mercoledì 26 dicembre 2007

Conti correnti, Italia più cara d'Europa

Conti correnti, Italia più cara d'Europa

La Stampa.it del 30 gennaio 2007

di Marco Zatterin
Il costo medio per la tenuta di un conto corrente in Europa è di 14 euro. Non è male, a patto di non essere italiani, perché nonostante gli sforzi delle banche il prezzo da pagare per tenere acceso il nostro rapporto l'agenzia di fiducia è 60 euro. La Germania, secondo sistema più esoso, ne esige venti in meno, mentre in numerosi altri paesi, quali Danimarca, Olanda e Svezia, la media è inferiore a 2,5 euro. Da noi si riscontra un'alta variabilità del fardello, cosa che avviene anche in Lussemburgo, dove però il valore di verso cui si tende è nettamente inferiore. L'esperienza si ripete puntualmente anche per le altre voci di spesa, e la sensazione finale che se ne trae è che gli evidenti miglioramenti non cancellano l'immagine di un sistema, quello che finanzia risparmiatori e imprese della penisola, ancora impegnato in una faticosa fase di modernizzazione.

La Commissione europea ha rifatto i conti. L'ultima volta si era affidata ad un esaminatore esterno, dal quale erano emersi dati tanto disomogenei quanto drammatici per le banche italiane. Adesso, nelle 213 pagine della nuova analisi del sistema bancario europeo che verrà diffusa domani insieme con un documento di strategie di intervento di vigilanza e normativo, corregge la rotta. In un contesto di generale di insufficiente concorrenza e di pratiche volte spesso a rendere meno trasparente la pratica del credito, Bruxelles rivela un progresso relativo degli istituti italiani, purtroppo per noi ancora fuori linea - sopratutto sul fronte dei costi per i clienti - rispetto ai rivali del vecchio continente.

Farà discutere la risposta alla domanda "quanto costa chiudere un conto corrente?". La media che la Commissione attribuisce all'Europa è di 2,43 euro. Secondo le tabelle del rapporto, sino al 2006 da noi se ne potevano sborsare sino a 60, mentre il grosso degli istituti non chiedeva più di una ventina di euromonete. L'Abi si è però recentemente impegnata ad alleggerire gli aggravi e il decreto Bersani ha fatto il resto, abolendo per legge le commissioni di fine rapporto. Il problema non dovrebbe più sussistere e, se tutti rispetteranno alla lettera gli impegni, nella prossima inchiesta di Bruxelles l'Italia dovrebbe trovarsi fra i più virtuosi. Meglio tardi che mai. Anche perché, nella stragrande maggioranza dei paesi, il divorzio allo sportello non ha da tempo alcuna conseguenza sulle tasche del risparmiatore e delle imprese.

La peculiarità del sistema Italia emerge anche dalle commissioni caricate sui prelievi con carta di debito. Qui il livello medio della commissione è di 1,14 euro per un prelievo di cento pezzi da uno. Gli istituti nostrani possono imporne sino a circa sei, terza peggiore prestazione europea. Compensa il risultato il fatto che nella maggioranza dei casi se ne finiscono per pagare poco più di due. Bruxelles trova "interessante" che la metà delle banche chieda un prezzo analogo per il servizio, osservazione che ricorre anche in Francia. La spiegazione potrebbe trovarsi in un accordo di sistema sui listini.

Infine i bonifici, capitolo in cui Italia e Grecia sono le regine della variabilità. Spedire 100 euro può costare da zero a, rispettivamente, 12 e 14 monete da uno. Il dato positivo è che, a fronte di una media Eurozona che prevede un costo di 1,30 euro, il grosso del campione tricolore è sotto i 2 euro e 50. La lezione che se ne trae è chiara: in un sistema che compie dei passi in avanti, bisogna fare molta attenzione con chi si tratta. La concorrenza, evidentemente, comincia a dare i suoi primi frutti.

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