domenica 23 dicembre 2007

Se il pianeta resta senz'acqua

Se il pianeta resta senz'acqua

La Repubblica del 6 marzo 2007, pag. 1

di Fred Pearce

In tutto il mondo alcuni dei fiumi più grandi - quel­li che noi tutti ricordiamo di aver studiato a scuola - sono sempre più in secca. Per buo­na parte dell'anno il fiume Giallo in Cina, l'Indo in Paki­stan, il Murray in Australia, il Colorado negli Stati Uniti e il Nilo in Egitto praticamente non convogliano più acqua nel mare. Negli ultimi due an­ni in alcuni punti si è abbassa­to di livello perfino il possente Rio delle Amazzoni, che da solo trasporta un quinto di tutta l'acqua di tutti i fiumi della Terra. E il Po in Italia nelle ulti­me estati ha fatto registrare li­velli al minimo storico.



Gli atlanti non dicono più il vero. In Asia centrale l'anti­co fiume Oxus non raggiun­ge più le sponde del lago d'Aral: la sua acqua è prelevata per le colti­vazioni di cotone. Il lago d'Aral un tempo era il quarto più grande "mare" interno del mondo. Oggi è soltanto un deposito di sale in pie­no deserto. Se ci si ferma in piedi in corrispondenza della vecchia linea costiera del Mynak in Uzbekistan, davanti a sé si scorge lo spoglio let­to del mare – un nuovo deserto - che si distende per oltre cento chilo­metri.



Il problema è in parte una conse­guenza del cambiamento del cli­ma. Alle sorgenti di tutti questi fiu­mi le precipitazioni sono diventate scarse. Buona parte dell'area me­diterranea, Italia inclusa, sta di­ventando sempre più secca e i mo­delli climatici prevedono che in fu­turo le aree aride del pianeta diven­teranno ancora più aride. In realtà, i nostri fiumi si stanno prosciugan­do essenzialmente a causa del no­stro eccessivo consumo di acqua, destinata soprattutto all'irrigazio­ne. L'agricoltura è responsabile dei due terzi di tutta l'acqua che gli es­seri umani prelevano dalla natura nel mondo. In Italia questa percentuale sale intorno al 50 per cento, e nelle regioni molto aride tale quan­tità aumenta ancor più, raggiungendo il 90.



L'anno scorso ingegneri, politi­ci e finanzieri convenuti a Città del Messico in occasione del World Water Forum che si tiene ogni tre anni hanno suggerito di creare molte più dighe e di definire nuovi parametri di prelievo dell'acqua per far fronte alla crescente do­manda in tutto il mondo di acqua pulita. Ma a che scopo erigere altre dighe, se i fiumi si stanno già prosciugando?



In molti Paesi stiamo esaurendo anche le riserve idriche sotterra­nee, sia legalmente sia illegalmen­te. Si calcola che l'Italia abbia più di un milione di pozzi illegali. In India lo ve i fiumi sono già secchi per buona parte dell'anno, negli ultimi dieci anni i coltivatori hanno sca­vato oltre venti milioni di condut­ture sotterranee sotto i loro campi, al fine di prelevare l'acqua presen­te in profondità. Poiché le loro pompe funzionano 24 ore al gior­no, le falde freatiche si stanno rapi­damente abbassando. Di recente i ricercatori hanno calcolato che ogni anno i coltivatori prelevano la sbalorditiva quantità di cento chi­lometri cubici d'acqua in più di quello che le precipitazioni riesco­no a sostituire. Attualmente l'India è autosufficiente da questo punto di vista, ma come numerosi altri Paesi asiatici sta per esaurire il tem­po e l'acqua a sua disposizione.



I presupposti di questa emer­gente crisi idrica globale risalgono alla "rivoluzione verde", la crocia­ta scientifica combattuta negli an­ni Settanta e Ottanta per produrre nuove varietà di colture ad alto ren­dimento con le quali dar da man­giare alla popolazione terrestre che stava crescendo a ritmi incal­zanti.



Allora si temeva che miliardi di persone avrebbero potuto morire di fame di questi nostri tempi. Così non è stato. La "rivoluzione verde" ha fatto il suo dovere, producendo maggiori quantità di cibo. Ma ciò ha avuto un suo costo. Se da un la­to le nuove colture hanno assicura­to rendimenti eccezionali, al con­tempo dall'altro utilizzano l'acqua in modo meno efficiente rispetto alle colture di un tempo. Di conse­guenza, oggi nel mondo si coltiva circa il doppio delle colture degli anni Settanta, si è al passo con la crescita della popolazione, ma dai fiumi e dalle riserve idriche sotter­ranee si preleva almeno tre volte l'acqua di allora.



La quantità di acqua che occorre per riempire la nostra borsa della spesa è impressionante. Occorro­no cinquemila litri di acqua per ot­tenere un chilo di riso, 11 mila per far crescere il foraggio sufficiente ad alimentare una mucca affinchè questa ci dia un hamburger, tremi­la per un sacchetto da un chilo di zucchero e 20 mila per ottenere un barattolo da un chilo di caffè. Con simili presupposti, non stupisce che nel mondo l'acqua scarseggi, o che le organizzazioni delle Nazioni Unite che si occupano di cibo e agricoltura affermino che in alme­no un terzo dei campi coltivati esi­stenti al mondo "l'acqua, e non la terra, è il vero vincolo" per la pro­duzione.



Non stupisce neppure che le tensioni internazionali per il con­trollo sulle risorse idriche stiano moltiplicandosi. Allorché un Paese a monte riesce a dare fondo alle ac­que di un fiume prima che questo attraversi il confine, la popolazio­ne confinante a valle comprensi­bilmente è molto preoccupata. Le dighe erette in Turchia possono prosciugare completamente l'Eufrate prima che questo arrivi a scor­rere in Siria e in Iraq. Gli Stati Uniti svuotano pressoché del tutto il Rio Grande e il Colorado prima che questi corsi d'acqua riescano ad at­traversare il confine messicano. Israele preleva tutta l'acqua del fiu­me Giordano prima ancora che es­so arrivi a scorrere nel Paese dal quale prende il nome.Le guerre per l'acqua sono imminenti.



L'acqua in natura si ricicla natu­ralmente: evapora dagli oceani e ri­cade sulla Terra sotto forma di pioggia. Ciò nonostante abbiamo soltanto una data quantità di ac­qua a disposizione. La buona noti­zia è che possiamo utilizzarla più efficientemente. In India migliaia di villaggi hanno iniziato a racco­gliere l'acqua delle precipitazioni monsoniche che cadono ogni esta­te e a immagazzinarla in bacini e pozzi. "Raccogliere l'acqua piova­na" non è certo una novità, ovviamente. Un tempo raccogliere l'ac­qua dal tetto delle abitazioni e im­magazzinarla in seguito in agricol­tura era prassi usuale dalla Tosca­na a Kathmandu. Più avanti, però, si è iniziato a fare affidamento sol­tanto sulle riserve idriche pubbliche. Ora che i fiumi si stanno pro­sciugando, in ogni caso, raccogliere l'acqua piovana è un sistema che sta sicuramente riprendendo pie­de.



Dobbiamo anche riciclare l'ac­qua e adoperarci per ridurre le sempre più esorbitanti perdite che si verificano in buona parte dei si­stemi idrici. L'evaporazione che ha luogo dalle riserve idriche, per esempio, è esorbitante. Il lago Nasser, situato dietro l'Alta Diga di Assuan in Egitto, nel deserto nubia­no, per l'evaporazione perde più acqua ogni anno di quanta l'Italia intera ne consumi nello stesso arco di tempo. Le piccole riserve idriche situate in varie zone d'Italia ogni anno arrivano a perdere il 40 per cento del loro contenuto.



Milioni di contadini in tutto il pianeta ancor oggi irrigano i loro campi allagandoli: la maggior par­te dell'acqua così utilizzata evapo­ra ed è ben poca quella che penetra effettivamente nel terreno rag­giungendo le piante. Sistemi di irri­gazione a goccia a goccia, econo­mici quanto moderni, in grado di far sì che ogni singola goccia di ac­qua cada accanto alla radice della pianta coltivata, possono tagliare il fabbisogno odierno di acqua del 70 o dell'80 per cento.



Gli ingegneri parlano e discuto­no molto di come reperire maggio­ri quantità di acqua per poter far fronte alla domanda in netto au­mento, mala vera soluzione consi­ste invece nell'inizi are a contenere la domanda. Occorre considerare definitivamente finiti i giorni in cui l'acqua era ritenuta una risorsa gratuita e disponibile per diritto naturale. Un mezzo molto valido per riuscirci è quello di imporre al­l'acqua un prezzo realistico. I colti­vatori in Italia e nella maggior par­te degli altri Paesi ancor oggi paga­no l'acqua a un prezzo nettamente inferiore a quello reale. E questo in­coraggia gli sprechi.



Adesso, dopo decenni di spre­chi, è giunta l'ora di lanciare una "rivoluzione blu", e dare quindi inizio a una gestione migliore della nostra acqua. Se questa rivoluzio­ne non partirà, allora i conflitti e le guerre per questa risorsa umana, la più importante, l'unica della quale non possiamo fare a meno e so­pravvivere neppure un giorno, sa­ranno inevitabili.



NOTE

Traduzione di Anna Bissanti

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