lunedì 22 ottobre 2007

Chavez e Iran sfidano le Sette Sorelle

Chavez e Iran sfidano le Sette Sorelle
Il persiano talebi, la jv sarà registrata alle british
virgin islands per evitare le sanzioni.
Nasce Venirogc, una joint venture paritetica tra le
società statali di Caracas e Teheran. L'obiettivo è
fare
concorrenza in tutto il mondo ai colossi occidentali
del petrolio. Il quartier generale sarà in Europa
Una sfida diretta alle grandi compagnie petrolifere
occidentali,
Eni compresa. Stanno per lanciarla l'Iran e il
Venezuela con la
creazione di una joint venture da 1 miliardo di
dollari. Poche
ore dopo il monito del presidente George W. Bush («un
Iran
con la bomba atomica rischia di mettere il pianeta
sulla strada
di una Terza guerra mondiale»), da Teheran è arrivata
una
risposta non convenzionale. Mohammed Ali Talebi, come
ha
riportato l'agenzia Bloomberg, ha annunciato gli
obiettivi della
joint venture tra i due nemici giurati degli Stati
Uniti. Talebi è il
capo delle attività venezuelane di Petropars, un
gruppo petrolifero
di proprietà dello stato iraniano. «La nuova società»,
ha
detto incontrando la stampa nel suo ufficio di
Teheran, «diventerà
come Chevron, Eni o Shell. Questo significa che le
nostre
attività internazionali nel gas e nel petrolio
riguarderanno l'intera
catena di valore, dalla produzione alle stazioni di
benzina».
Obiettivi ambiziosissimi, che si collocano all'interno
di una
guerra economica che è già in corso fra Teheran e
Washington
ed è molto più pervasiva di quanto non si immagini.
Domenica
scorsa, tanto per fare un piccolo esempio, il
governatore
della California, Arnold Schwarzenegger, ha firmato
una
legge che costringe due dei più grandi fondi pensione
americani
(Calpers, degli impiegati pubblici del Golden State, e
Calstr, degli insegnanti dello stesso stato) a vendere
i titoli delle
compagnie energetiche che entro un anno non avranno
smesso di fare affari con l'Iran. Secondo una fonte
vicina a
Calpers, riportata dal Wall Street Journal, la
decisione dovrebbe
coinvolgere colossi come Shell, Total, Gazprom e
l'italiana
Eni.
Talebi ha detto che la joint venture paritetica tra
Petroleos de
Venezuela (Pdvsa) e Petropars si chiamerà Venirogc e
verrà
registrata entro la fine dell'anno alle British Virgin
Islands. Una
scelta dettata dalla necessità di rendere la nuova
società immune
dalle sanzioni contro l'Iran e consentirle di poter
comunque
raccogliere denaro sui mercati finanziari
internazionali. Per
cominciare le attività di esplorazione e produzione,
ha sottolineato
Talebi, Venirogc dovrà avere da subito una dote di
almeno
1 miliardo di dollari. Il quartier generale, con una
mossa
dall'inequivocabile significato politico, sarà in
Europa: in ballottaggio
sono la Spagna e l'Olanda. A differenza delle altre
joint
venture già attive tra i due paesi, Venirogc opererà
fuori da
Iran e Venezuela. Talebi ha fatto l'esempio della
Bolivia, guidata
dal presidente amico di Chavez, Evo Morales. Ma ha
fatto
anche capire che potrebbe sfidare i colossi
occidentali in tutti
quei paesi dove stanno incontrando difficoltà.
Difficoltà che
l'Eni sta incontrando proprio in Venezuela, dove ha
subito l'esproprio
del giacimento di Dacion ed è in attesa di un
arbitrato
internazionale da 750 milioni di euro.
In Venezuela Petropars sta esplorando, insieme a
Pdvsa, il
giacimento di Ayacucho 7, nella regione di Faja
dell'Orinoco.
Secondo Talebi, la produzione dovrebbe cominciare nel
2011
e raggiungere i 200 mila barili al giorno, con
investimenti per
almeno 4 miliardi di dollari. Un secondo progetto
riguarda l'esplorazione
del giacimento di gas di Cardona, nel Golfo del
Venezuela. Agli iraniani dovrebbe essere assegnato il
blocco
2, mentre l'americana Chevron sta già operando nel
vicino
blocco 3. La cosa non scompone Talebi: «Non abbiamo
esitazioni
a parlare con loro», ha detto. «Siamo in rapporti
amichevoli,
ci parliamo e condividiamo informazioni».
Se dal punto di vista politico la joint venture ha
un'indubbia
rilevanza, si può dire altrettanto dal punto di vista
economicofinanziario?
Secondo un autorevole esperto del settore petrolifero,
l'accordo fra Chavez e Ahmadinejad ha una portata
molto
inferiore a quanto potrebbe apparire a prima vista.
Nonostante
entrambi i paesi facciano parte dell'Opec,
l'organizzazione che
raggruppa i paesi esportatori di petrolio, la capacità
di esportazione
di entrambi oggi è fortemente limitata. Chavez, con la
sua politica dichiaratamente ostile alle
multinazionali del petrolio,
ha finito per limitare sensibilmente la capacità
estrattiva del
Venezuela, che attualmente appare ridotta di circa il
40% rispetto
all'inizio della sua presidenza. L'Iran, dal canto
suo,
produce il 90% della sua energia elettrica con olio
combustibile.
La conclusione è che i due paesi rappresentano non più
del
5-6% della produzione mondiale di petrolio. Vogliono,
insomma,
farsi passare per i giganti che non sono.
Di certo l'intervista di Talebi non ha avuto nessuna
influenza
sui prezzi del petrolio. L'ennesimo record assoluto,
toccato ieri
a 89,56 dollari al barile, è stato determinato
principalmente
all'indebolimento del biglietto verde, che ha portato
l'euro al
nuovo massimo di tutti i tempi a 1,4310 dollari. A
trainare l'euro
verso l'alto sono stati i conti di Bank of America, la
seconda
banca Usa, che nel terzo trimestre ha registrato un
calo del
32% degli utili, nettamente maggiore delle attese
degli analisti.
Il dato ha rafforzato i timori sulla crisi del sistema
bancario statunitense,
legata alla crisi dei mutui, rendendo ancora più
probabili
nuovi tagli dei tassi da parte della Federal Reserve,
proprio
mentre le dichiarazioni di vari esponenti della Bce
lasciano
intendere che l'istituto presieduto da Jean-Claude
Trichet sta
aspettando il momento buono per riprendere a rialzare
i tassi e
contrastare così l'inflazione. Ed Eisuke Sakakibara,
soprannominato
Mister Yen per la sua capacità di influenzare i
mercati
valutari tra il 1997 e il 1999, durante il suo
incarico al ministero
delle finanze giapponese, ha previsto un vero e
proprio
crollo del dollaro se la crescita economica Usa
scenderà sotto
l'1% a causa della crisi immobiliare. Sui prezzi
dell'oro nero
continua poi a pesare la possibile azione militare
turca nel nord
dell'Iraq per attaccare le basi dei ribelli curdi.
«L'operazione
non sembra imminente», ha detto Peter Beutel,
presidente di
Cameron Hanover, una società di consulenza per il
settore
energetico, «ma lo scenario è diventato più
instabile».
MF - Primo Piano
Numero 208, pag. 2 del 19/10/2007
Autore: Marcello Bussi

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