L'indipendenza tedesca dal petrolio
Il Riformista del 9 gennaio 2008, pag. 2
L’esempio tedesco in materia di energia pulita pare sempre più attuale, nell'epoca in cui viviamo e in quella, alle parte, in cui vivremo. È di ieri la diffusione delle cifre statistiche relative all'utilizzo di energie "pulite" in Germania con riguardo al 2007 appena chiuso. Il consumo di energia prodotta da fonti rinnovabili, dunque, è stato pari al 14% dell'energia totale consumata, contro il 12% del 2006. In particolare, ha spiegato la Federazione tedesca sull'energia rinnovabile, l'energia prodotta da energia eolica, solare, idraulica, da biomasse e termica è stata pari al 9% del consumo di energia primaria contribuendo alla riduzione delle emissioni di CO2 pari a 115 milioni di tonnellate. Oltre a confermarsi, una volta di più, palma d'oro dell'ecologia tra i grandi paesi industrializzati, la Germania con questo ennesimo progresso pone un tema di scottante attualità in settimane di petrolio lanciato (come da anni, del resto) al folle volo dei prezzi: quello dell'indipendenza e dell'autonomia politica che discende, più o meno linearmente, dall'autonomia energetica.
Come scriveva qualche giorno fa il Wall Street Journal, a beneficiare dell'ennesimo brusco rincaro del barile sono i fondi sovrani gestiti direttamente dai paesi grandi produttori di petrolio. Quegli stessi fondi sovrani che, sfruttando anche la congiuntura della crisi dei mutui, hanno fatto e continueranno a fare incetta di partecipazioni pesanti nei grandi istituti finanziari americani, veri "padroni" dell'economia reale e capicordata delle lobby politiche. In un domani prossimo, non è improbabile pensare al potere d'interdizione che tali azionisti forti, residenti ad esempio negli Emirati Arabi, potranno esercitare di fronte alle richieste di finanziamento - ad esempio - a programmi d'investimenti in ricerca sulle energie rinnovabili. Oppure, analogamente, a campagne elettorali di candidati che sulle energie rinnovabili (o sui comportamenti più responsabili) costruiscono pezzi importanti del loro programma. Per questo, la "via tedesca" non è lodevole solo in termini ecologici. Ma appare lungimirante - e meriterebbe di essere presa ad esempio - anche in termini economici, geostrategici, e politici.
Il Riformista del 9 gennaio 2008, pag. 2
L’esempio tedesco in materia di energia pulita pare sempre più attuale, nell'epoca in cui viviamo e in quella, alle parte, in cui vivremo. È di ieri la diffusione delle cifre statistiche relative all'utilizzo di energie "pulite" in Germania con riguardo al 2007 appena chiuso. Il consumo di energia prodotta da fonti rinnovabili, dunque, è stato pari al 14% dell'energia totale consumata, contro il 12% del 2006. In particolare, ha spiegato la Federazione tedesca sull'energia rinnovabile, l'energia prodotta da energia eolica, solare, idraulica, da biomasse e termica è stata pari al 9% del consumo di energia primaria contribuendo alla riduzione delle emissioni di CO2 pari a 115 milioni di tonnellate. Oltre a confermarsi, una volta di più, palma d'oro dell'ecologia tra i grandi paesi industrializzati, la Germania con questo ennesimo progresso pone un tema di scottante attualità in settimane di petrolio lanciato (come da anni, del resto) al folle volo dei prezzi: quello dell'indipendenza e dell'autonomia politica che discende, più o meno linearmente, dall'autonomia energetica.
Come scriveva qualche giorno fa il Wall Street Journal, a beneficiare dell'ennesimo brusco rincaro del barile sono i fondi sovrani gestiti direttamente dai paesi grandi produttori di petrolio. Quegli stessi fondi sovrani che, sfruttando anche la congiuntura della crisi dei mutui, hanno fatto e continueranno a fare incetta di partecipazioni pesanti nei grandi istituti finanziari americani, veri "padroni" dell'economia reale e capicordata delle lobby politiche. In un domani prossimo, non è improbabile pensare al potere d'interdizione che tali azionisti forti, residenti ad esempio negli Emirati Arabi, potranno esercitare di fronte alle richieste di finanziamento - ad esempio - a programmi d'investimenti in ricerca sulle energie rinnovabili. Oppure, analogamente, a campagne elettorali di candidati che sulle energie rinnovabili (o sui comportamenti più responsabili) costruiscono pezzi importanti del loro programma. Per questo, la "via tedesca" non è lodevole solo in termini ecologici. Ma appare lungimirante - e meriterebbe di essere presa ad esempio - anche in termini economici, geostrategici, e politici.
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