Corriere della Sera venerdì 26 ottobre 2007
sezione: Cronache - data: 2007-10-26 num: - pag: 21
autore: Francesco Battistini categoria: REDAZIONALE
Alla fine degli anni '80 l'iniziativa rivolta anche agli emigrati: «Tornate e investite». Chi allora chiese prestiti
oggi si ritrova con debiti milionari
La rivolta dei pastori sardi: suicidi e sciopero della fame «Strangolati dalle banche»
Le aziende agricole falliscono: un bluff i mutui agevolati
DAL NOSTRO INVIATO
DECIMOPUTZU (Cagliari) — Maledetta primavera,
l'88. Salvatore Murgia e sua moglie un lavoro
ce l'avevano, nell'88. Vivevano a Milano. Riparatore
di caldaie lui, infermiera lei. Stipendi, tredicesime,
qualche sfizio. Anche sei ettari di famiglia
giù in Sardegna, a Decimoputzu: «Quella primavera
stavamo qui in vacanza e vedevamo le pubblicità:
sardi tornate, venite a investire! Un affare,
dicevano. Ci siamo cascati». Sembrava facile: l'agricoltura
in tutta Europa crollava, ma sull'Isola dei
Fumosi soffiavano negli occhi e promettevano che
no, qui il futuro era l'aratro. Anzi, le «strutture in
ferrovetro ». Che poi erano le serre: da coltivare a
fiori, a carciofi, a pomodori, a piacere. Ne spuntavano
dappertutto: un metro quadrato, 50 mila lire
nette di guadagno. Provare per credere. Salvatore
e sua moglie tornarono. Ci provarono. Ci credettero.
Con 80 milioni di lire: un prestito agevolato della
Regione, bassi tassi, le banche a sfornare studi di
fattibilità, e vai con la serra.
Vent'anni dopo, le serre del Cagliaritano sembrano
Mostar quando vi passò Mladic: ferro rugginoso,
vetri in frantumi, orti di sterpi, dov'erano i roseti
abbaiano i cani randagi. I Murgia a occupare la
sala comunale di Decimoputzu. Un lenzuolo a
spray rosso che penzola dalla finestra: «Blocco
delle aste subito!». Una tenda blu nella piazzetta
davanti: «Agricoltori e pastori, su la testa!». Lui
quasi settantenne in carrozzella, colpa di un'ischemia
cerebrale.
Lei da venti giorni a fare la squatter e lo sciopero
della fame, colpa del crac. Perché il finanziamento
della Regione era un bluff. E le banche si sono
prese il terreno, 62 mila euro all'asta. E i Murgia,
come altre 7.500 aziende che ci hanno provato,
come altri 45 mila sardi che ci sono cascati, oggi
devono pagare 460 mila euro d'interessi. Una mostruosità:
«Mio marito — racconta lei — si vergognava
così tanto che per un po' mi ha nascosto
tutto. Voleva separarsi. E non mi diceva il motivo:
era l'angoscia di trascinare anche me in questo
disastro ». Il popolo dei senzaserra è una bomba
sociale. Illusi prima, pignorati poi: 700 milioni di
euro da restituire, interessi al 30 per cento, 25 mila
famiglie sul lastrico. Due misteriosi suicidi in
una cooperativa di giovani. Emigrati in Germania
che rimpatriano e si bruciano una vita di risparmi.
Possidenti terrieri che ora cenano a pane e insalata.
Pastori che ruminano rabbia. Allevatori che
mungono debiti. «Siamo la più grande emergenza
economica dopo la Parmalat», dice Riccardo Piras,
il portavoce, che aveva una stalla modello e
ora ha due milioni di rosso. Sono il Sulcis del
2000: hanno formato un comitato di lotta e invitato
la Bbc, la prossima settimana protesteranno a
Montecitorio, hanno perfino una dializzata fra i digiunatori
a oltranza. Il sindaco di Decimoputzu è
un berlusconiano, si chiama Gianfranco Sabiucciu,
ma sabato scorso era pure lui a Roma, in corteo
con la sinistra radicale: «Il nostro è un paesino
di 4 mila abitanti: con assegni da 30 euro al mese,
assistiamo 80 famiglie che non sanno cosa mangiare
». In prefettura ammettono che «la situazione
è esplosiva». Le mani prudono. Nessuno s'è stupito
che ci fosse un allevatore di Decimoputzu,
qualche settimana fa, nel feroce assalto alle Poste
di Pula: le rapine qui sono raddoppiate, dice Piras,
e qualcosa vorranno dire le lettere minatorie che
lui stesso ha ricevuto, le serre incendiate agli
scioperanti, il proiettile trovato in municipio, gli esattori
dei crediti con scorta armata, le minacce
agli «sciacalli» che si presentano alle aste, le assemblee
coi sindacalisti di Soccorso Contadino
che invocano «un po' di piombo per risolvere la
faccenda in stile Chiapas».
Non basta un Marcos, a risolvere. Ma nemmeno
un Pratolini. Perché ora la fregatura è orfana ed è
come nel «Metello », dove tutti scaricano.
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