giovedì 20 dicembre 2007

Nei cantieri è peggio che in Iraq: più morti che nella seconda Guerra del Golfo

Nei cantieri è peggio che in Iraq: più morti che nella seconda Guerra del Golfo

L'Unità del 23 maggio 2007, pag. 2

di Massimo Franchi
Accomunate dall'oblio, guerra in Iraq e guerra dei cantieri possono essere messe in parallelo. Ieri l'Eurispes lo ha fatto scoprendo che ne­gli ultimi tre anni i morti sul lavo­ro in Italia hanno superato i solda­ti della coalizione internazionale morti nel tentativo di tenere sotto controllo l'ex regno di Saddam Hussein. Dall'aprile 2003 all'aprile 2007 i militari che hanno perso la vita sono stati 3.520, mentre, dal 2003 all'ottobre 2006, a casa no­stra ben 5.252 persone sono dece­duti mentre lavoravano. Il dato impressiona perché mette davanti agli occhi una guerra quotidiana che manda all'altro mondo 3,6 la­voratori al giorno. Elaborando dati Inail su richiesta della commissione Attività produt­tive della Camera, l'Eurispes evi­denzia dati agghiaccianti. Come quello che rivela come circa l'85 per cento degli incidenti mortali avviene nell'ambito dei sub-appal­ti, testimoniando come nel grovi­glio di ditte si annidi l'insicurezza sul lavoro. Un incidente ogni 15 la­voratori, un morto ogni 8.100 ad­detti: ogni anno in Italia muoiono in media 1.376 persone. Altro dato impressionante. La per­centuale media delle denunce per infortunio tra i lavoratori immigra­ti è dell'I 1,71 per cento, mentre quella dei decessi è del 12,03 per cento: la sostanziale uguaglianza, sottolinea il rapporto, è anomala, dato che per i lavoratori italiani la percentuale degli incidenti è di gran lunga superiore a quella dei morti. In poche parole questo da­to da la certezza che la maggior parte degli infortuni non mortali che subiscono gli immigrati non sono denunciati. La causa princi­pale di morte è naturalmente la caduta dall'impalcatura in edilizia: con 850 morti l'anno, poco meno del 70 per cento delle intere morti. L'età media di chi perde la vita sul lavoro si aggira sui 37 anni. Il presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara punta il dito contro «la sovrapposizione di moli e di com­petenze che impedisce la messa a punto e l'applicazione di una coe­rente ed efficace strategia di prevenzione e di contrasto. Occorre -afferma - concentrare competenze e risorse, razionalizzare il sistema così da evitare anche gli sprechi». Sul banco degli imputati gli appal­ti pubblici al ribasso: «Le imprese quasi sempre risparmiano sulla si­curezza e sul costo dei lavoratori, scegliendo maestranze poco pre­parate». Altro atto d'accusa: l'inci­denza dei morti sul lavoro - calco­lata sul numero di addetti - vede in cima alla lista Molise, Calabria, Pu­glia, Basilicata, Sicilia e Campania. «Regioni dove, non a caso - conclude Fara - è più alto l'indice di disoccupazione, perché il fenomeno delle morti bianche è legato a dop­pio nodo con la piaga del precaria­to». Per il presidente della commis­sione Attività produttiva, Daniele Capezzone, «anziché vessare fiscal­mente e burocraticamente le aziende, occorre fare un patto per la sicurezza, intensificare i control­li ed eliminare il meccanismo ap­palti-subappalti». E la cronaca intanto conferma le statistiche. Leo Annibale Prenic­chi, 42 anni, nato in Belgio e trasfe­rito in Toscana dove viveva presso il Ceis, il Centro di recupero diret­to da don Bruno Frediani, è morto ieri in un cantiere a Lido di Cama­iore, in provincia di Lucca. È rima­sto sepolto sotto il crollo improvvi­so di un'ala del cascinale che stava ristrutturando assieme ai colleghi della cooperativa Poseidon. Un suo collega, il marocchino Tahar, è grave all'ospedale con gambe e ba­cino fratturato.

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