mercoledì 19 dicembre 2007

L'invasione degli Ogm

L'invasione degli Ogm

La Repubblica del 20 giugno 2007, pag. 1

di Carlo Petrini

Stamattina in piaz­za Montecitorio ci sarà un gruppo di as­sociazioni in assetto di protesta contro il Consi­glio dei ministri dell'agri­coltura europei. Cosa han combinato inostri ministri per far scendere in piazza, Coldiretti e Cia, Aiab e Legambiente, Coop e Feder-consumatori? Hanno va­rato il nuovo Regolamento Europeo per il Biologico.



Cosa c'entrano gli ogm con l'agricoltura biologi­ca? L'agricoltura biologica non si avvale di chimica di sintesi né Organismi Ge­neticamente Modificati.



Questo diceva il regola­mento sul biologico del 1991, in cui l'Unione Eu­ropea disse saggiamente: l'agri­coltura biologica va protetta e promossa, e gli Ogni con l'agri­coltura biologica non hanno nulla a che fare. Ma quel che era evidente nel 1991 sembrò opina­bile nel 2006, quando si propose una "soglia" di contaminazione accidentale dello 0.9%. Significa che ci saranno 0.9 possibilità su 100 che il prodotto certificato bio che acquisteremo sia il frutto di una contaminazione da Ogm, e nessuno è tenuto a dircelo. Ce lo indicheranno in etichetta solo dall'1% in avanti.



Il Parlamento Europeo, per la gioia di ambientalisti, agricolto­ri e consumatori che chiedevano la "tolleranza zero", un paio di mesi fa votò un emendamento che poneva allo 0.1% la soglia di contaminazione. Al di sopra del­lo 0.1% (il minimo misurabile) di presenza di Ogm, i prodotti non potevano più essere considerati biologici. Era un sillogismo classico, che sarebbe piaciuto adAristotele: se i prodotti bio non con­tengono ogm, i prodotti che con­tengono ogm non sono bio.



Ma Aristotele è vissuto nel IV secolo a.C. e a Bruxelles fan fati­ca a ricordarsi quel che han detto nel 1991 : figuriamoci se fan ca­so a uno che nemmeno vota.



Invece a noi che votiamo quel­l'emendamento sembrava an­che il frutto della nostra bravura a sceglierci i rappresentanti.

Mal'ultima parola è del Consi­glio dei ministri dell'agricoltura (non votati ma scelti dai pre­mier), che ha deciso - con il voto contrario di Belgio, Italia, Grecia e Ungheria - che la soglia resta al­lo 0.9%: il nuovo regolamento del biologico sconfessa il vec­chio e i suoi ragionamenti sulla coesistenza di differenti agricol­ture, quella convenzionale, quella biologica e quella transgenica.



Cosa c'entrano gli ogm con la coesistenza e le soglie?



C'è stata una fase in cui tutti parlavano di coesistenza tra Ogm e agricoltura biologica e convenzionale. Il pro­blema era solo quello di stabilire delle distanze opportune. Certo, re­stava da spiegare al vento, alle api, agli uc­celli, e ai topi di campa­gna come dovevano soffiare, volare, man­giare e fare la cacca per non trasportare semi e pollini al di là delle distanze stabilite dall'UE. Ma "la coesisten­za è possibile", diceva­no fiduciosi, manco lo stessero dicendo ai ra­gazzi delle banlieues di Parigi.



Parlare di soglie anzi­ché di coesistenza si­gnifica ammettere che la coesistenza è impos­sibile, ma anche non badare più a quel che le cose sono in realtà. E' una pratica nella quale le Istituzioni vantano lunga esperienza. Atrazina nell'acqua, grassi diversi dal burro di cacao nel cioccolato, Ogm nei prodotti biologici? Basta cambiare i "limi­ti di legge", con i ringraziamenti di produttori di diserbanti per il mais, multinazionali del ciocco­lato di bassa qualità, o certificatori del biologico.



Il "vero" problema - dicono i certificatori - è che una soglia troppo bassa rende impossibile certificare.



Ora noi, consumatori e pro­duttori del biologico, ci chiedia­mo: è meglio certificare come bio un prodotto che contiene Ogm o è meglio avere una certifi­cazione credibile?



Se il prodotto a marchio bio che sto acquistando potrebbe non essere bio, cosa me ne faccio della certificazione? Il diritto al­l'informazione va rispettato per­ché cosi verrà rispettato il diritto a decidere quel che mangiamo. Si chiama "sovranità alimenta­re", ed è il diritto di nu­trirsi nel modo più adatto alle proprie esi­genze biologiche, cul­turali, sociali.



Se l'Europa unita non serve a garantire i diritti di base, allora di­temi a cosa serve. Se non serve a mantenere quel minimo di demo­crazia reale che sta nella disponibilità di infor­mazione, se con il mio bell'Euro non so più co -sa compro, dove sta il progresso?



I ministri che hanno votato contro questo regolamento, dicono che faranno leggi na­zionali più severe del regolamento. Certo, è qualcosa, ma in un'Europa in cui cose e perso­ne viaggiano giusta­mente senza difficoltà, cosa me ne faccio di una certificazione na­zionale seria, se appe­na metto il piede oltre confine, o acquisto sot­to casa un prodotto del paese confinante, non so più quel che mangio? E il consumatore, che sembra aver solo il dovere di informarsi e mai il diritto ad es­sere informato, quanto tempo dovrà passare a scandagliare le etichette?



La parola d'ordine di un paese come il nostro, che si proclama europeista per vocazione e convinzione, non può essere "Com­prate solo biologico italiano". Non abbiamo parlato di Europa per cinquant'anni per tornare all'autarchia.



Le leggi nazionali rischiano di essere delle foglie di fico se si ri­nuncia a discutere l'intero regolamento. Chiedere con forza la totale rinegoziazione di quel re­golamento significa riflettere sul modello di sviluppo che voglia­mo, non solo per l'agroalimentare, ma per il pianeta. Aprire agli Ogm significa aprire ad un mo­dello agricolo che ha costi pe­santissimi in termini ambienta­li, di energia, di rinunce cultura­li, di cancellazione di identità. Hanno provato a farceli accetta­re in tutti i modi, anche raccon­tando bugie solenni come quan­do ci dissero che avrebbero risol­to il problema della fame. Oggi che è chiaro anche per la Fao che dove la fame si risolve, è grazie al­la piccola agricoltura tradizio­nale, oggi che i consumatori di­chiarano il loro no Ogm oggi che il biologico, solo in Italia, conta su un milione di ettari e circa 50mila aziende, ecco che ci riprovano: con la produzione massiva di biocarburanti, con le sperimentazioni in campo o con i regolamenti europei che igno­rano il Parlamento.



Ma con attenzione e pazienza, bisognerà ripeterlo ogni volta che serve: gli Ogm non c'entrano.

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