venerdì 14 dicembre 2007

Per fare il vino ci vuole l'uva

Per fare il vino ci vuole l'uva

La Stampa.it del 6 novembre 2007

di Marco Zatterin
Cosa direbbe Sergio Endrigo, quello che per anni ci ha ammorbato con la storia del seme e dell'albero, del frutto e del fiore? Si chiederebbe, magari in musica e parole, se per fare il vino ci vuole l'uva cosa che, con la sorpresa di noi mediterranei, si sta domandando anche qualcuno a Bruxelles.

Il caso è sul tavolo da qualche giorno. La Commissione europea ha fatto sapere ieri di essere "aperta" alla proposta avanzata dalla Germania e appoggiata dai paesi nordici di considerare vino anche la bevanda ottenuta da mele o bacche. Per questo è alla ricerca di "un compromesso che sia accettabile da tutti e sia pragmatico".

"Faremo di tutto per arrivare ad una mediazione accettabile da tutti e pragmatica", ha detto Michael Mann, il portavoce della commissaria Ue all'agricoltura Marianne Fischer Boel, un tipo alto e simpatico: "Siamo coinvolti in un negoziato politico e ovviamente ascoltiamo le ragioni dei grandi paesi produttori di vino".

La riforma europea del settore vitivinicolo, presentata in luglio, limita la denominazione di vino alla bevanda prodotta da uva. Ma contro questa proposta si è mobilitata la Germania e altri paesi del nord Europa. La decisione finale è attesa entro la fine dell'anno.

Bisognerebbe che ogni cosa avesse il suo nome. Il vino è il vino ed è fatto con l'uva. Se vogliono usare le bacche o le mele lo chiamino in un altro modo. Ma non vi fidate. La lobby industriale tedesca, come quella nordica, è formidabile. Sono loro che hanno convinto tutta la Commissione meno il greco solitario Dimas, titolare dell'Ambiente, a lanciare la superpatata. Loro che hanno persuaso il parlamento ad alzare i limiti di emissione di Co2, che mettevano nei guai Mercedes e Co (e non i marchi italiani e francesi).

Sono degli schiacciasassi. Figuriamioci se devono pestare mele o bacche per farle diventare uva. Partita aperta. Purtroppo.

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