martedì 9 ottobre 2007

Rovinati dal miraggio del pomodoro

Rovinati dal miraggio del pomodoro
di Maria Ferdinanda Piva - 02/10/2007

Fonte: Green Planet


All'asta per insolvenza 5 mila aziende agricole sarde
che hanno utilizzato finanziamenti agevolati regionali
per convertirsi all'orticoltura
Sembra assurda e incredibile la storia delle 5 mila
aziende agricole sarde che vengono messe all'asta
perché soffocate dai debiti nati dai finanziamenti
agevolati regionali: ragion per cui oggi, martedì, a
Decimoputzu, in provincia di Cagliari, i contadini
cominciano lo sciopero della fame. Una storia assurda
e incredibile, ma l'addetto stampa regionale non la
smentisce. "Chiami domani, non ho la documentazione
sottomano, gli uffici a quest'ora sono chiusi". Allora
non resta che farla raccontare da Riccardo Piras, uno
dei 5 mila che rischiano di perdere casa e terreni.
Ragiona il lire, come all'epoca in cui contrasse i
debiti per modernizzare l'azienda spinto, dice, dai
suggerimenti e dai mutui agevolati regionali, e ora si
trova sulla gobba non sa più se due o tre miliardi da
pagare.

Piras è coordinatore regionale di Altragricoltura
Sardegna, un'associazione che si batte per un modello
alternativo rispetto a quello del profitto e della
massima produzione. E' anche uno dei cinque che
siedono nel direttivo nazionale. La sua storia, come
quella di tanti altri di contadini sardi - "siamo in 5
mila, tutti nella stessa situazione" - è iniziata
quando correvano ancora gli Anni Ottanta. "La Regione
concedeva finanziamenti agevolati per costruire serre
e passare all'orticoltura intensiva. O fai così oppure
non venirti poi a lamentare se andate a fondo tu e
l'azienda, ci facevano capire - così egli ricostruisce
quei fatti ormai lontani - La Regione dava il 50% del
finanziamento a fondo perduto; per l'altra metà della
somma bisognava fare un mutuo, ma la Regione
contribuiva pagando una parte degli interessi", che
allora erano alti, ricorda, "anche il 16% del
capitale". Così, riferisce Piras, egli ha investito un
miliardo di allora per 7 mila metri quadrati di serre
in cui far crescere pomodori, cetrioli, peperoni e
zucchine che adesso vende a 30-50 centesimi al chilo.
Il vecchio debito, dati gli incassi, non è mai
riuscito a pagarlo, "e ora ho perso il conto: non so
più se la banca vuole l'equivalente di due miliardi o
due e mezzo di lire".

Dunque il risultato di quegli investimenti
sponsorizzati dalla Regione è stato letteralmente
fallimentare. Le 5 mila aziende che si sono date
all'orticoltura sono decisamente una minoranza
rispetto alle 120 mila aziende agricole sarde, "ma
rappresentano 1,5 milioni di metri quadrati del
patrimonio serricolo regionale; la metà è a
Decimoputzu", l'epicentro della crisi, un paesone di 4
mila anime in cui i contadini fanno lo sciopero della
fame nell'aula del Consiglio comunale. "E comunque 5
mila aziende a conduzione familiare vogliono dire 20
mila persone: il più grosso problema nazionale dopo
Parmalat - calcola Piras - Una patata bollente che
nessuno vuole pelare".

Il risultato sono le aziende messe all'asta per
insolvenza dei proprietari. "Basta sfogliare i
giornali locali. Ogni giorno ci sono 5,6, 10 avvisi".
Ma le aste, finora, sono andate deserte: "Quando
sappiamo che qualcuno vuol comprare ci organizziamo e
cerchiamo, diciamo, di sensibilizzare" E poi parole
che mai si vorrebbero sentire: "Chi vuol entrare a
casa mia uscirà coi piedi avanti".
Ma qual è il problema, Piras? Che ha sbagliato
investimenti, che ha i debiti e ora non li vuol
pagare?
"No, non ho detto questo. Affatto. Io, e tutti noi,
siamo disposti a pagare. Vogliamo essere messi in
condizione, questo sì, di pagare e ammortizzare,
perché non siamo finiti per colpa nostra in questo
disastro economico".

Ma com'è possibile che un finanziamento agevolato
regionale porti la gente in rovina? Com'è possibile
che, venti o trent'anni dopo, si ritrovi con case e
terre mangiate dagli interessi e messe all'asta? "Non
so, in questo momento non ho la possibilità di
verificare", risponde Daniele Casale, addetto stampa
dell'assessore regionale all'Agricoltura. Eppure
sarebbe bello sentire l'altra campana... "Sentire le
banche, vuole dire". Innanzitutto sentire la Regione,
se è vero che in seguito ai finanziamenti regionali 5
mila aziende sono andate in rovina. E poi possibile,
signor Casale, che su una faccenda così grave lei non
sappia cosa dire? "Sono faccende che risalgono a molti
anni addietro, non vorrei dare informazioni
scorrette".

Dunque, niente da fare. Restano 5 mila aziende e 20
mila persone sul lastrico. Restano i contadini di
Decimoputzu che fanno lo sciopero della fame. E
sarebbe bello sapere quanti soldi pubblici sono stati
spesi per metterli in quella condizione.

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