lunedì 17 dicembre 2007

Il vento di Brown: energia per le case

Il vento di Brown: energia per le case

Corriere della Sera Economia del 17 dicembre 2007, pag. 10

di Guido Santevecchi

Obiettivo preciso: costruire entro il 2020 almeno 350 grandi centrali eoliche, per produrre tanta elettricità da alimentare tutte le case del Regno Unito. Negli ultimi mesi il governo di Gordon Brown non ha brillato, tra scandali, gaffes e sondaggi in caduta libera. Ma il primo ministro continua a parlare di «una grande visione» e della necessità che la Gran Bretagna «guidi il mondo». Nella strategia di Downing Street la battaglia contro il cambiamento climatico e la conversione a fonti energetiche rinnovabili sono il terreno per vincere la sfida di creatività. Con la benedizione del principe Carlo, che ha suonato la carica per i business leader del Regno, esortandoli a lanciarsi nel mercato dell’innovazione «con lo stesso spirito dei tempi eroici della Seconda guerra mondiale, quando cose che sembravano impossibili venivano realizzate quasi nel corso di una notte».



Il ministro per l’Energia John Hutton ha annunciato la costruzione di 7 mila turbine a vento intorno alle coste. La Gran Bretagna produce già due gigawatt di elettricità dai suoi impianti eolici e installazioni per altri otto gigawatt sono in fase di sviluppo: dovrebbero essere operative entro il 2016. Un gigawatt è sufficiente ad alimentare 750 mila abitazioni, quindi se l’obbiettivo delle nuove centrali da 25 gigawatt entro il 2020 sarà raggiunto, altri 19 milioni di abitazioni avranno energia creata dal vento. «In pratica tutto il Paese riceverà elettricità pulita e rinnovabile», ha promesso il ministro.



I pali delle «wind farms», le fabbriche del vento, saranno piantati in mare a una distanza di cinque o sei chilometri dalle coste britanniche, per ridurre l’impatto ambientale, vale a dire la visibilità che spaventa i difensori del paesaggio.



Le turbine sul Tamigi

Tra i progetti già approvati c’è quello di London Array, all’estuario del Tamigi: 271 turbine che entrando in funzione nel 2014 dovrebbero produrre un gigawatt e dare alla capitale il più grande impianto offshore del mondo. E in questo spirito creativo e immaginifico si parla anche di installare dei pali eolici intorno a Westminster, sede della più antica democrazia del mondo, per ridurre la «carbon footprint», l’impronta sull’ambiente, dei deputati. L’obiettivo dei 33 nuovi gigawatt di elettricità eolica entro poco più di dieci anni ha suscitato anche scetticismo.



«Esibizionismo verde da parte del governo», secondo la Renewable Energy Foundation. «Chi produrrà le migliaia di turbine per alimentare il piano?», ha chiesto la British Wind Energy Association, indicando come più realistico che entro il 2020 si possano ottenere 10 gigawatt dal vento che spazza le coste bntanniche.C’è un problema di costi. Le turbine offshore hanno dei vantaggi produttivi rispetto a quelle su terraferma: possono avere dimensioni maggiori e il mare è più ventoso rispetto alle zone interne. Da un punto di vista di spesa però il ragionamento è all’opposto.



I costi del mare

David Cunningham, analista della Arbuthnot Securities, spiega che «costruire in mare costa 1,6 milioni di sterline a megawatt, rispetto a 1 milione su terra.



E poi ci sono i costi operativi: bisogna spostare navi e elicotteri per raggiungere gli impianti per la manutenzione. Tutto questo è una differenza massiccia quando si ragiona in termini di ritorno del capitale investito».



E’ evidente che si tratta di una nuova rivoluzione industriale, oltre che di un’impresa che trasformerà il volto delle coste. «Il mercato della tecnologia per ridurre le emissioni di anidride carbonica vale almeno un trilione di sterline nei prossimi cinque anni», spiega Ben Verwaayen, amministratore delegato della BT e capo della task force di 18 grandi gruppi incaricata dalla C131, la confindustria britannica, di elaborare un getto economico sui rischi e le opportunità del climate change. «E chiaro che la formula business as usual, di fronte al riscaldamento terrestre, non è un’opzione ed è una faccenda che riguarda tutti, non solo il governo, perché calcoliamo che il costo della conversione a energie rinnovabili entro il 2030 sarà di circa 100 sterline l’anno (150 curo) per nucleo familiare, l’uno per cento del Pil britannico», dice il direttore generale della Confindustria Richard Lambert.



Il ruolo del nucleare
Qualcuno ha chiesto se le «fabbriche del vento» significano l’abbandono del nucleare. il ministro Hutton dice che il governo annuncerà la sua decisione all’inizio del prossimo anno: «Ci sono ragioni strategiche per entrambi i piani, è evidente il pericolo di affidarsi solo a una forma di tecnologia». Attualmente il nucleare dà alla Gran Bretagna il 19% della sua energia, ma entro pochi anni le 13 centrali dovranno chiudere per vecchiaia. Brown aveva annunciato la costruzione di otto centrali di nuova generazione entro 15 anni, ma la polemica è forte. Per ora la British Energy ha deciso solo di ammodernare due reattori, prolungandone la vita operativa fino al 2016. David Cameron, leader dell’opposizione, ha montato una turbina a vento sulla facciata di casa a Londra. Costo 3.100 sterline, per generare 52 sterline di elettricità in un anno. Gordon Brown ha risposto con pannelli solari sulla sua casa in Scozia: 15 mila sterline per un potenziale di 100-200 sterline di luce «pulita». Sempre che il sole buchi nuvole e nebbie.

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