mercoledì 19 dicembre 2007

Questo spaghetto vale un patrimonio

Questo spaghetto vale un patrimonio

La Stampa.it del 18 luglio 2007

di Marco Zatterin
Frutta, verdura, pane, cereali, pesce, un bicchiere di vino e, sopratutto, olio d’oliva in quantità. A tavola. Per sempre. La Spagna vuole che la dieta mediterranea sia riconosciuta come «patrimonio dell’umanità» e inserita a pieno titolo nella categoria delle «culture intangibili» tutelate dall’Unesco alla stregua dei tesori dell’artigianato, della musica, della danza e del teatro. «E’ una tradizione da salvaguardare per l’eternità» manda a dire Madrid, perchè «è una cura saporita e fa bene».
Non solo. «E’ rispettosa della natura - assicura il ministro dell’Agricoltura Elena Espinosa - e può consolidare il ponte fra Europa e Maghreb. Senza contare che tiene alta la forma e, pertanto, dovrebbe piacere anche ai paesi del Nord».

L’idea
L’idea originale è dei catalani, tanto semplice e lineare da raccogliere il totale sostegno del premier Zapatero che l’ha girata subito a Bruxelles perché ne diventi sponsor presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura. Da noi non ci hanno pensato e, se l’hanno fatto, non si sono mossi, così la primogenitura s’è persa.
Il progetto, intavolato lunedì sera al Consiglio dei ministri agricoli dell’Unione, ha ora il bollino giallorosso iberico e non quello tricolore. Siamo spiazzati, ma c’è tempo per recuperare, anche se i portoghesi già cavalcano l’iniziativa, a pieno titolo visto che per il semestre hanno la presidenza dell’Ue. «Un’ottima idea da uno stato membro che ha un’ottima cucina, come noi, Francia, Italia e Grecia» ha commentato con l’acquolina in bocca il responsabile verde di Lisbona Jaime Silva. La notizia è buona, salvo il retrogusto amaro, degno di una tradizione che ci vede spesso profeti mancati in patria, nella nostra terra ricca di oliveti e fantasiosa ai fornelli.

Il marchio
La stessa dieta mediterranea è un marchio di fabbrica inventato, o intuito, guarda caso da un fisiologo americano, Ancel Keys, che negli anni settanta diede alle stampe un libro divenuto celebre, «Mangiar bene per vivere meglio». Lui lo aveva fatto di persona stabilendosi a Pioppi, piccolo borgo di pescatori nel Cilento, dove ha lavorato per quasi quarant’anni. Si suppone che ne abbia tratto evidente giovamento in prima persona. Ci ha lasciati nel novembre 2004 a due mesi dal centunesimo compleanno.
E’ chiaro che non si tratta solo di una moda. Gli esperti hanno dimostrato che laddove si pratica la dieta mediterranea, in quelle regioni dove la parola «dieta» potrebbe risultare fuorviante, si verifica il paradosso di una alimentazione ricca di quantità relativamente elevate di grassi animali a cui si accompagna una frequenza di malattie cardiovascolari ridotta rispetto ad altri grandi mangiatori di cibi non propriamente magri, Stati Uniti in testa. La teoria è che l’olio di oliva bilancia il menu e abbassa i livelli di colesterolo nel sangue. Il vino, in modiche quantità, ha inoltre un effetto antiossidante virtuoso. Tanto che uno studio dalla Società americana per le malattie cardiovascolari (Aha) ha stabilito che l’alimentazione mediterranea riduce la mortalità della malattia coronarica del 50%.
Lo dice anche un’esultante (per la mossa spagnola) Coldiretti. Grazie alla filosofia nutrizionale del Mare Nostrum gli italiani hanno conquistato il record della longevità con una vita media di 77,2 anni per gli uomini e di 82,8 anni per le donne, dato nettamente superiore alla media europea. Benefici se ne sono visti anche sul fronte dell’obesità, vera piaga sociale in alcune regioni europee e no. Una recente indagine della Commissione rivela che dalle nostri parti si custodisce il primato della miglior massGiustificaa corporea (rapporto peso/altezza) del vecchio continente, 0,408 contro 0,425. Una bella fortuna che ora può diventare europea. Col timbro spagnolo e la spinta portoghese. Da Roma si attendono notizie.

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