venerdì 14 dicembre 2007

Vento, biomasse, solare: prove tecniche per liberarsi dalla dittatura del petrolio

Vento, biomasse, solare: prove tecniche per liberarsi dalla dittatura del petrolio
La Repubblica - Affari e Finanza del 12 novembre 2007, pag. 1

di Eugenio Occorsio

La data sembra scelta apposta, e invece so­no serviti sei anni di negoziati e preparati­vi: il World Energy Congress si apre alla Nuova Fiera di Roma oggi, lunedì, proprio mentre il petrolio, viaggia sui massimi storici e il mondo si in­terroga affannosamente sulle fonti energetiche che potranno prenderne il posto e sottrarre l'umanità a questo giogo sem­pre più insopportabile. Il capo della ExxonMobil, Rew Tillerson; il ceo della potentissima compagnia di stato saudita Aramco, Abdallah Junrab; il numero uno operativo della Gazprom, Alexander Medvedev; il boss della General Electric, Jeffrey Immeldt; il presidente del colosso statale francese del nucleare Areva, Anne Lauvergeon; l'amministratore delegato dell'Eni, Paolo Scaroni. E poi decine di esperti, scienzia­ti, politici, imprenditori, analisti del settore energetico, tutti saranno impegnati in una settimana di incontri e dibattiti nel tentativo di scoprire quali possono essere le vere fonti alternative agli idrocarburi, ora che la quotazio­ne di 100 dollari al barile è di­ventata una realtà da far trema­re le vene ai polsi a tutti gli ope­ratori e gli utenti del pianeta, ta­le da rimettere in discussione tutti ì parametri di economicità che erano connessi alla fonte-greggio, il cui valore è triplica­to in meno di tre anni.



L’occasione è preziosa. Il con­gresso è organizzato una volta ogni tre anni dal World Energy Council, il più potente tkink-tank glo­bale del settore. Erano quindici anni che non si svolgeva in Europa: nel 2004 era stato a Sidney, nel 2001 a Buenos Aires, nel 1998 a Houston. E' la prima volta, dal 1924 quando fu fondato il Wec, che si svolge in Italia. «Abbiamo selezionato, tramite un pane! interna­zionale di esperti, 144 memorie scien­tifiche sulle oltre 500 provenienti da 80 paesi che ci erano giunte», spiega Gilberto Callera, ex top manager dell'E­ni e consigliere della Saras, oggi segretario del Wec Italia. «L'impressione di base - spiega - è che rinunciare alle fon­ti fossili non è facile. La loro resa ener­getica è tuttora ineguagliabile, e poi non è che stiano esaurendosi: di car­bone è stato calcolato che ce ne sia an­cora per 140 anni, di gas per 60-70 an­ni salvo scoprire nuovi giacimenti per questa fonte che è stata piuttosto tra­scurata. Quanto al petrolio, le riserve accertate sono per una quarantina d'anni, ma grazie alle nuove tecnolo­gie si stanno cominciando a sfruttare in termini economicamente accettabi­li i greggi ultrapesanti del Canada e del Venezuela, o gli oil shale, le rocce im­bevute d'olio del nordamerica. E sui pozzi tradizionali, finora utilizzati per non più del 20-25%, si riesce ad anda­re più in profondità».



Il problema è che il petrolio (a 100 dollari o 96 che siano come ha chiuso venerdì) ha raggiunto il record anche in termini depurati dall'inflazione (i 35 dollari dell'aprile 1980 equivalgo­no a 99,8 oggi). Quanto al gas, troppe le incognite politiche, anche se il vice ministro dell'Energia russo, Anatoly Yanowsky, ha gettato prima di arriva­re al Wec un ramoscello d'ulivo: «Ab­biamo ingenti riserve inespresse e sa­premo tirarle fuori al momento op­portuno».



Ma che ci sia bisogno delle nuove fonti è indiscutibile. Ad esse il Wec de­dicherà una ricca serie di approfondi­menti. Così come verranno presentati contributi provenienti da tutto il mon­do sulle modalità di risparmio e sui metodi per controllare l'inquinamen­to da idrocarburi. Uno dei più promet­tenti consiste nell'imbrigliare il CO2, sia quello prodotto dalle combustioni che quello che esce insieme al metano al momento dell'estrazione, e ricac­ciarlo nelle viscere della terra (si veda articolo qui a fianco). Né mancheran­no riferimenti al nucleare, la più con­troversa fra le fonti. Non c'è solo l'Iran a rivendicare il diritto ad attrezzarsi per la fonte nucleare per quando finirà il petrolio: Vivek Karandikar della Reliance di Bombay presenta al Wec un paper in cui descrive che l'India è diventata uno dei pochi paesi al mon­do, il primo fra quelli in via di svilup­po, a dotarsi dell'intero ciclo della fi­liera nucleare: dal mining dell'uranio all'arricchimento, dalla produzione di energia al riciclaggio delle scorie.



Il congresso sarà utile per consenti­re ai rispettivi governi, e alle maggiori industrie, di non disperdere le risorse - è uno dei problemi più avvertiti in tut­to il mondo - in mille rivoli. Sarà l'oc­casione insomma per capire quali pos­sono essere gli investimenti con mag­giori potenzialità di rapido breakthrough, insomma di svolta che indichi dove vanno concentrati gli sforzi. L'esigenza è ovviamente quella di punta­re sulla ricerca avanzata, evitando di insistere su settori che di fatto sono già maturi perché di provata inutilità. Ma le priorità? Per quanto possa sembra­re incredibile, dopo anni di dibattiti, convegni, studi, questa concretezza manca.


Ma vediamo alcune delle relazioni tecniche che saranno discusse da ma­nager e politici nei loro incontri, dopo il keynote address di Josè Manuel Barroso, presidente della commissione Ue. Uno studio allarmante lo presenta Nuray Tokgoz dell'università di Istanbul, che ha calcolato sulla base delle emissioni di CO2 attuali e previ­ste un innalzamento della temperatu­ra media mondiale fra il 1990 e il 2100 fino a 5,8 gradi. Altrettanto preoccu­panti le riflessioni dello studioso nor­vegese Stale Selmer-Olsen: «Il ricorso esasperato alle dighe in alcuni paesi per sfruttare l'energia idroelettrica sta portando a conseguenze devastan­ti, e parimenti la corsa alla bioenergia in America ha fatto schizzare a livelli tali il costo del mais usato per l'etanolo da rendere insostenibile il prezzo delle tortillas per milioni di poveri messicani». Non sorprende che in altre parti, come in Israele, si stiano crean­do sistemi per irrigare alcune piante da usare per il biofuel con l'acqua di mare. Sorprendente poi la ricerca di Mohamed El-Gazzar della Hydro Power Authority del Cairo: vi si legge che un contributo fondamentale alla carenza di energia elettrica dell'Afri­ca (un continente dove il numero di abitanti privi di elettricità salirà dagli attuali 535 odierni a 586 milioni nel 2030) potrebbe darlo la fonte idroelet­trica purché si applichino le nuove tec­niche per cercare l'acqua in profon­dità. L'Egitto è all'avanguardia su un altro fronte: ricercatori locali hanno trovato il modo di coltivare certe pian­te le cui bacche, velenose per l'alimen­tazione, sono invece ricche di olio com­bustibile. Lo riporta l'Agenzia Internazionale dell'Energia nel rapporto annuale che verrà presentato proprio al Wec e sarò la base di ulteriori di­scussioni.

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