mercoledì 19 dicembre 2007

"Troppi disastri da Tokyo a Kiev puntiamo sulle fonti rinnovabili"

"Troppi disastri da Tokyo a Kiev puntiamo sulle fonti rinnovabili"
Intervista a Jeremy Rifkin.

La Repubblica del 18 luglio 2007, pag. 14

di Antonio Cianciullo

«La più grande centrale atomica di uno dei paesi industrialmente più avanzati non è uscita indenne da un terremoto di potenza prevista: ci sono state perdite di acqua radioattiva in una misura ancora non chiara. Questo è il dato che abbiamo sotto gli occhi. E successo, potrà succedere di nuovo, se sbagliamo le scelte energetiche succederà in maniera disastrosa. E il disastro in Ucraina mostra che occorre un ripensamento a tutto campo sugli impatti ambientali dell’attività umana». Jeremy Rifkin, il guru dell’economia all’idrogeno, commenta con preoccupazione le conseguenze del sisma giapponese sulla centrale di Kashiwazaki-Kariwa.



Eppure da più parti oggi si prospetta un rilancio dell’energia nucleare per ridurre le emissioni serra.

«E’ appena uscito uno studio dell’Oxford Research Group che risponde a questa osservazione. Per ottenere un rallentamento visibile del riscaldamento climatico usando l’energia atomica bisognerebbe costruire una centrale nucleare a settimana da oggi fino al 2070. Migliaia di nuovi impianti, in tutte le aree del mondo. Le sembra uno scenario possibile?»



Supponiamo che sia possibile.

«Anche supponendo che si riescano a vincere le resistenze delle popolazioni interessate dagli impianti, si tratta di una strada non percorribile per motivi oggettivi. Il primo di questi motivi è che la tecnologia nucleare non ha mai risolto un problema essenziale: la chiusura del ciclo di produzione. Oggi, nel mondo, 429 centrali nucleari producono scorie radioattive che nessuno sa dove mettere perché nessuno ha ancora trovato una soluzione che dia garanzie di sicurezza per le decine di migliaia di anni in cui questi rifiuti costituiranno un problema».



Che fine fanno le scorie radioattive?

«In buona parte restano all’interno della centrale, aggiungendo così pericolo a pericolo. Ma c’è che, secondo i dati dell’Agenzia internazionale per l’energia, al ritmo attuale di impiego dell’energia nucleare si registrerà un deficit di uranio nel 2025. Se poi si costruissero le migliaia di centrali necessarie ad avere un qualche impatto sulla crescita dell’effetto serra...».



Molti criticano le scelta nucleare perché, moltiplicando le centrali, si moltiplicherebbero i bersagli per il terrorismo internazionale.

«E questa è la terza ragione per dichiarare irrealizzabile il rilancio del nucleare. Anche perché alla minaccia del terrorismo bisogna aggiungere quella costituita da regimi considerati inaffidabili. Oggi c’è una forte pressione internazionale per impedire a paesi come l’Iran e la Corea del Nord di costruire centrali elettriche alimentate con l’uranio ma, di fronte all’instabilità che regna in tante aree del mondo, come facciamo a sapere quali paesi verranno considerati inaffidabili tra 10 o 20 anni? E quali rischi si correrebbero se nel frattempo questi paesi avessero già costruito le loro centrali atomiche?».



Il numero degli impianti nucleari potrebbe aumentare solo nei paesi che già oggi dispongono di questa tecnologia.

«Veniamo alla quarta ragione del no al nucleare: l’impatto su una risorsa che sta diventando sempre più preziosa, l’acqua. Non è un dato noto, ma il consumo idrico degli impianti nucleari è spaventoso. Nel paese leader di questa tecnologia, la Francia, il35 per cento dell’acqua viene usato per raffreddare le centrali atomiche. E infatti nell’anno in cui l’Europa è stata colpita della grande siccità, il 2003, Parigi è stata costretta a ridurre il funzionamento dei suoi impianti nucleari perché non c’era abbastanza acqua».



Dopo quattro no dica un sì.

«I quattro no sono tutti indirizzati alla stessa tecnologia. Mentre posso dire sì a molte alternative. Sì all’incremento dell’efficienza energetica, che è una risorsa immediatamente disponibile ed estremamente vantaggiosa sul piano economico. Si a tutte le fonti rinnovabili: sole, vento, geotermia, biomasse, acqua. Si soprattutto a un modello di produzione energetica leggero e decentrato, basato su una miriade di piccole centrali anziché su pochi colossi costosi e vulnerabili».



E l’idrogeno che ruolo può svolgere?

«Un ruolo fondamentale: può immagazzinare l’energia rinnovabile rendendola disponibile per le auto e per i computer. E il fatto che, nel maggio scorso, il Parlamento europeo abbia proposto un modello di fuoriuscita dall’era del carbonio e dall’era del nucleare basato sulla costruzione, entro il 2025, di una capillare rete dell’idrogeno rappresenta una grande speranza per l’ambiente globale e per l’economia europea».

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