Vento, biomasse, solare: prove tecniche per liberarsi dalla dittatura del petrolio
La Repubblica - Affari e Finanza del 12 novembre 2007, pag. 1
di Eugenio Occorsio
La data sembra scelta apposta, e invece sono serviti sei anni di negoziati e preparativi: il World Energy Congress si apre alla Nuova Fiera di Roma oggi, lunedì, proprio mentre il petrolio, viaggia sui massimi storici e il mondo si interroga affannosamente sulle fonti energetiche che potranno prenderne il posto e sottrarre l'umanità a questo giogo sempre più insopportabile. Il capo della ExxonMobil, Rew Tillerson; il ceo della potentissima compagnia di stato saudita Aramco, Abdallah Junrab; il numero uno operativo della Gazprom, Alexander Medvedev; il boss della General Electric, Jeffrey Immeldt; il presidente del colosso statale francese del nucleare Areva, Anne Lauvergeon; l'amministratore delegato dell'Eni, Paolo Scaroni. E poi decine di esperti, scienziati, politici, imprenditori, analisti del settore energetico, tutti saranno impegnati in una settimana di incontri e dibattiti nel tentativo di scoprire quali possono essere le vere fonti alternative agli idrocarburi, ora che la quotazione di 100 dollari al barile è diventata una realtà da far tremare le vene ai polsi a tutti gli operatori e gli utenti del pianeta, tale da rimettere in discussione tutti ì parametri di economicità che erano connessi alla fonte-greggio, il cui valore è triplicato in meno di tre anni.
L’occasione è preziosa. Il congresso è organizzato una volta ogni tre anni dal World Energy Council, il più potente tkink-tank globale del settore. Erano quindici anni che non si svolgeva in Europa: nel 2004 era stato a Sidney, nel 2001 a Buenos Aires, nel 1998 a Houston. E' la prima volta, dal 1924 quando fu fondato il Wec, che si svolge in Italia. «Abbiamo selezionato, tramite un pane! internazionale di esperti, 144 memorie scientifiche sulle oltre 500 provenienti da 80 paesi che ci erano giunte», spiega Gilberto Callera, ex top manager dell'Eni e consigliere della Saras, oggi segretario del Wec Italia. «L'impressione di base - spiega - è che rinunciare alle fonti fossili non è facile. La loro resa energetica è tuttora ineguagliabile, e poi non è che stiano esaurendosi: di carbone è stato calcolato che ce ne sia ancora per 140 anni, di gas per 60-70 anni salvo scoprire nuovi giacimenti per questa fonte che è stata piuttosto trascurata. Quanto al petrolio, le riserve accertate sono per una quarantina d'anni, ma grazie alle nuove tecnologie si stanno cominciando a sfruttare in termini economicamente accettabili i greggi ultrapesanti del Canada e del Venezuela, o gli oil shale, le rocce imbevute d'olio del nordamerica. E sui pozzi tradizionali, finora utilizzati per non più del 20-25%, si riesce ad andare più in profondità».
Il problema è che il petrolio (a 100 dollari o 96 che siano come ha chiuso venerdì) ha raggiunto il record anche in termini depurati dall'inflazione (i 35 dollari dell'aprile 1980 equivalgono a 99,8 oggi). Quanto al gas, troppe le incognite politiche, anche se il vice ministro dell'Energia russo, Anatoly Yanowsky, ha gettato prima di arrivare al Wec un ramoscello d'ulivo: «Abbiamo ingenti riserve inespresse e sapremo tirarle fuori al momento opportuno».
Ma che ci sia bisogno delle nuove fonti è indiscutibile. Ad esse il Wec dedicherà una ricca serie di approfondimenti. Così come verranno presentati contributi provenienti da tutto il mondo sulle modalità di risparmio e sui metodi per controllare l'inquinamento da idrocarburi. Uno dei più promettenti consiste nell'imbrigliare il CO2, sia quello prodotto dalle combustioni che quello che esce insieme al metano al momento dell'estrazione, e ricacciarlo nelle viscere della terra (si veda articolo qui a fianco). Né mancheranno riferimenti al nucleare, la più controversa fra le fonti. Non c'è solo l'Iran a rivendicare il diritto ad attrezzarsi per la fonte nucleare per quando finirà il petrolio: Vivek Karandikar della Reliance di Bombay presenta al Wec un paper in cui descrive che l'India è diventata uno dei pochi paesi al mondo, il primo fra quelli in via di sviluppo, a dotarsi dell'intero ciclo della filiera nucleare: dal mining dell'uranio all'arricchimento, dalla produzione di energia al riciclaggio delle scorie.
Il congresso sarà utile per consentire ai rispettivi governi, e alle maggiori industrie, di non disperdere le risorse - è uno dei problemi più avvertiti in tutto il mondo - in mille rivoli. Sarà l'occasione insomma per capire quali possono essere gli investimenti con maggiori potenzialità di rapido breakthrough, insomma di svolta che indichi dove vanno concentrati gli sforzi. L'esigenza è ovviamente quella di puntare sulla ricerca avanzata, evitando di insistere su settori che di fatto sono già maturi perché di provata inutilità. Ma le priorità? Per quanto possa sembrare incredibile, dopo anni di dibattiti, convegni, studi, questa concretezza manca.
Ma vediamo alcune delle relazioni tecniche che saranno discusse da manager e politici nei loro incontri, dopo il keynote address di Josè Manuel Barroso, presidente della commissione Ue. Uno studio allarmante lo presenta Nuray Tokgoz dell'università di Istanbul, che ha calcolato sulla base delle emissioni di CO2 attuali e previste un innalzamento della temperatura media mondiale fra il 1990 e il 2100 fino a 5,8 gradi. Altrettanto preoccupanti le riflessioni dello studioso norvegese Stale Selmer-Olsen: «Il ricorso esasperato alle dighe in alcuni paesi per sfruttare l'energia idroelettrica sta portando a conseguenze devastanti, e parimenti la corsa alla bioenergia in America ha fatto schizzare a livelli tali il costo del mais usato per l'etanolo da rendere insostenibile il prezzo delle tortillas per milioni di poveri messicani». Non sorprende che in altre parti, come in Israele, si stiano creando sistemi per irrigare alcune piante da usare per il biofuel con l'acqua di mare. Sorprendente poi la ricerca di Mohamed El-Gazzar della Hydro Power Authority del Cairo: vi si legge che un contributo fondamentale alla carenza di energia elettrica dell'Africa (un continente dove il numero di abitanti privi di elettricità salirà dagli attuali 535 odierni a 586 milioni nel 2030) potrebbe darlo la fonte idroelettrica purché si applichino le nuove tecniche per cercare l'acqua in profondità. L'Egitto è all'avanguardia su un altro fronte: ricercatori locali hanno trovato il modo di coltivare certe piante le cui bacche, velenose per l'alimentazione, sono invece ricche di olio combustibile. Lo riporta l'Agenzia Internazionale dell'Energia nel rapporto annuale che verrà presentato proprio al Wec e sarò la base di ulteriori discussioni.
La Repubblica - Affari e Finanza del 12 novembre 2007, pag. 1
di Eugenio Occorsio
La data sembra scelta apposta, e invece sono serviti sei anni di negoziati e preparativi: il World Energy Congress si apre alla Nuova Fiera di Roma oggi, lunedì, proprio mentre il petrolio, viaggia sui massimi storici e il mondo si interroga affannosamente sulle fonti energetiche che potranno prenderne il posto e sottrarre l'umanità a questo giogo sempre più insopportabile. Il capo della ExxonMobil, Rew Tillerson; il ceo della potentissima compagnia di stato saudita Aramco, Abdallah Junrab; il numero uno operativo della Gazprom, Alexander Medvedev; il boss della General Electric, Jeffrey Immeldt; il presidente del colosso statale francese del nucleare Areva, Anne Lauvergeon; l'amministratore delegato dell'Eni, Paolo Scaroni. E poi decine di esperti, scienziati, politici, imprenditori, analisti del settore energetico, tutti saranno impegnati in una settimana di incontri e dibattiti nel tentativo di scoprire quali possono essere le vere fonti alternative agli idrocarburi, ora che la quotazione di 100 dollari al barile è diventata una realtà da far tremare le vene ai polsi a tutti gli operatori e gli utenti del pianeta, tale da rimettere in discussione tutti ì parametri di economicità che erano connessi alla fonte-greggio, il cui valore è triplicato in meno di tre anni.
L’occasione è preziosa. Il congresso è organizzato una volta ogni tre anni dal World Energy Council, il più potente tkink-tank globale del settore. Erano quindici anni che non si svolgeva in Europa: nel 2004 era stato a Sidney, nel 2001 a Buenos Aires, nel 1998 a Houston. E' la prima volta, dal 1924 quando fu fondato il Wec, che si svolge in Italia. «Abbiamo selezionato, tramite un pane! internazionale di esperti, 144 memorie scientifiche sulle oltre 500 provenienti da 80 paesi che ci erano giunte», spiega Gilberto Callera, ex top manager dell'Eni e consigliere della Saras, oggi segretario del Wec Italia. «L'impressione di base - spiega - è che rinunciare alle fonti fossili non è facile. La loro resa energetica è tuttora ineguagliabile, e poi non è che stiano esaurendosi: di carbone è stato calcolato che ce ne sia ancora per 140 anni, di gas per 60-70 anni salvo scoprire nuovi giacimenti per questa fonte che è stata piuttosto trascurata. Quanto al petrolio, le riserve accertate sono per una quarantina d'anni, ma grazie alle nuove tecnologie si stanno cominciando a sfruttare in termini economicamente accettabili i greggi ultrapesanti del Canada e del Venezuela, o gli oil shale, le rocce imbevute d'olio del nordamerica. E sui pozzi tradizionali, finora utilizzati per non più del 20-25%, si riesce ad andare più in profondità».
Il problema è che il petrolio (a 100 dollari o 96 che siano come ha chiuso venerdì) ha raggiunto il record anche in termini depurati dall'inflazione (i 35 dollari dell'aprile 1980 equivalgono a 99,8 oggi). Quanto al gas, troppe le incognite politiche, anche se il vice ministro dell'Energia russo, Anatoly Yanowsky, ha gettato prima di arrivare al Wec un ramoscello d'ulivo: «Abbiamo ingenti riserve inespresse e sapremo tirarle fuori al momento opportuno».
Ma che ci sia bisogno delle nuove fonti è indiscutibile. Ad esse il Wec dedicherà una ricca serie di approfondimenti. Così come verranno presentati contributi provenienti da tutto il mondo sulle modalità di risparmio e sui metodi per controllare l'inquinamento da idrocarburi. Uno dei più promettenti consiste nell'imbrigliare il CO2, sia quello prodotto dalle combustioni che quello che esce insieme al metano al momento dell'estrazione, e ricacciarlo nelle viscere della terra (si veda articolo qui a fianco). Né mancheranno riferimenti al nucleare, la più controversa fra le fonti. Non c'è solo l'Iran a rivendicare il diritto ad attrezzarsi per la fonte nucleare per quando finirà il petrolio: Vivek Karandikar della Reliance di Bombay presenta al Wec un paper in cui descrive che l'India è diventata uno dei pochi paesi al mondo, il primo fra quelli in via di sviluppo, a dotarsi dell'intero ciclo della filiera nucleare: dal mining dell'uranio all'arricchimento, dalla produzione di energia al riciclaggio delle scorie.
Il congresso sarà utile per consentire ai rispettivi governi, e alle maggiori industrie, di non disperdere le risorse - è uno dei problemi più avvertiti in tutto il mondo - in mille rivoli. Sarà l'occasione insomma per capire quali possono essere gli investimenti con maggiori potenzialità di rapido breakthrough, insomma di svolta che indichi dove vanno concentrati gli sforzi. L'esigenza è ovviamente quella di puntare sulla ricerca avanzata, evitando di insistere su settori che di fatto sono già maturi perché di provata inutilità. Ma le priorità? Per quanto possa sembrare incredibile, dopo anni di dibattiti, convegni, studi, questa concretezza manca.
Ma vediamo alcune delle relazioni tecniche che saranno discusse da manager e politici nei loro incontri, dopo il keynote address di Josè Manuel Barroso, presidente della commissione Ue. Uno studio allarmante lo presenta Nuray Tokgoz dell'università di Istanbul, che ha calcolato sulla base delle emissioni di CO2 attuali e previste un innalzamento della temperatura media mondiale fra il 1990 e il 2100 fino a 5,8 gradi. Altrettanto preoccupanti le riflessioni dello studioso norvegese Stale Selmer-Olsen: «Il ricorso esasperato alle dighe in alcuni paesi per sfruttare l'energia idroelettrica sta portando a conseguenze devastanti, e parimenti la corsa alla bioenergia in America ha fatto schizzare a livelli tali il costo del mais usato per l'etanolo da rendere insostenibile il prezzo delle tortillas per milioni di poveri messicani». Non sorprende che in altre parti, come in Israele, si stiano creando sistemi per irrigare alcune piante da usare per il biofuel con l'acqua di mare. Sorprendente poi la ricerca di Mohamed El-Gazzar della Hydro Power Authority del Cairo: vi si legge che un contributo fondamentale alla carenza di energia elettrica dell'Africa (un continente dove il numero di abitanti privi di elettricità salirà dagli attuali 535 odierni a 586 milioni nel 2030) potrebbe darlo la fonte idroelettrica purché si applichino le nuove tecniche per cercare l'acqua in profondità. L'Egitto è all'avanguardia su un altro fronte: ricercatori locali hanno trovato il modo di coltivare certe piante le cui bacche, velenose per l'alimentazione, sono invece ricche di olio combustibile. Lo riporta l'Agenzia Internazionale dell'Energia nel rapporto annuale che verrà presentato proprio al Wec e sarò la base di ulteriori discussioni.
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