sabato 13 ottobre 2007

Gli alberghi dei santi alla crociata dell'Ici

Repubblica 12.10.07
La Chiesa non paga l'imposta sui fabbricati
appellandosi a una legge del '92 ma la Cassazione la
giudica illegittima e l'Ue ha messo l´Italia sotto
processo
Gli alberghi dei santi alla crociata dell'Ici
di Curzio Maltese

Secondo l´Anci in questo modo i Comuni non incassano
ogni anno 400 milioni
Negozi, cinema, locali: dal 2000 l´espansione degli
enti religiosi è impressionante
Il colpo di spugna del governo Berlusconi e
l´ipocrisia del decreto Bersani

Una terrazza da sogno sul cuore della Roma barocca,
sormontata dal campanile di Santa Brigida, con vista
sull´ambasciata francese e perfino sull´attico di
Cesare Previti. È soltanto uno dei vanti dell´albergo
delle Brigidine in piazza Farnese, «magnifico palazzo
del '400» si legge nel depliant dell´hotel,
classificato con cinque stelle nei siti turistici,
caldamente consigliato nei blog dei visitatori,
soprattutto dagli americani, per il buon rapporto
qualità-prezzo e l´accoglienza delle suore. «Parlano
tutte l´inglese e possono procurare lasciapassare
gratis per le udienze del Papa» scrive un´entusiasta
ospite da Singapore sul portale Trip Advisor («leggi
le opinioni e confronta i prezzi»). L´unico problema,
avvertono, è trovare posto. Sorto intorno alla chiesa
di Santa Brigida, quasi sempre vuota, l´albergo è
invece sempre pieno. Prenotarsi però non è difficile.
Basta inviare una e-mail a www.istitutireligiosi.org,
il portale che raccoglie un migliaio di case albergo
cattoliche in Italia, con il progetto di pubblicarle
tutte nei prossimi mesi e «raggiungere accordi con i
grandi tour operator stranieri per il lancio sul
mercato internazionale». Oppure si può cliccare
direttamente su brigidine.org, il sito ufficiale
dell´ordine religioso fondato da Santa Brigida di
Svezia, straordinaria figura di mistica e madre di
otto figli, fra i quali un´altra santa, Caterina. Una
notizia che in realtà dall´home page delle brigidine
non si ottiene. La biografia della fondatrice occupa
solo poche righe. In compenso si trovano minuziosi
dettagli sulla catena di alberghi («case religiose»)
gestiti dalle brigidine in 19 paesi, una specie di
Relais & Chateux di gran fascino, per esempio il
magnifico chiostro dell´Avana Vecchia, inaugurato da
Fidel Castro in persona. Il prezzo di una camera a
piazza Farnese è di 120 euro per la singola, 190 per
la doppia, compresa colazione, maggiorato del tre per
cento se si paga con carta di credito.
La Casa di Santa Brigida, quattromila metri nella zona
più cara di Roma, più lo sterminato terrazzo, ha un
valore di mercato di circa 60 milioni di euro ma è
iscritto al catasto romano nella categoria "convitti".
E non paga una lira di Ici.
Ogni anno i comuni italiani perdono secondo gli studi
dell´Anci («basati su dati catastali lontani dal
valore di mercato reale») oltre 400 milioni di euro a
causa di un´esenzione fiscale illegittima e contraria
alle norme europee sulla concorrenza. A questa stima
vanno aggiunti gli immobili considerati
unilateralmente esenti da sempre e mai dichiarati ai
comuni, per giungere ad un mancato gettito complessivo
valutato vicino al miliardo di euro annuali. Sarebbe
più esatto dire che la perdita è per i cittadini
italiani, perché poi i comuni i soldi mancanti li
prendono dalle solite tasche. L´Avvenire, organo della
Cei, ha scritto che bisogna smetterla di parlare di
privilegio poiché esiste una legge di esenzione fin
dal 1992. «Un regime che non aveva mai dato problemi
fino al 2004» conclude. È vero. Ma ha dimenticato di
aggiungere che il "problema" insorto è la correzione
della Corte di Cassazione. Un problema non da poco in
uno stato di diritto. Al quale si è aggiunto
quest´anno un altro problemino, anticipato da
"Repubblica", l´inchiesta della commissione europea
sull´intero settore dei favori fiscali alla chiesa
cattolica italiana, nell´ipotesi di "aiuti di Stato"
mascherati. Con gran scandalo di alcune lobby
parlamentari che hanno invocato la mano del papa
contro Bruxelles.
Piccola storia della controversia. La legge del ´92
sulle esenzioni dall´Ici è stata giudicata illegittima
dalla Cassazione, che nel 2004 l´ha così corretta:
sono esenti dall´Ici soltanto gli immobili che «non
svolgono anche attività commerciale». La sentenza,
come la precedente esenzione, si applicava a tutti i
soggetti interessati. Oltre alle proprietà
ecclesiastiche, non solo cattoliche, anche alle Onlus,
ai sindacati, ai partiti, alle associazioni sportive e
così via.
Ma l´unica reazione furibonda è arrivata dalla Cei:
«Una sentenza folle». Perché? Forse perché è l´unico
fra i soggetti interessati a possedere un impero
commerciale: alberghi, ristoranti, cinema, teatri,
librerie, negozi. «Il fenomeno ha avuto un´impennata
prima del Giubileo» spiegano i tecnici dell´Anci «ma
negli ultimi dieci anni l´espansione commerciale degli
enti religiosi è impressionante». Una parte della
montagna di soldi pubblici (3500 miliardi di lire)
stanziati per il Giubileo del 2000, più quote
consistenti dell´otto per mille, sono finite in questi
anni in ristrutturazioni immobiliari che hanno
trasformato conventi, collegi e ostelli in moderne
catene alberghiere. Un po´ ovunque, come a piazza
Farnese, le chiese si svuotano ma gli hotel religiosi
si riempiono. Le ragioni non mancano: sono belli, ben
gestiti, concorrenziali nei prezzi e possono far leva
su una capillare rete di propaganda. La chiesa
cattolica è oggi uno dei più potenti broker nel
turismo mondiale, primo settore per crescita
dell´economia. Si calcola che gestisca quaranta
milioni di presenze all´anno per l´Italia e verso
luoghi di culto (Lourdes, Fatima, Czestochowa,
Medjugorije...). In cima alla piramide organizzativa
si trova la ORP (Opera Romana Pellegrinaggi), alle
dipendenza del Vicariato di Roma e quindi della Santa
Sede. L´attività è in larga misura esentasse, Ici a
parte.
Si capisce che la Cei di Ruini si sia mossa contro la
«folle sentenza», «fonte di danni incalcolabili». Fino
a ottenere dal governo Berlusconi il colpo di spugna
per decreto. Un decreto che rovesciava la Cassazione e
ripristinava l´esenzione totale dall´Ici per le
proprietà ecclesiastiche, «a prescindere» (alla Totò)
da ogni eventuale uso commerciale. E´ l´autunno 2005 e
Berlusconi anticipa nei fatti alla Cei l´abolizione
dell´Ici che sei mesi più tardi, all´ultimo minuto di
campagna elettorale, avrebbe soltanto promesso a tutti
gli altri italiani. «Fu un´esplosione di gioia - si
legge nel sito della Cei - "cin, cin", brindisi,
congratulazioni, gratitudine per tutti coloro che si
erano adoperati per l´approvazione di tali norme».
Passate le elezioni, alla nuova maggioranza si è
riproposto il nodo dell´illegittimità della norma,
sollecitata dai rilievi della Commissione Europea. E
il governo Prodi l´ha risolto nel più ipocrita dei
modi. Con un cavillo inserito nei decreti Bersani,
vengono esentati dall´Ici gli immobili che abbiano uso
«non esclusivamente commerciale». In pratica, secondo
l´Anci, significa che «il 90-95 per cento delle
proprietà ecclesiastiche continua a non pagare». In
termini giuridici il «non esclusivamente commerciale»
rappresenta un non senso, una barzelletta sul genere
di quella famosa della donna incinta «ma appena un
poco». Nel secolare diritto civile e tributario
italiano il «non esclusivamente» non era mai apparso,
un´attività è commerciale o non commerciale. Il resto
è storia recente. Parte la richiesta di chiarimenti da
Bruxelles il governo da un lato risponde che la «norma
è chiarissima» e dall´altro istituisce una commissione
per studiarne le ambiguità, voluta quasi soltanto dal
ministro per l´Economia Tommaso Padoa Schioppa,
europeista convinto. La relazione sarà consegnata fra
pochi giorni, ma circola qualche riservata
anticipazione. Il presidente Francesco Tesauro,
dall´alto della sua competenza giuridica,
difficilmente potrà avvalorare l´assurdità del «non
esclusivamente» e quindi sarà inevitabile cambiare la
norma.
«Qui nessuno, per intenderci, pretende l´Ici dal bar o
dal cinema dell´oratorio» commenta il presidente
dell´Anci, il sindaco di Firenze Lorenzo Domenici. «Ma
dagli esercizi commerciali aperti al pubblico, in
concorrenza con altri, da quelli sì. Abbiamo dato
piena autonomia ai singoli comuni per trovare accordi
con le curie locali e compilare elenchi attendibili».
Ma una leale collaborazione nel separare il grano dal
loglio, i templi dai mercati, insomma il culto dal
commercio, da parte delle curie non c´è mai stata.
Nel marzo scorso, per far fronte all´espansione del
settore, la Cei ha organizzato a Roma un mega convegno
intitolato «Case per ferie, segno e luogo di
speranza». Gli atti e gli interventi dei relatori,
scaricabili dal sito ufficiale della Cei, compongono
di fatto un eccellente corso di formazione
professionale per operatori turistici, tenuto da
esperti del ramo e commercialisti non solo molto
preparati ma anche dotati di una capacità divulgativa
singolare per la categoria. Una visita al sito è
largamente consigliabile a qualsiasi laico titolare di
un alberghi, pensioni, bar, ristoranti. Nelle molte e
lunghe relazioni, fitte di norme civilistico-fiscali,
compare anche l´aspetto spirituale, alla voce
swiftiana «Qualche modesto suggerimento per difendervi
nel prossimo futuro da accertamenti Ici (anche
retroattivi)». Si ricorda allora che «A) l´ospite deve
riconoscere la piena condivisione degli ideali e delle
regole di condotta della religione cristiana; B)
l´ospite deve impegnarsi a rispettare gli orari di
entrata e di uscita; C) la casa per ferie metta a
disposizione degli ospiti la propria struttura e
personale religioso per un´assistenza religiosa oltre
l´annessa cappella» e così via. A parte che a piazza
Farnese ci hanno dato subito le chiavi per entrare e
uscire quando volevamo, è la Cei stessa a ridurre la
vocazione spirituale e dunque «non commerciale» degli
alberghi religiosi a un espediente da commercialisti
furbi per evitare gli odiati accertamenti. Eppure sono
passati duemila anni da quando Gesù rispose ai
farisei, il clero dell´epoca, «date a Cesare quel che
è di Cesare».
Per finire, una precisazione penosa ma necessaria. Da
settimane l´informazione cattolica pubblica le tabelle
degli stipendi dei preti, bassi come quelli degli
operai, per «sbugiardare un´inchiesta fondata sulla
menzogna». Ora, i salari dei preti non sono mai stati
né saranno oggetto di questa inchiesta. Si può anzi
essere d´accordo con gli organi della Cei nel
sostenere che i sacerdoti sono una categoria
sottopagata rispetto all´impegno profuso nella
società. Per non dire delle suore, alle quali la Cei
non versa un euro. Le sorelle brigidine di piazza
Farnese, per esempio, si alzano all´alba e lavorano
dodici ore al giorno, offrendo agli ospiti una
cortesia e una dedizione che non s´imparano alla
scuola alberghiera, eppure non avranno mai né uno
stipendio né la pensione, a differenza dei preti. Ed è
un´altra fonte d´imbarazzo laico dover contribuire con
le tasse a un sistema tanto discriminatorio. La
questione non sono i 350 milioni per gli stipendi
prelevati con l´otto per mille, inventato per questo.
Ma gli altri quattro miliardi che vanno altrove, in
parte certo alle missioni di carità, in parte più
cospicua dentro una macchina di potere che influenza e
condiziona l´economia, la politica, la vita
democratica e a volte l´esercizio dei diritti
costituzionali, fra i quali la libertà di stampa.

Nessun commento: