processo storico compiutosi nel «secolo breve». Un processo che questo libro intelligente e spiritoso - già accolto con enorme favore dalla critica internazionale nella sua versione americana - affronta da un'angolazione che sarebbe piaciuta a Georges Perec: le cose.
E cosí, capitolo dopo capitolo, si assiste all'imponente campagna condotta per tutto il XX secolo da impensabili eroi dell'imprenditoria e della pubblicità a stelle e strisce per conquistare il Vecchio Continente, esportando prodotti innovativi e tecniche di marketing dirompenti, forme di sociabilità e film hollywoodiani, nuovi stili di vita e inediti desideri. Con lo scopo di aprire nuovi mercati conquistandone i presupposti culturali. E tentando di superare gli ostacoli rappresentati dalle enormi differenze sociali, politiche, di gusto e di possibilità che segnavano un'Europa variegata, tradizionalista e profondamente segnata da due conflitti mondiali, dall'èra dei totalitarismi, e dalla perenne disunione. Da questo conflitto, una magistrale storia intrecciata dell'Europa e dell'America - ma con valenza universale - all'epoca dell'avvento della società dei consumi.
L'Impero del Mercato statunitense ha davvero vinto la sua battaglia? Meglio non essere cosí sicuri di saper già rispondere alla domanda, ammesso che vi sia un'unica risposta.
«In contrapposizione alla costruzione di imperi manu militari messa in campo dall'Europa, gli Stati Uniti si schieravano per una "conquista del mondo con mezzi pacifici". La ricerca del profitto era del tutto compatibile con l'abbattimento delle "barriere rappresentate dai gusti", ritenute responsabili di avversioni, diffidenze e conflitti... Il tema di questo volume è appunto questo: l'ascesa di un grande impero con i contorni di un grande emporio. Ecco gli Stati Uniti durante il regno di ciò che definirò Impero del Mercato. Un impero privo di frontiere, sorto nel primo decennio del Novecento, che toccò l'apogeo nella seconda metà del secolo scorso e che ha iniziato a mostrare segni di disgregazione in questo scorcio di fine millennio. Un impero le cui frontiere piú remote sarebbero state tracciate dagli appetiti insaziabili di grandi gruppi sempre in cerca di nuovi mercati globali, e i cui ancor piú vasti territori di vendita sarebbero stati definiti di concerto da enti governativi e imprese private, dall'incontenibile influenza delle reti affaristiche, da marchi commerciali onnipresenti, ma soprattutto dall'intima familiarità con lo stile di vita americano che tutto ciò avrebbe contribuito a diffondere fra gli abitanti del pianeta».
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