venerdì 14 dicembre 2007

"Mediterraneo minacciato da quelle acque avvelenate”

"Mediterraneo minacciato da quelle acque avvelenate”

La Repubblica del 12 novembre 2007, pag. 21

di Antonio Cianciullo

L'ennesimo colpo all'equili­brio ecologico del Mar Nero, già provato da decenni d'inquina­mento selvaggio, è arrivato ieri. Oltre 1.300 tonnellate di nafta già in acqua, 1.700 che potreb­bero fuoriuscire da un momen­to all'altro e lo sversamento di 2.400 tonnellate di zolfo: sono i numeri di un disastro causato più dall'organizzazione dei tra­sporti che dal maltempo.



«Cambiano i nomi e i luoghi, ma la dinamica delle tragedie del mare resta sempre la stessa», ricorda Silvio Greco, coordina­tore scientifico dell'Icram (Isti­tuto centrale ricerca scientifica e tecnologica applicata al ma­re) . «Ormai i bollettini meteo a 48 ore sono più che affidabili, ma le navi continuano a correre rischi assurdi perché l'armatore preme per consegnare la mercé ottenendo il maggior profitto, il capitano è stimolato dai premi e così tutti corrono per guadagnare al massimo sottovalutan­do i pericoli. Anche perché se poi le cose vanno male a rimet­terci è solo l'ambiente: i danni o non vengono pagati o il paga­mento è poco più che simboli­co».



In questo caso a preoccupare è il tipo di mercé trasportata da una delle navi che si sono spezzate. La nafta ha un impatto am­bientale molto più grave di quello del greggio. Il primo problema, spiega Greco, è la crea­zione di una patina oleosa che si distribuisce sulla superficie del­l'acqua distruggendo la vita ma­rina che trova e uccidendo gli uccelli con cui entra in contatto. Ma questo impatto, pur se gra­ve, è relativamente breve perché la chiazza nera tende a frammentarsi e viene lentamente at­taccata dall'azione dei batteri. Ben più devastante è l'effetto prodotto dall'inabissamento delle sostanze inquinanti che vanno a deporsi sul fondo del mare come un sudario, un suda­rio che resiste per decenni. La nafta tra l'altro contiene sostanze estremamente pericolose co­me gli idrocarburi policiclici aromatici che tendono a risalire la catena alimentare passando da predatore a predatore fino ad arrivare all'uomo.



«La portata e la frequenza dei disastri provocati dalle petrolie­re mostra l'urgenza di un cambiamento anche a livello legisla­tivo», sottolinea il magistrato Antonino Abrami, ispiratore della proposta per l'istituzione della Corte penale internazio­nale per la tutela dell'ambiente sostenuta dai Nobel per la pace. «Ci vogliono più controlli, ma ci vuole anche un deterrente lega­le. Non è possibile che chi pro­duce danni così gravi alla collet­tività presente e alle generazio­ni future riesca a cavarsela per­ché non esiste un luogo giuridi­co in cui i crimini contro l'ambiente possano essere giudicati».



In questo caso, poi, i riflessi sul Mediterraneo sono imme­diati. «E' un'emergenza che ci riguarda direttamente», nota Roberto Della Seta, presidente nazionale di Legambiente. «Il Mar Nero è un mare chiuso, dal ricambio difficile, trasformato da tempo in cloaca dai rifiuti tossici scaricati dai complessi industriali dell'ex Unione So­vietica, ormai obsoleti e tradi­zionalmente poco attenti alle questioni ambientali. E per le acque del Mediterraneo rappre­senta un vero e proprio cancro: i suoi apporti di metalli pesanti e di idrocarburi sono tra le princi­pali fonti d'inquinamento del Mare Nostrum. Inoltre il Mar Nero ospita una flotta, partico­larmente inaffidabile e da tem­po inserita nella black list della Ue, una lista in cui le petrolieri russe sono ai primi posti tra quelle a cui è stato vietato l'ac­cesso nei porti europei».

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