domenica 23 dicembre 2007

Sudan, la diga incubo

Sudan, la diga incubo
La Stampa del 16 marzo 2007, pag. 19

di Domenico Quirico

Al villaggio di Argu i bulldo­zer sono già passati a rive­dere e correggere brutal­mente il paesaggio, le case sono state rase al suolo, hanno lasciato in piedi solo il minare­to. Sarà uno dei primi a essere inghiot­tito dalle acque, tra qualche mese. I ci­nesi del consorzio CCMD lavorano svelti, in cinque anni era stata fissata la durata del progetto per la diga di Meroe avviata nel 2002 e ci tengono ad arrivare in perfetto orario. Questa re­gione del nord Sudan è un pezzo della loro Africa, fatta di buoni affari e infil­trazione politica: armi, petrolio e ap­palti, così hanno trasformato il Sudan fondamentalista nel grande alleato.



I russi regalarono Assuan ai deliri terzomondisti di Nasser, i cinesi co­struiranno Meroe per Al Bashir, l'ex amico di Bin Laden, il macellaio del Darfour. Ma ha il petrolio, come non perdonargli cinicamente tutto? Vivo­no nel loro campo strettamente sorve­gliato come in una fortezza. Non han­no assunto nessun sudanese, non è il loro sistema. Tra gli operai non specializzati ci sono maliani e nigeriani, manodopera a bassissimo costo: finiti i la­vori saranno rimandati nei loro paesi. Precauzioni necessarie: perché la diga qui non la amano, dicono che ruba la lo­ro terra e il loro passato, li condanna alla povertà. Tre anni fa ci furono di­sordini gravi, l'esercito sparò, si conta­rono morti. Ma il regime di Al Bashir non ama le contestazioni. Ha combat­tuto per dieci anni contro i ribelli del sud per agguantare il petrolio, i suoi giannizzeri a cavallo stanno ripulendo con metodo a ovest il Darfour. Il Nord almeno deve restare tranquillo. Hanno investito quasi due miliardi di dollari a Meroe, arrivati in buona parte dai ricchi paesi del Golfo che hanno dimenti­cato in fretta i tempi in cui Karthoum era il burattinaio dei fondamentalismi. Sbarrando il Nilo con l'opera più gran­de mai concepita sul fiume dai tempi dell'epopea egiziana di Assuan voglio­no il doppio dell'energia elettrica di cui dispongono.

Nessuno deve mettere impacci al progetto di plasmare una regione inte­ra, di tagliare trasformare costringere il fiume a seguire docile la volontà umana. Perché l'orografia sarà ridise­gnata brutalmente, la quarta catarat­ta, la più spettacolare delle sei del Nilo, sparirà. I rassicuranti studi sull'impat­to ecologico, secondo molti analisti in­dipendenti non sono attendibili. So­prattutto, la diga costringerà 60 mila persone a lasciare le terre dove hanno sempre vissuto. Avranno nuove case «più belle delle baracche in cui viveva­no»; il governo ha promesso loro «una nuova vita». Purtroppo il loro probabi­le destino sarà quello dei profughi, sen­za scuole, medici acqua elettricità, sen­za il limo che permetteva il lavoro di contadini, su una terra sterile.



Alla fine nascerà un bacino che si estenderà su 175 km per quattro di lar­ghezza. Sotto 18,5 miliardi di metri cu­bi di acqua resteranno i terreni agrico­li benedetti dal limo del fiume. E anche uno dei più grandi siti archeologici dell'Africa, la Nubia delle regine nere, delle enigmatiche dinastie di Meroe e di Kush che regnarono anche sull'Egit­to. Gli etruschi dell'Africa, perché i loro geroglifici sono così sofisticati che nes­suno è ancora riuscito a decifrarli. Qui nei silenzi del deserto e nell'animazione del fiume il mondo africano e quello me­diterraneo si incontrarono e scontraro­no. Come ad Assuan i monumenti mag­giori vengono smontati e salvati, ma re­sta il rimorso per quanto doveva ancora essere scavato e scoperto.



Dove si alza lo sbarramento e dove nasce una delle nuove città promesse agli sfollati le ruspe hanno tagliato la roccia nera per aprire una strada che ar­riva a 200 metri dalle piramidi di Nuri dove riposano 21 re e 52 regine, principi e principesse. Un dramma per questi monumenti che non sono protetti. Il djebel Barkal, la montagna sacra di Amon, dove si estendeva la capitale del regno di Kush, Napata, ormai invano fa la guardia al sonno eterno del re Taharqa.


A guardare sospettoso il crescere della diga, ma non per passioni archeologiche, è anche l'Egitto. Tutto quello che succede sui 7.000 km del fiume, dal ma­gro filo d'acqua che esce da una collina del Burundi fino al delta di Alessandria, per lui è vitale. Nel 1978, quando l'Etio­pia annunciò di voler costruire uno sbar­ramento sul lago Tana, Sadat minacciò la guerra. Tra il Cairo e Karthoum l'ac­cordo esiste e risale al 1959. È l'Egitto che ha fissato le quote: 55,5 km cubi di acqua per sé e 18,5 km cubi per il Sudan. La diga di Meroe rispetta gli impegni; per di più il limo che sarà drenato non andrà a sovraccaricare il lago Nasser, assicurando vita più lunga alla diga di Assuan. Ma hanno già calcolato che nel 2050 sulle rive del Nilo vivrà un miliar­do di persone, quattro volte oggi. Allora sarà il tempo delle guerre dell'acqua.

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