venerdì 14 dicembre 2007

Petroliere a picco apocalisse nel Mar Nero

Petroliere a picco apocalisse nel Mar Nero

La Repubblica del 12 novembre 2007, pag. 1

di Leonardo Coen

Quando gli Avvisatori Ma­rittimi di Mariupol, Rostov, Berd'ansk, Kerè e Novorossirsk inviano la notifica di tempesta con rischio di vento forza tornado, è il primo pome­riggio di sabato 10 novembre. Dall'Artico sta penetrando con forza devastante una corrente d'aria gelida e velocissima che sorvola la Russia e picchia verso la Crimea.



L’incursione innesca quel fenomeno temuto da tutti i marinai che si chiama «ciclogenesi». L'allarme viene dato con un anticipo di quat­tordici ore. Nelle acque dello stret­to di Kerè che collega il Mar Nero a quello d'Azov in direzione nordest, in quel momento ci sono 59 na­vi. Quarantadue riescono a ripara­re nel Mar d'Azov. Le altre dicias­sette sfidano i marosi, affrontano l'uragano, sottovalutano i bollet­tini. Ma è una scelta disastrosa. Che provoca naufragi, incidenti, almeno quindici morti. E genera una nuova drammatica catastrofe ambientale. Le vie del mare sono sempre più intasate da carrette che si sfasciano appena il precipi­tare delle onde diviene intenso e violento. Sono bombe ecologiche galleggianti, pronte ad esplodere se il mare, come spesso fa, s'incat­tivisce.



La nave turca Khash-Izmail che era salpata da Mariupol e stava fa­cendo rotta per Istanbul, scompa­re tra i flutti all'alba di domenica 11 novembre. Aveva un equipaggio di 17 uomini. Due vengono salva­ti. Gli altri sono dispersi. Alle 4 e 55 (ora di Mosca) la petroliera Volgoneft-139 di 5mila tonnellate di stazza ed appartenente alla so­cietà Volganeft si spezza in due: trasportava 4700 tonnellate di ga­solio, 1200 finiscono in mare, 560mila galloni che le forti corren­ti sottomarine trascineranno ver­so le spiagge della Crimea. Stava ancorata davanti al porto Kavcaz che si trova all'imbocco settentrionale dello stretto di Kerè. L'e­quipaggio si salva perché i 13 uo­mini che lo compongono restano sul troncone di poppa che galleg­gia e deriva verso l'Ucraina. Le operazioni di salvataggio, condot­te dai rimorchiatori Poseidon e Capitano Zadorovskij, sono diffi­cili, rese più complicate dal terri­bile vento.



Ore 10 e 42. Affonda il Volnogorsk, che era più o meno nello stesso quadrante marittimo. Stivava 2400 tonnellate di zolfo. L'equi­paggio - otto persone - cerca scam­po su una scialuppa, però comin­cia un'altra odissea, perché viene sballottata dalla furia delle onde come un guscio di noce. Meno di un'ora dopo, stesso destino per un altro cargo. La Nakhicevan cola a picco alle 11 e 50. Anche lei con il suo carico di zolfo, altre duemila tonnellate. Tre degli undici mem­bri dell'equipaggio sono salvati da un rimorchiatore georgiano. Poi, l'elenco s'infittisce. La nave Kovel e le sue duemila tonnellate di zolfo si è ingavonata, le raffiche violen­te l'hanno inclinata sul lato oppo­sto a quello da cui soffia il vento, così che l'acqua ha superato il bordo ed ha invaso la coperta. Il cari­co probabilmente si è spostato, la nave è rimasta abbattuta sul fian­co in una situazione criticissima. Gli undici dell'equipaggio lottano contro le incappellate per salvare il salvabile. Ma non è finita. La Volgoneft-123, nave sorella della 139 che si è spezzata in due, un battel­lo di categoria mare-fiume, è stata messa kappao da tremendi colpi di mare, una grossa crepa ha incrinato lo scafo. Per evitare che fuo­riesca il carico di gasolio, stanno cercando di portarla lungo la linea del litorale.


Intanto, da Novorossirsk, im­portante porto sulla costa nord-caucasica del Mar Nero (ospita parte della flotta russa del Mar Nero spostata dall'Ucraina nel­la sua baia profonda e ben protetta) arriva la notizia che due navi hanno rotto l'ancora e sono state sbattute sino ad arenarsi. Sono un mercantile turco e un cargo georgiano che trasportava rottami di metallo. All'appello, ieri sera, mancavano ancora set­te mercantili: un bilancio più preciso sarà fatto soltanto sta-mani. La Procura marittima rus­sa ha già aperto un'inchiesta e ha avviato alcuni procedimenti penali nei confronti degli arma­tori e dei comandanti delle navi affondate per i reati di «inquina­mento» e di «mancato rispetto delle regole di sicurezza». Per bonificare il mare avvelenato dallo zolfo e dal gasolio «ci vor­ranno anni», è la desolata dia­gnosi di Oleg Mitvol, il vicecapo dell'agenzia ambientale russa, «non nascondo che la situazione è pericolosa e che siamo dinanzi ad un serio problema ecologico. Occorreranno mesi soltanto per recuperare le sostanze versate in mare, ciò richiederà metodi costosi e complicati». La furia del­la natura e l'incoscienza umana motivata dall'avidità, dalla geo­politica o dalle necessità militari sono una formula maledetta che i russi conoscono fin troppo bene. La tempesta quasi perfet­ta dello stretto di Kerè si aggiun­gerà al nutrito elenco.

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