Petroliere a picco apocalisse nel Mar Nero
La Repubblica del 12 novembre 2007, pag. 1
di Leonardo Coen
Quando gli Avvisatori Marittimi di Mariupol, Rostov, Berd'ansk, Kerè e Novorossirsk inviano la notifica di tempesta con rischio di vento forza tornado, è il primo pomeriggio di sabato 10 novembre. Dall'Artico sta penetrando con forza devastante una corrente d'aria gelida e velocissima che sorvola la Russia e picchia verso la Crimea.
L’incursione innesca quel fenomeno temuto da tutti i marinai che si chiama «ciclogenesi». L'allarme viene dato con un anticipo di quattordici ore. Nelle acque dello stretto di Kerè che collega il Mar Nero a quello d'Azov in direzione nordest, in quel momento ci sono 59 navi. Quarantadue riescono a riparare nel Mar d'Azov. Le altre diciassette sfidano i marosi, affrontano l'uragano, sottovalutano i bollettini. Ma è una scelta disastrosa. Che provoca naufragi, incidenti, almeno quindici morti. E genera una nuova drammatica catastrofe ambientale. Le vie del mare sono sempre più intasate da carrette che si sfasciano appena il precipitare delle onde diviene intenso e violento. Sono bombe ecologiche galleggianti, pronte ad esplodere se il mare, come spesso fa, s'incattivisce.
La nave turca Khash-Izmail che era salpata da Mariupol e stava facendo rotta per Istanbul, scompare tra i flutti all'alba di domenica 11 novembre. Aveva un equipaggio di 17 uomini. Due vengono salvati. Gli altri sono dispersi. Alle 4 e 55 (ora di Mosca) la petroliera Volgoneft-139 di 5mila tonnellate di stazza ed appartenente alla società Volganeft si spezza in due: trasportava 4700 tonnellate di gasolio, 1200 finiscono in mare, 560mila galloni che le forti correnti sottomarine trascineranno verso le spiagge della Crimea. Stava ancorata davanti al porto Kavcaz che si trova all'imbocco settentrionale dello stretto di Kerè. L'equipaggio si salva perché i 13 uomini che lo compongono restano sul troncone di poppa che galleggia e deriva verso l'Ucraina. Le operazioni di salvataggio, condotte dai rimorchiatori Poseidon e Capitano Zadorovskij, sono difficili, rese più complicate dal terribile vento.
Ore 10 e 42. Affonda il Volnogorsk, che era più o meno nello stesso quadrante marittimo. Stivava 2400 tonnellate di zolfo. L'equipaggio - otto persone - cerca scampo su una scialuppa, però comincia un'altra odissea, perché viene sballottata dalla furia delle onde come un guscio di noce. Meno di un'ora dopo, stesso destino per un altro cargo. La Nakhicevan cola a picco alle 11 e 50. Anche lei con il suo carico di zolfo, altre duemila tonnellate. Tre degli undici membri dell'equipaggio sono salvati da un rimorchiatore georgiano. Poi, l'elenco s'infittisce. La nave Kovel e le sue duemila tonnellate di zolfo si è ingavonata, le raffiche violente l'hanno inclinata sul lato opposto a quello da cui soffia il vento, così che l'acqua ha superato il bordo ed ha invaso la coperta. Il carico probabilmente si è spostato, la nave è rimasta abbattuta sul fianco in una situazione criticissima. Gli undici dell'equipaggio lottano contro le incappellate per salvare il salvabile. Ma non è finita. La Volgoneft-123, nave sorella della 139 che si è spezzata in due, un battello di categoria mare-fiume, è stata messa kappao da tremendi colpi di mare, una grossa crepa ha incrinato lo scafo. Per evitare che fuoriesca il carico di gasolio, stanno cercando di portarla lungo la linea del litorale.
Intanto, da Novorossirsk, importante porto sulla costa nord-caucasica del Mar Nero (ospita parte della flotta russa del Mar Nero spostata dall'Ucraina nella sua baia profonda e ben protetta) arriva la notizia che due navi hanno rotto l'ancora e sono state sbattute sino ad arenarsi. Sono un mercantile turco e un cargo georgiano che trasportava rottami di metallo. All'appello, ieri sera, mancavano ancora sette mercantili: un bilancio più preciso sarà fatto soltanto sta-mani. La Procura marittima russa ha già aperto un'inchiesta e ha avviato alcuni procedimenti penali nei confronti degli armatori e dei comandanti delle navi affondate per i reati di «inquinamento» e di «mancato rispetto delle regole di sicurezza». Per bonificare il mare avvelenato dallo zolfo e dal gasolio «ci vorranno anni», è la desolata diagnosi di Oleg Mitvol, il vicecapo dell'agenzia ambientale russa, «non nascondo che la situazione è pericolosa e che siamo dinanzi ad un serio problema ecologico. Occorreranno mesi soltanto per recuperare le sostanze versate in mare, ciò richiederà metodi costosi e complicati». La furia della natura e l'incoscienza umana motivata dall'avidità, dalla geopolitica o dalle necessità militari sono una formula maledetta che i russi conoscono fin troppo bene. La tempesta quasi perfetta dello stretto di Kerè si aggiungerà al nutrito elenco.
La Repubblica del 12 novembre 2007, pag. 1
di Leonardo Coen
Quando gli Avvisatori Marittimi di Mariupol, Rostov, Berd'ansk, Kerè e Novorossirsk inviano la notifica di tempesta con rischio di vento forza tornado, è il primo pomeriggio di sabato 10 novembre. Dall'Artico sta penetrando con forza devastante una corrente d'aria gelida e velocissima che sorvola la Russia e picchia verso la Crimea.
L’incursione innesca quel fenomeno temuto da tutti i marinai che si chiama «ciclogenesi». L'allarme viene dato con un anticipo di quattordici ore. Nelle acque dello stretto di Kerè che collega il Mar Nero a quello d'Azov in direzione nordest, in quel momento ci sono 59 navi. Quarantadue riescono a riparare nel Mar d'Azov. Le altre diciassette sfidano i marosi, affrontano l'uragano, sottovalutano i bollettini. Ma è una scelta disastrosa. Che provoca naufragi, incidenti, almeno quindici morti. E genera una nuova drammatica catastrofe ambientale. Le vie del mare sono sempre più intasate da carrette che si sfasciano appena il precipitare delle onde diviene intenso e violento. Sono bombe ecologiche galleggianti, pronte ad esplodere se il mare, come spesso fa, s'incattivisce.
La nave turca Khash-Izmail che era salpata da Mariupol e stava facendo rotta per Istanbul, scompare tra i flutti all'alba di domenica 11 novembre. Aveva un equipaggio di 17 uomini. Due vengono salvati. Gli altri sono dispersi. Alle 4 e 55 (ora di Mosca) la petroliera Volgoneft-139 di 5mila tonnellate di stazza ed appartenente alla società Volganeft si spezza in due: trasportava 4700 tonnellate di gasolio, 1200 finiscono in mare, 560mila galloni che le forti correnti sottomarine trascineranno verso le spiagge della Crimea. Stava ancorata davanti al porto Kavcaz che si trova all'imbocco settentrionale dello stretto di Kerè. L'equipaggio si salva perché i 13 uomini che lo compongono restano sul troncone di poppa che galleggia e deriva verso l'Ucraina. Le operazioni di salvataggio, condotte dai rimorchiatori Poseidon e Capitano Zadorovskij, sono difficili, rese più complicate dal terribile vento.
Ore 10 e 42. Affonda il Volnogorsk, che era più o meno nello stesso quadrante marittimo. Stivava 2400 tonnellate di zolfo. L'equipaggio - otto persone - cerca scampo su una scialuppa, però comincia un'altra odissea, perché viene sballottata dalla furia delle onde come un guscio di noce. Meno di un'ora dopo, stesso destino per un altro cargo. La Nakhicevan cola a picco alle 11 e 50. Anche lei con il suo carico di zolfo, altre duemila tonnellate. Tre degli undici membri dell'equipaggio sono salvati da un rimorchiatore georgiano. Poi, l'elenco s'infittisce. La nave Kovel e le sue duemila tonnellate di zolfo si è ingavonata, le raffiche violente l'hanno inclinata sul lato opposto a quello da cui soffia il vento, così che l'acqua ha superato il bordo ed ha invaso la coperta. Il carico probabilmente si è spostato, la nave è rimasta abbattuta sul fianco in una situazione criticissima. Gli undici dell'equipaggio lottano contro le incappellate per salvare il salvabile. Ma non è finita. La Volgoneft-123, nave sorella della 139 che si è spezzata in due, un battello di categoria mare-fiume, è stata messa kappao da tremendi colpi di mare, una grossa crepa ha incrinato lo scafo. Per evitare che fuoriesca il carico di gasolio, stanno cercando di portarla lungo la linea del litorale.
Intanto, da Novorossirsk, importante porto sulla costa nord-caucasica del Mar Nero (ospita parte della flotta russa del Mar Nero spostata dall'Ucraina nella sua baia profonda e ben protetta) arriva la notizia che due navi hanno rotto l'ancora e sono state sbattute sino ad arenarsi. Sono un mercantile turco e un cargo georgiano che trasportava rottami di metallo. All'appello, ieri sera, mancavano ancora sette mercantili: un bilancio più preciso sarà fatto soltanto sta-mani. La Procura marittima russa ha già aperto un'inchiesta e ha avviato alcuni procedimenti penali nei confronti degli armatori e dei comandanti delle navi affondate per i reati di «inquinamento» e di «mancato rispetto delle regole di sicurezza». Per bonificare il mare avvelenato dallo zolfo e dal gasolio «ci vorranno anni», è la desolata diagnosi di Oleg Mitvol, il vicecapo dell'agenzia ambientale russa, «non nascondo che la situazione è pericolosa e che siamo dinanzi ad un serio problema ecologico. Occorreranno mesi soltanto per recuperare le sostanze versate in mare, ciò richiederà metodi costosi e complicati». La furia della natura e l'incoscienza umana motivata dall'avidità, dalla geopolitica o dalle necessità militari sono una formula maledetta che i russi conoscono fin troppo bene. La tempesta quasi perfetta dello stretto di Kerè si aggiungerà al nutrito elenco.
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