giovedì 4 ottobre 2007

Gaza: una popolazione punita collettivamente

Gaza: una popolazione punita collettivamente
di Luisa Morgantini - 04/10/2007 da megachip


A seguito delle dichiarazioni di Israele che ha definito l'intera Striscia di Gaza "entità nemica" e ha annunciato un piano di sanzioni economiche per il milione e mezzo di persone che vi abitano, la vicepresidente del Parlamento europeo, Luisa Morgantini, ha diffuso il seguente comunicato. Gaza è una Striscia di meno di 400 chilometri quadrati di territorio in cui un milione e mezzo di persone vivono prigioniere a causa della chiusura e del conseguente isolamento economico deciso unilateralmente e illegalmente dalle Autorità israeliane.
Gaza è una gabbia dalla quale pochissimi riescono ad uscire o entrare: centinaia di persone malate che devono curarsi all'estero sono costrette a sospendere le cure, più di 600 studenti con scholarship all'estero in questi ultimi giorni di chiusura totale sono rimasti intrappolati nella Striscia perdendo la possibilità del loro futuro. La dichiarazione di Gaza come "entità nemica" da parte del governo israeliano inventa una nuova formula nell'ormai indefinito marasma della legalità internazionale. Bloccare l'elettricità e il combustibile è invece un'ulteriore violazione del diritto internazionale, una punizione collettiva.
Insieme ad una delegazione del Parlamento Europeo ed accompagnati dall'Unrwa, l'Agenzia Onu per l'assistenza ai profughi palestinesi, siamo riusciti ad entrare prima dello Yom Kippur, festa israeliana e prigione per tutti i palestinesi visto che l'esercito israeliano ha decretato per tre giorni la chiusura di tutti i territori.
Gaza è una città quasi fantasma, poca gente in giro, poche auto, tante case distrutte dai raid, gli ospedali senza risorse, le infrastrutture condannate alla dismissione per mancanza di fondi e di materie prime. Le fabbriche situate nelle zona industriale di Karni, sono chiuse e nei magazzini vi sono centinai di quintali di materiali, mobili già pronti da esportare in Israele o in Giordania, vestiti da vendere per la stagione estiva ormai finita. Perdite di milioni e milioni di dollari, la disperazione di famiglie che non hanno neppure la possibilità di comprarsi il pane. E' Ramadan, ma i pochi negozi aperti a Gaza non hanno esposto, così come si vede in Cisgiordania o come si vedeva a Gaza, l'impasto per il Kataief, il dolce per il Ramadan. L'embargo imposto dal governo israeliano deve cessare immediatamente. Questa politica è filo spinato sulla via della pace.
E' quanto le è richiesto anche dall'Onu e dall'Unione Europea, voci che Israele non può far finta di non ascoltare: troppe volte le sue violazioni del diritto umanitario internazionale e dei diritti dell'uomo, in Cisgiordania come a Gaza, sono rimaste impunite e tollerate, a cominciare dalla mancata applicazione delle risoluzioni Onu, dalla costruzione del Muro, dichiarato illegale dalla Corte dell'Aja ormai quattro anni fa, e dal furto sistematico e "legalizzato" di terre dei palestinesi, che se a Gaza sono prigionieri, lo sono però anche nella West Bank, dove quando non è il muro che divide palestinesi da palestinesi, ci sono più di 600 check-point e i soldati a farlo.
Ma le voci di preoccupazione devono diventare azioni concrete per impedire non solo la perdita di vite umane, di dignità, di libertà della popolazione palestinese, ma anche lo sterminio della legalità internazionale.
Come Parlamentari Europei abbiamo chiesto all'Unione Europea una posizione chiara contro l'embargo praticato dalle Autorità israeliane a Gaza e che Israele rimuova check point e le serrate affinché i palestinesi così come le merci, abbiano libertà di movimento e la loro vita quotidiana non sia più un inferno. Ciò deve avvenire adesso, non si può attendere l'incontro organizzato dagli Usa a Novembre al quale devono partecipare le diverse parti del conflitto nell'area, per portare ad una soluzione definitiva nel rispetto delle risoluzioni delle Nazioni Unite.
da http://ital.irib.ir/index2.php?option=com_content&task=view&id=495&pop=1&page=0

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